Breve nota critica sulla poesia di Giancarlo Bianchi

di Giuseppe Panella

La poesia di Giancarlo Bianchi si sostanzia della sua capacità di coniugare emozioni ed afflati di diversa derivazione con la sua vena fondamentale che è quella della ricerca del mistero in direzione religiosa.

Come si può facilmente intendere anche dall’esergo del suo primo testo, la sua prospettiva lirica si muove nella direzione aperta da Mario Luzi (senza però evocare e connettersi alla dimensione più terrestre vista come rifugio vitale espressa anche negli ultimi componimenti di quest’ultimo).

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Dianella Bardelli, “Vado a caccia di sguardi”

  

di Francesco Sasso

Dalla terra s’alza un profumo / acido e caldo insieme – / esauriente, come una droga dolce, / toglie gli umori / il fumo nero / l’ansia  […] (Terra, pag.8)

Dianella Bardelli risiede a Selva Malvezzi-Molinella (Bologna), ha insegnato materie letterarie presso un istituto tecnico bolognese e da qualche tempo cura due blog in rete: il primo è dedicato alla poesia e alla prosa spontanea (vedi la lezione di Jack Kerouac), il secondo è dedicato agli haiku.

Dianella Bardelli ha pubblicato una breve raccolta poetica dal titolo Vado a caccia di sguardi (Raffaelli Editore 2008). In quest’opera, l’autrice manifesta l’interesse per le forme con cui realizzare in poesia il messaggio della filosofia buddista.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.22: Alla ricerca dei nuovi luoghi della poesia. Roberto Mosi, “Nonluoghi”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Alla ricerca dei  nuovi luoghi della poesia. Roberto Mosi, Nonluoghi, Firenze, Edizioni del Comune di Firenze, 2009

Una sottile plaquette di versi questa di Mosi ma intensa, capace di suscitare emozioni e riflessioni non banali. E’ ancora nostro il tempo della poesia lirica? C’è ancora la possibilità di individuare delle correspondances tra il mondo del poeta e quello del mondo in cui si trova a vivere? E’ utile scrivere ancora poesia come se il progresso scientifico e tecnologico non fosse intervenuto a cambiare le carte in tavola al gioco dei poeti?

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STORIA CONTEMPORANEA n.26: L’umanoide e la ragazzina. Francesco Verso, “E-Doll”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

di Giuseppe Panella

 

L’umanoide e la ragazzina. Francesco Verso, E-Doll, Milano, Mondadori, 2009 (Premio Urania 2009)

Nel 2053, a Mosca, viene ritrovato il “cadavere” di un e-Doll finito in una toilette per signore della Silitron, la ditta che li produce in massima parte. Parlare di “cadavere” è effettivamente improprio dato che gli e-doll, esseri sintetici ma perfettamente imitanti i corpi umani, non possono morire se non vengono “terminati” in maniera radicale strappandogli dalla profondità concava del loro petto un tubo di plastica che funge loro da pompa cardiaca. L’inizio parrebbe tipico di un noir della buona vecchia hard-boiled school (o forse di un neo-noir – come si preferisce classificare i romanzi di ambientazione futura che presenta storie poliziesche al loro interno). Ma siamo in presenza di qualcosa di più e, soprattutto, di qualcosa di molto diverso. Anche se il romanzo di Francesco Verso segue le linee principali dell’inchiesta e si sofferma a lungo anche sulla vita privata dell’investigatore, il tenente Igor Gankin, un uomo solitario abbandonato dalla moglie Ksenia e invaghito della meccanica amatoria dell’ e-Doll Shanna, non è certo l’agente di polizia moscovita il protagonista di questo secondo, folgorante romanzo di Francesco Verso, autore romano alla prova dell’iterazione del successo di una sua proposta narrativa (la prima era stata, appena lo scorso anno, l’inquietante Antidoti umani, pubblicato in prima edizione dalla Giovane Holden di Massarosa (Lucca) e in seconda edizione dalla EDS – Edizioni Diversa Sintonia).

