“Poesie da Guantánamo” a cura di Marc Falkoff. “Le parole nel vento” – Testi migranti pubblicati dalla rivista El-Ghibli.

Poesie da Guantánamo El-Ghibli

di Antonino Contiliano

 

Dopo i campi di sterminio nazifascisti e i gulag sovietici del XX secolo, il mondo aveva creduto che nessun campo di concentramento e dell’orrore, votato al genocidio o alla tortura, avrebbe più macchiato la civiltà. Si era creduto anche che la stessa poesia dopo Auschwitz fosse impossibile. Era impensabile che la poesia potesse ri-fiorire o avere ragioni per continuare ad essere.

Ma, ancora una volta, il XXI secolo, il tempo che ha conosciuto la fine dei totalitarismi e delle guerre fredde, il crollo dei muri e dei blocchi contrapposti, convogliando il mondo nel liberismo della sicurezza e del terrorismo ideologico e globale, ha generato le nuove guerre “asimmetriche”, quelle del genocidio sistematico e i nuovi campi di detenzione e tortura (Guantánamo et similia) nel mare di Cuba e nei paesi alleati delle guerre preventive. E ancora una volta, in mezzo alle torture e ai suicidi-omicidi, la voce della poesia rispunta, e testimonia la crudeltà e le vergogne della civiltà liberale e democratica dell’Occidente e dell’America. Parafrasando la poesia “Se questo è un uomo” di Levi, si potrebbe dire: e questa che crea Guantánamo è una civiltà?

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.10: La ruggine e la polvere dei sentimenti del passato. Francesca Pellegrino, “Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni”

Francesca Pellegrino, Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni (2)Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

di Giuseppe Panella

 

La ruggine e la polvere dei sentimenti del passato. Francesca Pellegrino, Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni, con una Prefazione di Raimondo Venturiello e Una nota di lettura di Alfredo De Palchi, Patti (ME), Casa editrice Kimerick, 2009)

 

Albedo De Palchi è certamente un poeta non facile agli entusiasmi e alle parole di lode nei confronti degli autori a lui contemporanei – eppure ha voluto preporre al breve mannello di liriche di Francesca Pellegrino una breve nota di lettura in cui ne considera essenziale la freschezza e l’originalità, la capacità visionaria e la semplicità espressiva.

 

«Mi capita spesso di ricevere una raccolta di “poesie” in cui ritrovo l’abituale andazzo della mediocrità o peggio. Probabilmente una volta all’anno mi succede di leggere qualcosa di migliore in cui mi accorgo che l’autore non ha usato la fretta. E ogni dieci anni un autore sconosciuto brilla con un’opera che cattura subito la mia attenzione, che alle prime prove è di dare acqua alla siccità del mondo della poesia. Argomento di sempre del sottoscritto – difficile d’accontentare come lettore e autore – sulla situazione che l’esercito di parolieri presenta» (p. 11).

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“La passion predominante. Perché la letteratura” di Giulio Ferroni

Giulio Ferroni- La passion predominante

di Francesco Sasso

La passion predominante. Perché la letteratura (Liguori Editore, 2009) è il breve racconto della storia intellettuale e morale di Giulio Ferroni, un dei maggiori storici della nostra letteratura, docente all’università La Sapienza di Roma.

Dietro le convinzioni di oggi, ci dice Ferroni, ci sono gli anni della sua infanzia e della prima giovinezza, i giochi infantili, gli incontri con amici e compagni, e altrettanti scontri. E ci sono tante esperienze culturali: le prime scoperte letterarie, il suo De Sanctis e Croce, l’insegnamento di Walter Binni, la scoperta dello strutturalismo, il confronto con le innumerevoli proposte venute da tanta parte della critica contemporanea europea e americana, i tanti libri che ha letto e i tanti che ha scritto. Come nasce quindi la passion predominante?

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.9: Alla ricerca dei poeti dimenticati. Elpidio Jenco, “Betelgeuse. Antologia poetica”

Elpidio JencoIl titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

 

di Giuseppe Panella

 

Alla ricerca dei poeti dimenticati. Elpidio Jenco, Betelgeuse. Antologia poetica, a cura di Fabio Flego, con uno scritto raro di Ettore Serra e un ricordo di Giovanni Pieraccini, Viareggio (LU), Pezzini Editore, 2009

 

Elpidio Jenco appartiene oggi interamente alla condizione dei poeti dimenticati (non sempre deliberatamente, spesso solo malauguratamente o casualmente, per uno di quei giochi del destino che non sono soltanto il frutto della malignità degli uomini ma solo aspetti della condotta del mondo). Per questo motivo, riproporlo come autore in un’antologia ampia, ben impostata e ben coordinata come questa realizzata da Fabio Flego è merito non da poco.

