STORIA CONTEMPORANEA n.20: In memoria di lui. Lorenza Rocco Carbone, Incontro con l’autore Michele Prisco

Lorenza Rocco Carbone, Incontro con l’autore Michele PriscoNegli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

 

di Giuseppe Panella

 

In memoria di lui. Lorenza Rocco Carbone, Incontro con l’autore Michele Prisco, Napoli, Massa Editore, 2004 [2 ed.]

Dopo essersi cimentata più volte nell’esercizio storico di rievocare (sinteticamente e simpateticamente) la figura di Matilde Serao (ad esempio in Cara Matilde. La Serao, la scrittura e la vita, Napoli, Kairós Edizioni, 2008), Lorenza Rocco Carbone torna alla letteratura contemporanea (ma forse non l’aveva mai lasciata), nel nome dell’amato Michele Prisco.

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PER UN’ INTERPRETAZIONE LAICA DELL’ULISSE DANTESCO. Saggio di Bernardo Puleio

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di Bernardo Puleio 

 

Presso Malebolge,  nell’ottava bolgia dell’ottavo cerchio dell’Inferno dantesco, si presenta una fiamma  biforcuta, che racchiude le anime di Ulisse e Diomede. Come spiega Virgilio(1):

[…] Là dentro si martira/ Ulisse e Diomede, e così insieme/ a la vendetta vanno come a l’ira;/ e dentro da la lor fiamma si geme/ l’agguato del caval che fè la porta/ onde uscì de’ Romani il gentil seme./ Piangevisi entro l’arte per che, morta,/ Deidamìa ancor si duol d’Achille,/ e del Palladio pena vi si porta.

L’incontro con Ulisse (2) « lo maggior corno de la fiamma antica » caratterizza, connotandolo di forti, eroiche e trasgressive suggestioni, il canto XXVI dell’Inferno.

L’eroe omerico espia la colpa dell’« agguato » del cavallo di Troia, che pure reca in sé, nell’ideologia dantesca, un elemento di provvidenzialità divina: la distruzione di Troia apre la porta, attraverso le pellegrinazioni di Enea, alla nascita del « gentil seme » dei Romani, il cui impero è voluto e prescelto da Dio (3).

L’arte di Ulisse appare colpa meritevole di dannazione ed emendazione eterna: forzare i segni della realtà (4) è un’opera di grave mistificazione, una specie di audacia sofistica, in grado di confondere ed occultare la ricerca della verità.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.14: L’alchimia della parola e la ricerca dal profondo. Aldo Roda, “Alchimie dello studiolo di Francesco I de’ Medici”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

di Giuseppe Panella

 

L’alchimia della parola e la ricerca dal profondo. Aldo Roda, Alchimie dello studiolo di Francesco I  de’ Medici, Firenze, Gazebo, 2007, pp. 96.

E’ dal 1998 che l’architetto Aldo Roda scrive poesie con piglio e determinazione, con la forza di chi vuole costruirsi un linguaggio nuovo per esprimere un universo interiore che lo porta a cercare gli snodi segreti delle vicende umane e il colore segreto delle parole utilizzabili per dirle e per descriverle. Questa sua ultima prova in versi (ma corredata da foto e da una mappa accurata del luogo ove l’azione si svolge) rappresenta un tentativo di cercare le ragioni ultime di un’opera d’arte e di leggerla con l’ausilio di strumenti letterari e psicoanalitici capaci di chiarirne la verità possibile.

Lo studiolo di Francesco I de’ Medici fu realizzato sotto la direzione di Giorgio Vasari e su ispirazione del dotto benedettino Vincenzo Maria Borghini. I 34 pannelli dipinti che lo componevano, il soffitto affrescato e le 8 statuette di bronzo presenti nella sala avevano il compito di illustrare il rapporto tra Arte e Natura (come è dimostrato dalla presenza di un riquadro contenente l’immagine di Prometeo che riceve dalla Natura una pietra preziosa).

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STORIA CONTEMPORANEA n.19:Interviste con uomini (non sempre) straordinari. Annella Prisco Saggiomo, “Trenincorsa. 30 interviste sui tempi che corrono”

Annella Prisco Saggiomo, Trenincorsa.