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Renato Serra, “Esame di coscienza di un letterato”

di Francesco Sasso

Renato Serra (1884-1915) visse appartato, da «lettore di provincia» (così amò definirsi), ma fu un lucido interprete del suo tempo. Straordinario esempio di scrittura artistica è Esame di coscienza di un letterato (Sellerio 1994), scritto nell’imminenza della guerra e pubblicato postumo nel ’16. Il saggio è sorretto dalla disperata lucidità del disincanto, in cui l’amore per la letteratura si unisce alla consapevolezza della sua vanità. Serra traccia nell’Esame il bilancio morale di un’intera generazione di intellettuali di inizio secolo. Lo scrittore esibisce con sofferenza e fermezza il fallimento delle loro illusioni, svelando i loro abili, i loro miti, le debolezze. Alla letteratura Serra contrappone la caducità della storia, la realtà esterna della natura, in cui germoglia il segreto del tempo e della vita: di quella terra che assorbirà il sangue dell’uomo ucciso, e sempre genererà dalle macerie la vita. In breve, pagine esemplari per limpidezza ed incisività di scrittura.

f.s. 

[Renato Serra, Esame di coscienza di un letterato, Sellerio editore, 1994, 96 pp., € 5,16]

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PER UNA CRITICA DELL’ECONOMIA POETICA DELL’IO. Saggio di Antonino Contiliano

di Antonino Contiliano

Se chi parla non è uno, ma una molteplicità in rapporto di esteriorità e contingenza (G. Deleuze/E. Glissant), e l’Io in quanto individuo (atomo) non ha, quindi, un rapporto con un sé sempre identico (immutabile), ma con una rete di relazioni storicamente determinate, che si realizzano come singolarità plurale – e ibrida per l’intreccio delle relazioni che ne passano lo stato dal virtuale all’attualità –, allora non è impossibile pensare e criticare l’economia poetica del tradizionale Io umanistico come una persistente feticizzazione che investe il soggetto e l’oggetto poetico.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.21: Ipotesi per un poeta. Giovanni Inzerillo, “La virtù della frivolezza. Saggio sull’opera di Paolo Ruffilli”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

  

di Giuseppe Panella

 

Ipotesi per un poeta. Giovanni Inzerillo, La virtù della frivolezza. Saggio sull’opera di Paolo Ruffilli, Introduzione di Daniele Maria Pegorari, Bari, Stilo Editrice, 2009

«Tessendo, neppure con troppa partecipazione del resto, l’elogio necessario della frivolezza, che è stata sempre la virtù dei grandi ingegni. Per pronunciare davvero il sublime, penso che occorra partire dal calco, dall’orma, da una traccia sottile. Per una legge dell’inversamente proporzionale: quanto più è basso il tono, tanto più alto è l’effetto. Non è che intenda, per carità, rinunciare alla “grandezza” delle cose. Ma trovo giusto rilevarla nella loro “piccolezza”. E mi piace soffiarci dentro quell’arietta frizzante che fa, del castello di Atlante, l’attracco delle astronavi per il resto dell’universo» (Paolo Ruffilli, Appunti per una ipotesi di poetica).

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STORIA CONTEMPORANEA n.25: “Il misterioso destino dei libri”. Simone Berni

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

  

di Giuseppe Panella

 

Il misterioso destino dei libri. Simone Berni, Libri scomparsi nel nulla, Macerata, Edizioni Simple, 20072; Simone Berni, I nazi-fascisti e le scienze del terrore. A caccia di libri proibiti, volume I, Macerata, Bibliohaus, 20083 ; Simone Berni, Dischi volanti e mondi perduti. A caccia di libri proibiti, volume II,  Macerata, Bibliohaus, 20083

 

Il destino di libri, soprattutto dei libri scomodi o spiazzanti per il Potere, è misterioso, ondivago, fluttuante, soggetto alle variazioni del mercato e alle censure (o auto-censure) degli editori stessi che li hanno pubblicati.

