Occidente per principianti di Nicola Lagioia

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di Francesco Sasso

Scovando scrittori, seguendo tracce, snidando libri, sono giunto al secondo romanzo di Nicola Lagioia pubblicato nel 2004. A dire il vero, il libro riposava sulla mensola della mia libreria dal 2006. Dopo la lettura di Occidente per principianti, credo di poter affermare che Lagioia, nato nel ’73, sia uno scrittore di talento che deve ancora trovare la “sua” storia.

Il personaggio del romanzo è socialmente e intellettualmente assai somigliante all’autore. Egli è circondato da altri personaggi un po’ pazzi, idioti, visionari, sognatori, ribelli, bugiardi, utopistici, infidi. Ogni personaggio ha con sé un bagaglio di storie bizzarre o strambe o paradossali da raccontare. Sono attori sublimi o degradati. Principalmente si narra di precariato nel mondo culturale e sociale italiano. Non solo. Si mette in luce la macchina deformante dell’informazione.

La realtà esterna al protagonista risulta impenetrabile e assurda ma sprigiona un gran bollore e un folle stato di conflitto. Siamo nell’estate del 2001, si attende l’Evento, la Notizia, l’Apocalisse. Nel frattempo, il protagonista è incaricato di scovare la prima amante di Rodolfo Valentino, colei che battezzò l’attore pugliese all’amore. Notizia di fumo, naturalmente, fumo negli occhi del lettore. Notizia da inventare, immediatamente, non c’è tempo da porre in mezzo, poiché è la realtà che bisogna ideare e consumare, non certo la Verità. Non c’è un linguaggio – giornale, cinema, musica, televisione, libri – capace di scovare la Verità. E se non esiste la Verità, non c’è Menzogna in Italia.  

La prosa di Lagioia non soffre d’impotenza: possiede la chiarezza, il mordente, la penetrazione verso il nucleo concettuale della narrazione. Il tutto condito con un po’ di ironia. Tuttavia non sempre l’acqua cristallina dello scrittore barese scorre in equilibrio nel suo alveolo. A volte tracima, invade campi marginali. Spesso mi sono scoperto a sussurrare a me stesso: conviene che egli faccia narrazione, non già discorsi. Consiglio il libro.

 f.s.

 [Nicola Lagioia, Occidente per principianti, Einaudi, 2004, pag. 297, €17]

Domenico Protino: poesia ibrida ed essenziale

Esistono cd di noti cantanti pop e rock che sono vuoti a perdere, che non raramente vivono soltanto lo spazio di un mattino o di una canzone, e che hanno testi incerti, significati variabili, talora stupidi. Poi capita di ascoltare un cd recente e quasi del tutto ignoto, che ascolti senza che sia fornita all’ascoltatore alcuna indicazione sul cantante. E scopri che ti attira, non completamente, certo, si è soliti ascoltare altro, per esempio io amo l’ Heavy metal, il Grunge, il Jazz, il Blues, la Classica, il Punk. Quasi tutto, insomma, tranne il pop rock. Eppure la trasversalità del sound di Domenico Protino ha attirato la mia attenzione, come anche la sua voce – eccezionale – e la chiarezza del testo, il rifiuto del linguaggio retorico, iperbolico , che in tante canzoni pop italiane significano tutto e il contrario di tutto, spesso niente.

Sto parlando dell’omonimo album d’esordio del cantautore pugliese Domenico Protino e dei testi delle sue canzoni come La guerra dei trent’anni, Tutto in un momento, Quel bravo ragazzo, Lo specchio che nessuno vuole guardare, L’odore dei ricordi.

Non sono un critico musicale, ma sono certo che i consumatori di musica leggera, ascoltando il cd avranno una lieta sorpresa, mentre il nocciolo duro e più consistente dei miei lettori, certo, avranno capito che per me la “parola” è la “cosa” e in Protino ho scoperto una poesia ibrida ed essenziale.

f.s.

