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Sulla specificità del discorso poetico, che si fonda su uno statuto del segno diverso da quello della lingua, Stefano Agosti precisa:
«Tale statuto potrebbe velocemente essere enunciato così: i significanti, in poesia, se, da un lato, rimandano pur sempre ai significati, dall’altro si costituiscono invece come entità autonome e, al limite, depositarie esse stesse di senso. Il significante insomma rinvia, oltre che al significato – che tuttavia condiziona e deforma – anche a se stesso, istituendosi come il significato di sé. Il fatto è che i “significanti poetici” sono solo parzialmente i significanti del discorso; in poesia, al significante ordinario si sovrappone tutta una complessa articolazione di significanti supplementari: fonetici, timbrici e ritmici, i quali, come si è detto, sono responsabili sia di una relazione col significato tutta diversa rispetto a quella normale, sia di una assunzione su di sé dello statuto di quest’ultimo. In definitiva, il significante poetico è meno il termine di un rapporto che la manifestazione d’una struttura: nella fattispecie d’una struttura formale complessa costruita dall’organizzazione degli elementi fisici del linguaggio (suoni e timbri) e dallo sfruttamento intensivo delle possibilità virtuali interne al linguaggio (la capacità di produrre “ritmi” e comporre “figure”). Il primo punto comporta l’evidenziazione dell’apparato fonetico della lingua: il secondo, della prosodia e della sintassi» (1).
(1) S. AGOSTI, Il testo poetico. Teoria e pratica d’analisi, Milano, Rizzoli, 1982, p.11
f.s.