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

 

di Giuseppe Panella

Interviste con uomini (non sempre) straordinari. Annella Prisco Saggiomo, Trenincorsa. 30 interviste sui tempi che corrono, Napoli, Edizioni Kairós, 2009

 

E’ un libro tutto di corsa, questo di Annella Prisco Saggiamo. Scritti in velocità tra il 2004 e il 2005 per un giornale, “La Repubblica” nella sua edizione napoletana, le trenta interviste che lo compongono squadernano in bella vista una fetta cospicua del mondo culturale e politico dell’Italia di questi ultimi anni. I nomi degli intervistati spaziano in ogni campo della cultura contemporanea: dalla politica (Antonio Bassolino, Renato Brunetta, Roberto Maroni) alla letteratura (Alberto Bevilacqua, Claudio Magris, Raffaele La Capria, Dacia Maraini, Jacqueline Risset), dallo spettacolo (Giulio Bosetti, Edoardo Bennato, Enrico Montesano, Peppino Di Capri, Renzo Arbore, Uto Ughi – alternando proposte di livello più alto all’intrattenimento più leggero) al cinema (Dino Risi, Lina Wertmuller) senza trascurare storia, filosofia e linguistica (i nomi di Giuseppe Galasso, Aldo Masullo e Tullio De Mauro ne sono autorevole testimonianza).

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“I quarantanove racconti” di Ernest Hemingway

I quarantanove racconti di Ernest Hemingway

recensione/schizzo

di Francesco Sasso

L’importanza di Hemingway come scrittore è stata notevolissima, e non solo nel mondo americano. In Italia, infatti, i suoi romanzi influenzarono lo stile di narratori come Vittoriani e Pavese. Tra le opere dello scrittore americano, I quarantanove racconti, pubblicati nel 1938, occupano un posto di primo piano, modello insuperabile di racconti tutto dialogo e azione.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.13: Giuseppe Iuliano in verso e in prosa. A proposito di due libri recenti che lo riguardano

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

di Giuseppe Panella

 

Giuseppe Iuliano in verso e in prosa. A proposito di due libri recenti che lo riguardano

 

«Così, se volete dipingere, vi si chiedono assiomi e corollari. Se volete ragionare, non vi si chiedono che sentimenti e immagini. E’ difficile raggiungere avversari così superficiali e che non si trovano mai nel luogo in cui essi vi sfidano»

(François-René de Chateaubriand, Genio del Cristianesimo)

 

1. In prosa innanzitutto

 

L’ottimo libro di Francesco D’Episcopo (Giuseppe Iuliano. Dieci anni di poesia (1994-2004), Avellino, Elio Sellino Editore, 2007) da cui qui si partirà per l’analisi della poesia di Iuliano è un’eccellente profilo e una rassegna autorevole della produzione più o meno recente del poeta di Nusco e ad esso sarà necessario e opportuno fare frequente e cospicuo riferimento.

Ma non me ne voglia l’autore se scrivo fin da subito che ciò che è sicuramente destinato a rimanere e che maggiormente attira l’attenzione è lo scritto autobiografico in prosa che chiude il volume. Un testo affilato come la lama di un rasoio e pur tuttavia straziato come solo le ferite della nostalgia impresse a fuoco nei corpi e nelle anime sanno produrre,

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STORIA CONTEMPORANEA n.18: Una vicenda esemplare tra musica, amore e politica. Achille Maccapani, “Confessioni di un evirato cantore”

Achille Maccapani, Confessioni di un evirato cantore

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

 

di Giuseppe Panella

 

Una vicenda esemplare tra musica, amore e politica. Achille Maccapani, Confessioni di un evirato cantore, Genova, Fratelli Frilli Editori, 2009

 

«Aborro in su la scena, / Un canoro elefante / Che si trascina a pena / Su le adipose piante, / E manda per gran voce / Di bocca un fil di voce // […] Ella femminea gola / Ti diede, onde soave / L’aere se ne vola / Or acuto ora grave; / E donò forza ad esso / Di rapirti a te stesso» – scrive Giuseppe Parini una delle sue composizioni più famose, La musica.

Ma Luigi Marchesi, il protagonista di questo solido ed accurato romanzo di Achille Maccapani, non è né castrato né “evirato” (come lo definirà Ugo Foscolo con il quale si accapiglierà brutalmente per il problematico possesso di Antonietta Fagnani Arese, pur sempre “risanata” e amante di entrambi ma certo non fedele a nessuno dei due). Il cantore era perfettamente in grado di avere rapporti sessuali (e la sua abilità era diventata leggendaria!) ma non poteva procreare per effetto dell’operazione cui si era sottoposto da adolescente, prima del temuto sviluppo sessuale che gli avrebbe fatto perdere la sua voce argentina da “sopranista”. Infatti, dove le donne non avevano libero accesso e non potevano cantare (in chiesa soprattutto – seguendo l’interpretazione assai restrittiva di un passo di San Paolo al riguardo) lo facevano uomini “travestiti” con voce musicalmente adatta al ruolo di soprano. Luigi Marchesi è stata una delle “voci sovrane” in questo campo, probabilmente dopo il supremo Farinelli.