Hojas de Sepia de Eugenio Montale

[Traduzione di José Daniel Henao Grisales ]

[QUI] potete leggere il testo italiano già pubblicato su Retroguardia 

Hojas de Sepia de Eugenio Montale

 De Francesco Sasso

Huesos de Sepia es la primera cosecha Montaliana, aparecida en el 1925 y enriquecida después en la edición de 1928.

Los Huesos de Sepia diseñan la vicisitud de un cuadro existencial y gnoseológico, la doliente pizca del acto de una radical potencia expresiva; de una imposibilidad de la palabra poética; de la significación de la esencia del mundo y de la vida. Y sin embargo ilustra también la desesperada búsqueda de una identidad y su desastroso éxito.

No vale en realidad que el sujeto haga cosas entre las cosas, “Astilla fuera del tiempo”, residuo expulsado del flujo del devenir, inmune de su acción aniquilada. La vacuidad de la aspiración al absoluto, la condena del sujeto a reconocer en el dominio de la caducidad el único espacio posible de su consistencia.   

Así, al término de su Odisea, el yo comprende que el ser equivale al morir, y la subjetividad puede persistir sólo a precio de entregarse a un inmobilidad funeraria. Y existir quiere decir resignarse a habitar un tiempo histórico desierto de certezas y de valores; a soportar la discontinuidad de la experiencia y el desgarro atroz de un devenir sin progreso.

f.s.

[Leggi tutte le traduzioni di José Daniel Henao Grisales pubblicate su Retroguardia ]

MARIO BENEDETTI. Nueve Poesías de “Humana Gloria” (2004). Traducción de JOSÉ DANIEL HENAO GRISALES

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Sarò breve. Come annunciai tre mesi fa su queste pagine, la traduzione è un punto di passaggio necessario per impossessarsi della letteratura straniera. Ciò vale soprattutto oggi, nell’epoca di internet. Ci pareva quindi di dover dedicare una sezione di Retroguardia 2.0 alla traduzione e diffusione in internet della letteratura contemporanea italiana. Chi desidera collaborare con noi può scriverci.

 

Al momento, con l’aiuto di JOSÉ DANIEL HENAO GRISALES – traduttore colombiano – e con il sostegno degli scrittori e traduttori Marino Magliani e Roberto Rossi Testa, andremo a tradurre in spagnolo, una delle lingue più diffuse al mondo, frammenti d’opere letterarie italiane.

 

umana-gloriaIl primo fascicolo è dedicato a Mario Benedetti, a nostro avviso uno dei maggiori poeti contemporanei. Le nove liriche da noi tradotte sono state estratte da Umana gloria.

 

A José Daniel Henao Grisales per la traduzione, a Marino Magliani per la revisione della traduzione, a Giuseppe Panella per il contributo critico e al poeta Mario Benedetti per aver gentilmente concesso la pubblicazione dei testi su Retroguardia 2.0, il mio personale grazie.

f.s.

 

pdf-ico [PDF di MARIO BENEDETTI, Nueve Poesías de “Humana Gloria” (2004) ]

 

 

 

Traducción de JOSÉ DANIEL HENAO GRISALES

 Textos Seleccionados de Francesco Sasso

 Revisión de la traducción de Marino Magliani

 Título Original  Umana gloria

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LE IMMAGINI DELLA POESIA. Due modelli di descrizione lirica: Bartolo Cattafi e Mario Benedetti. Saggio di Giuseppe Panella

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di Giuseppe Panella 

 

1. Da Greenwich alla ricerca dell’anima:  i viaggi nella poesia di Bartolo Cattafi

 

«La sua poesia ha qualcosa delle combustioni di Burri o delle blasfeme solitudini di Bacon. Figurativa e insieme informale, ha un’evidenza che investe l’occhio, più che il dominio della parola scritta. Voglio dire che il suo leopardismo (intendo il rifiuto di ogni pur minima concessione) non ha mai niente, come nel possibile modello, di deduttivo o di riflessivo. E’ un’immagine secca, un fotogramma fissato oppure ossessivamente ripetuto […]. Cattafi, quando è più vero, cioè quasi sempre, tralascia, nel suo linguaggio, ogni relazione analogica; donde la sua perfino sconcertante chiarezza, che riflette il suo bisogno di comunicare: sia pure l’ineluttabilità della tragedia»