Il fatto è che Jenco è stato facilmente confuso con i poeti della sua generazione e archiviato con una certa faciloneria come uno qualunque di essi (sic et simpliciter). Come scrive Flego nella sua Premessa al volume, il poeta di Caserta trapiantato a Viareggio è stato rapidamente assimilato agli altri scrittori di versi presenti negli stessi luoghi e nella stessa temperie in cui egli ha vissuto:

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Il ruolo del lettore. Breve nota bibliografica

Occorre distinguere il lettore reale (o empirico) dal lettore ideale o lettore modello. Il primo è soggetto storicamente variabile, legge l’opera, “aperto” e potenzialmente indefinito. Il secondo è ipostasi della perfetta comprensione del testo nella complessità del suo messaggio.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.8: Alla ricerca dei poeti dimenticati. Piero Bigongiari, “Tra splendore e incandescenza”

Piero Bigongiari, Tra splendore e incandescenza

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

 

di Giuseppe Panella

Alla ricerca dei poeti dimenticati. Piero Bigongiari, Tra splendore e incandescenza, a cura di Fabio Flego, con una Premessa (Di una vocazione d’amore) di Gaetano Chiappini, Viareggio (LU), Pezzini Editore, 1996

 

Tra splendore e incandescenza è una delle ultime testimonianze poetiche di Piero Bigongiari, scomparso nel 1997, un po’ più di un anno dopo la pubblicazione di questo smilzo e significativo mannello di liriche enigmatiche e interrogative.

Bigongiari è stato sicuramente uno dei più significativi protagonisti della poesia italiana del dopoguerra ed uno dei suoi “padri nobili” in senso non soltanto metaforico.

Come scrive Silvio Ramat nell’unica antologia poetica che del poeta di Navacchio sia stata realizzata durante la sua vita:

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“Poeti latini tradotti da scrittori italiani contemporanei” a cura di Vincenzo Guarracino

letteratura latina

Recensione/schizzo

di Francesco Sasso 

Nel 1993 la Bompiani pubblicò due volumi intitolati Poeti latini tradotti da scrittori italiani contemporanei a cura di Vincenzo Guarracino. La raccolta è utile traccia che sintetizza bene la produzione lirica latina dalla poesia arcaica fino al re Visigoto Sisebuto: oltre 150 poeti latini tradotti da 157 poeti e scrittori italiani, se non ho contato male. 

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La paraletteratura. Breve nota bibliografica

Una parte considerevole dei prodotti dell’industria culturale destinati al consumo dell’immaginario rientra nella paraletteratura, termine col quale si indica un ampio insieme di generi prevalentemente narrativi: dal fumetto ai fotoromanzi, fino ai numerosi sottogeneri di romanzo (giallo, fantascientifico, poliziesco, thriller, horror etc).

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“E così vorresti fare lo scrittore?” di Charles Bukowski

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di Fancesco Sasso

 

“il modo per creare arte è bruciare e distruggere / concetti comuni e sostituirli / con nuove verità che scendono dalla testa / ed escono dal cuore.” (pag.175).

 

All’ansia creatrice dell’uomo che aspira da sempre ad arrivare ad una Verità, la poesia offre uno specchio essenziale della condizione terrena, e riflette l’orrore e la violenza della vita, nonché la bellezza, e soprattutto la consapevolezza di quanto precaria e “imperfetta” possa rilevarsi la realtà.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.7: Preferisco il rumore del mare… su “Cantieri” di Cinzia Bertoncini

cinzia bertoncini 1

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

 

di Giuseppe Panella

Preferisco il rumore del mare… su Cantieri di Cinzia Bertoncini (Firenze, Edifir, 2006)

 

“Fabbricare fabbricare fabbricare
Preferisco il rumore del mare
Che dice fabbricare fare e disfare
Fare e disfare è tutto un lavorare
Ecco quello che so fare”

(Dino Campana)

 