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“Cronache dal Cono sud” di Luis Sepùlveda

Cronache dal Cono sud, Luis Sepùlveda

di Francesco Sasso

Nel settembre del 1973 il colpo militare pose fine al regime democratico in Cile. Salvator Allende si tolse la vita e il generale Pinochet diede il via ad uno dei più feroci regimi totalitari. Nel 1990 Pinochet si ritirò a vita privata, ma l’intera società cilena è ancora nelle mani dei torturatori. Purtroppo bisognerà attendere l’elezione di Micelle Bechelet, nel 2006, per iniziare a sperare nella rinascita di una società civile dove le leggi garantiscono la sicurezza dei cittadini.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.12: La nostalgia del verso e la sua necessaria dolcezza. Gabriella Sica, “Le lacrime delle cose”

le lacrime delle coseIl titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

di Giuseppe Panella

 

La nostalgia del verso e la sua necessaria dolcezza. Gabriella Sica, Le lacrime delle cose, con una postfazione di Paolo Lagazzi, Bergamo, Moretti & Vitali, 2009

 

E’ difficile collocare ancora una volta la poesia intimamente lirica ma, contemporaneamente, apertamente pubblica di Gabriella Sica. Partita dalle prime poesie apparse sulla rivista romana da lei stessa diretta, “Prato pagano”, proprio all’inizio degli anni Ottanta, passata attraverso le Poesie bambine (1997) e le Poesie familiari più recenti (2001), si ritrova in una dimensione, quella di Le lacrime delle cose, in cui all’impegno civile e alla resa di conti con la Storia si appoggia una rivisitazione nostalgica e gioiosa del suo passato.

Se, in una delle Poesie familiari, veniva espresso il poetico desiderio di attendere un momento della vita in cui “verrà un giorno da questo diverso, / quando nessuno sarà separato / da chi ama”, in Le lacrime delle cose quell’aspirazione viene considerata impossibile e, nello stesso tempo, rinvenuta nelle cose stesse della vita di ognuno (e, in particolare, della propria).

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Il refrain e la linea “leggenda” di Marco Palladini, “Iperfetazioni”

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di Antonino Contiliano

 

“Sono cose che vorrei non aver sognato / E comunque cose che mi hanno segnato”: è il refrain che intercala i testi della seconda sezione – Interzone – del libro di poesia –  Iperfetazioni (Zona, Arezzo, 2009) – del “materialista stoico”  Marco Palladini. E i testi sono quelli etichettati dal titolo che li raccoglie sotto la denominazione di “SOGNO O SON TESTO?”.

Il refrain è un ritornello marcante, che, appunto come un ritorno, si ripete dopo una serie di flash acidosi, i quali, come tante retroazioni, riflettenti e giudicanti, sul recente passato o lo stesso presente di appartenenza, ritma questi stessi fulminei passaggi (azzeccati) e di sintesi scioccante e vera:

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“The Paris Review. Interviste vol.1”: sedici interviste a scrittori, sceneggiatori, poeti ed editor

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di Francesco Sasso

Fandango Libri ha appena pubblicato il primo volume delle interviste della rivista Paris Review, che dal 1953 interroga i più importanti autori sul mestiere di scrivere: «a oggi vanta più di trecento interviste fra le quali sono state selezionate quelle presenti in questo volume». (pag.9)

 

Questa rivista da decenni tenta di ricavare dalla riflessione sui fatti letterari e artistici le coordinate essenziali di un discorso culturale più ampio. Ogni intervista di Paris Review è frutto della stretta collaborazione fra scrittore e intervistatore. Spesso gli scrittori hanno rielaborato le bozze dell’intervista, lavorando di lima fino all’ultimo.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.11: Siamo in attesa che arrivi il futuro… Antonino Contiliano, “Tempo spaginato. Chi-asmo”

tempo spaginatoIl titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

di Giuseppe Panella

 

Siamo in attesa che arrivi il futuro…  Antonino Contiliano, Tempo spaginato. Chi-asmo, Firenze, Polistampa, 2007

 

E’ indubbio che la poesia e il fantastico siano da sempre stati in stretta correlazione a partire dalle Lyrical Ballads di Wordsworth e Coleridge in poi. La poesia lirica attinge all’universo dell’immaginario più estremo per raccontare le vicende del presente di una soggettività linguistica messa in crisi dal suo stesso bisogno di esprimersi e di esporsi in tutte le sue contraddizioni.

Non sempre questo discorso ha avuto valore per la fantascienza e non molti testi poetici sono scaturiti dall’esplorazione del futuro (anche se prossimo venturo).

Il caso della scrittura poetica di Antonino Contiliano contenuta in questo libro è, allora, esemplare: i suoi versi, pur dedicati alla e proiettati verso la critica spietata del presente, sono tutti rivolti all’attesa del futuro che attende l’umanità e alla descrizione dell’intreccio che collega passato e avvenire in un chiasmo che li allaccia e li riconnette alle pur vistose aberrazioni della realtà vigente.

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