A nostro parere, il testo letterario è per sua natura chiuso, ha cioè una sua identità segnica che si trasferisce inalterata nel corso dei secoli. Inoltre, esiste una volontà dell’autore consegnata al testo, anche se il testo può dire molto di più e di diverso da siffatta volontà cosciente.
Dentro questa struttura chiusa di segni si pone il cosiddetto autore implicito (da non confondersi con l’autore reale, cft. i nostri articoli pubblicati su Retroguardia: Autore reale, autore implicito, lettore reale, lettore implicito [QUI] e Il lettore-collaboratore [QUI]). Lo scrittore implicito, a sua volta, si rivolge ad un lettore implicito capace di recepire le istanze più profonde del testo.
A tutto ciò si sovrappone l’infinità di lettori reali, storicamente determinati, per il quale il testo è un’opera aperta, liberamente (re)interpretabile nel tempo.
Il mio invito, quindi, è di accostarsi al testo letterario senza troppe preoccupazioni interpretative, della serie: “cosa vuol dirmi l’autore?”. Il suggerimento vale ancor più per la poesia che per la prosa. Successivamente, dopo aver “utilizzato” il testo in autonomia e liberamente a nostro esclusivo vantaggio, seguendo quindi solo le nostre aspirazioni e il nostro presente affettivo, andremo a decifrare la volontà comunicativa dell’autore e a indagare i due campi fondamentali: l’elemento linguistico-strutturale e il contenuto, senza operare una netta scissione dei due elementi, scegliendo uno dei molteplici percorsi ermeneutici di cui abbiamo a disposizione.
f.s.