(Luigi Baldacci, recensione a La discesa al trono, 1975)

 

E’ venuto il momento di ritornare alla poesia di Cattafi per parlarne di nuovo in maniera più serena e meno occasionale di quanto si sia fatto un tempo. Dopo (qualche) entusiasmo iniziale, dopo (poche) occasioni critiche e dopo (parecchio se non molto) silenzio dovuto alla sua scomparsa repentina e al disinteresse degli storici della poesia novecentesca italiana troppo impegnati in altre relazioni critiche, è giunta l’ora di analizzarne (nei limiti del possibile) il progetto di scrittura e la proposta di poesia visivamente composta che emerge anche da una lettura superficiale dell’opera cattafiana.

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Breve annotazione sul paesaggio bucolico nell’opera di Virgilio

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Il paesaggio bucolico nell’opera di Virgilio concorre ad approfondire i sentimenti dei personaggi: ciò è particolarmente evidente nella I ecloga, dove sono messi a contrasto Titiro, il pastore fortunato che grazie all’intercessione di un potente, definito deus, ha potuto conservare la propria terra, e Melibeo che, invece, incarna la sorte degli agricoltori italici, costretti a cedere il loro campi ad un impius miles e ad emigrare con le loro povere masserizie.

Vale la pena di ricordare in proposito le parole con cui Eduard Fraenkel sottolinea l’importante novità della poesia virgiliana: «La facilità di dare espressione in poche parole ai tratti caratteristici di un determinato paesaggio e di svegliare nel lettore una ricchezza di sensazioni che nel suo spirito si collegano direttamente con questo particolare paesaggio, questa facoltà […] non è mai esistita nella poesia antica, neppure in quella greca, con la stessa forza come nella poesia augustea. Mai prima la rappresentazione del colore e dell’atmosfera di un paesaggio per mezzo dei suoni e del ritmo, è riuscita così perfettamente come negli ultimi versi della I ecloga di Virgilio» (1).

 

(1) E. FRAENKEL, Carattere della poesia augustea, in «Kleine Beitrage», II, Roma, 1964, p. 228.

f.s.

La donna mancina di Peter Handke. “La scelta di Marianne è la rinuncia all’amore” di PAOLA SORGE

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[Il libro è un piccolo gioiello narrativo. Ve lo consiglio caldamente. Lo stile è semplice e poetico allo stesso tempo. Narrazione essenziale, costruita su dettagli minimi. Di seguito la recensione di Paola Sorge, italianista e germanista, collabora alle pagine culturali del quotidiano la Repubblica. f.s.

La scelta di Marianne è la rinuncia all’amore

di PAOLA SORGE

 

 
“Nel paese dell’ideale: io da un uomo mi aspetto che mi ami per ciò che sono e per ciò che diventerò.” E poi, facendo scorrere il foglio nella macchina da scrivere, Marianne continua a tradurre dal testo originale scritto in francese: “Finora gli uomini mi hanno tutti resa più debole. Mio marito diceva di me: ‘Michèle è forte’. In realtà vuole che io sia forte per ciò che non interessa a lui: per i figli, per la casa, per le tasse. Ma in quello che a me balena come possibile lavoro, in quello mi distrugge. Dice: ‘Mia moglie è una sognatrice’. Se si chiama sognare voler essere ciò che si è, allora voglio essere una sognatrice.” Quelle appena riportate, le affermazioni che lo scrittore e drammaturgo Peter Handke fa pronunciare ad un personaggio esterno al racconto, una donna che evidentemente ha preservato una minima quota di forza psichica e di consapevolezza di se stessa, superiori a ciò di cui, nel corso della narrazione, proprio Marianne si rivelerà del tutto sprovvista.

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