La poesia, come la vita d’altronde (anzi soprattutto come la vita) è un cantiere i cui lavori non termineranno mai (anche dopo la scomparsa ad uno a uno dei capomastri che lo dirigono e degli operai che vi lavorano). Essa consiste in una sorta di continuo fabbricare ed elevare edifici di parole che pure continuamente si disfano e continuamente vengono ricostruiti da artefici pazienti e desiderosi di continuare ad erigere i propri castelli di espressioni significanti. Cinzia Bertoncini è esplicita al riguardo e non nasconde la natura di cantiere della propria pratica di poetessa attenta e minuziosa nell’enucleare e mettere in valore gli elementi decisivi della propria proposta di scrittura. Essa sa che in quel cantiere vengono costruiti gli edifici di parole che costellano la strada che conduce verso il compimento della vocazione poetica e laddove essi cadono o si sfaldano una nuova costruzione verbale è pronta a sostituirla. Cinzia Bertoncini è ben consapevole della natura transitoria e tuttavia irreversibile delle costruzioni della poesia e sa bene che il viaggio che essa compie verso l’ignoto non può che essere di sola andata, una corsa irresistibile senza ripensamenti verso lo svelamento di quel mistero che costituisce il destino della scrittura poetica e nasce dalla diversità del linguaggio che permette di considerarlo tale. Si veda ad esempio un testo come:

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Poesia dialettale, globalizzazione, sperimentazione. Lino Angiuli a Radio 3 Suite

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[QUI] potete ascoltare il dialogo tra Nicola Pedone e il poeta Lino Angiuli

***

Lino Angiuli (1946) è nato e vive in Terra di Bari, dove ha diretto un Centro regionale di Servizi culturali. Collaboratore della Rai e di quotidiani, ha fondato alcune riviste letterarie, tra le quali il semestrale «incroci», che dirige con Raffaele Nigro. Ha pubblicato più di dieci raccolte poetiche in lingua italiana e dialettale; tra le ultime: Daddò daddà (Marsilio), Catechismo (Manni), Un giorno l’altro (Aragno), Viva Babylonia (Lietocolle). La sua produzione poetica è trattata in manuali ed enciclopedie. Molte le pubblicazioni sul versante della cultura tradizionale. Dirige le edizioni Gelsorosso.

SPECIALE GUIDO MORSELLI n.2: “Proust o del sentimento” interpretato da Simona Costa

sentimento proust morselli

a cura di Francesco Sasso

Proust o del sentimento, edito nel 1943 da Garzanti e riproposto nel 2007 dalla casa editrice Ananke, è il primo saggio scritto da Morselli, prefato da Antonio Banfi. Esso si inserisce, nella seconda metà del Novecento, in un panorama critico italiano ancora piuttosto spoglio, se si eccettuano i nomi di Cecchi e Debenedetti.  

Proust è un modello di ricerca in cui memoria e sentimento si saldano e si universalizzano nella scrittura letteraria. Morselli inizia sin dal suo primo scritto giovanile a riflettere, attraverso Proust, sul tema dell’autobiografismo «da lui strettamente ribadito nei termini non di una ricostruzione documentaria, bensì di una rievocazione implicante una scelta e una reinterpretazione dei fatti» (Simona Costa, Guido Morselli, Firenze, La nuova Italia, 1981, pag.14)

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STORIA CONTEMPORANEA n.17: Nicoletta Santini, “La Mummiona e altre storie. Le avventure della gatta Panino Panino”

santini2Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

  

di Giuseppe Panella

 

Nicoletta Santini, La Mummiona e altre storie. Le avventure della gatta Panino Panino, con i disegni dell’autrice, Civitavecchia (RM), Prospettivs Editrice, 2009

 

E’ curioso e un po’ strano scrivere intorno a un libro destinato ai bambini perché forse a farlo meglio di un adulto potrebbero essere proprio loro che ne sono i più legittimi destinatari. Probabilmente un libro come questo viene letto e compreso meglio dai ragazzini che dai suoi fruitori più grandi. O forse no? Forse no in questo caso…

I disegni che arricchiscono e chiariscono il testo sono certamente la sua dimensione più bella: ariosa, libera, un po’ folle, un po’ ardita, decisamente surreale. E i disegni (almeno credo) possono capirli tutti e sono destinati a tutti. Anche agli adulti.

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“Aspettiamo primavera, Bandini” di John Fante

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di Francesco Sasso

 

John Fante occupa a mio parere una posizione di primo piano nella letteratura mondiale. Autore di romanzi della saga dei Bandini, in cui si narrano le vicende del personaggio Arturo (alter ego dello scrittore), del padre Svevo, della madre Maria e dei fratelli di Arturo.

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