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Luis Sepúlveda, “La lampada di Aladino”

di Francesco Sasso

La raccolta La lampada di Aladino (TEA 2009) di Luis Sepúlveda si risolve in una serie di racconti che, per la fitta trama di riferimenti, di echi e di allusioni da cui sono legati fra loro e rispetto ad opere precedenti (ne La ricostruzione della Cattedrale c’è il ritorno del Vecchio che leggeva romanzi d’amore), costituiscono quasi una sorta di palinsesto dei temi cari allo scrittore cileno: i ricordi di gioventù, la passione politica, le storie degli uomini umili della Patagonia, l’esilio, il viaggio, la morte.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.20: Alla ricerca di poeti dimenticati. Il “satori” sulla spiaggia. Luigi Fallacara, “Spiaggia di Shelley e altri inediti”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

 

Alla ricerca di poeti dimenticati. Il satori sulla spiaggia. Luigi Fallacara, Spiaggia di Shelley e altri inediti, premessa e cura di Fabio Flego, con un saggio di Gaetano Chiappini, Viareggio (LU), Pezzini Editore, 2002

 Scrive Gaetano Chiappini nel saggio (Cercando il fiore nell’ombra) che inaugura questo volumetto di inediti di Luigi Fallacara, un poeta forse fondamentale per il Novecento toscano ed italiano, oggi assai poco ricordato e spesso dimenticato senza pietà quando di essi si parla in chiave storico-critica:

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STORIA CONTEMPORANEA n.24: L’enigma senza risposta. Leandro Castellani, “Mistero Majorana. L’ultima verità”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

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di Giuseppe Panella

L’enigma senza risposta. Leandro Castellani, Mistero Majorana. L’ultima verità, Firenze, Clinamen, 2006

Periodicamente il mistero Majorana ritorna ad occupare le pagine culturali dei giornali e (meno spesso) gli scaffali delle biblioteche. Ma che cosa è successo veramente al geniale fisico siciliano di Catania? E’ quello che probabilmente nessuno, nonostante le ipotesi più fantasiose, saprà mai.

Il libro di Leandro Castellani cerca di rispondere a questa domanda partendo dai dati noti. Lo stesso aveva provato a fare l’attento e ben filologicamente accurato volume di Erasmo Recami ormai giunto ala sua quinta edizione (Il caso Majorana: epistolario, documenti, testimonianze, Roma, Di Renzo, 2008). Stesso scopo aveva avuto il romanzo “storico” di Leonardo Sciascia (La scomparsa di Majorana, Torino, Einaudi, 1975) da cui ha ripreso vigore l’interesse di molti lettori anche non addetti ai lavori (quale era lo stesso Recami all’epoca, che Sciascia, nel suo libro, definisce giovane ricercatore e che oggi, invece, risulta insigne fisico teorico professore presso l’Università di Bergamo) ma puri appassionati all’enigma rappresentato dalla scomparsa dello studioso siciliano. Tra di essi c’è stato probabilmente anche il grande economista Federico Caffè che proprio al testo sciasciano sembra essersi ispirato per mettere in scena la propria scomparsa personale (è quello che sostiene Ermanno Rea nel suo L’ultima lezione, Torino, Einaudi, 20002, p. 18, dedicato per l’appunto alla scomparsa di Caffè; dal libro è stato tratto anche un film dallo stesso titolo, diretto da Massimo Martella e Fabio Rosi, ma non particolarmente riuscito).

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Simone Perotti, “Adesso basta”

di Francesco Sasso

Simone Perotti, un tempo dirigente e capo ufficio stampa di aziende multinazionali, è oggi uno scrittore (Bompiani) e skipper di quarantatré anni. Un anno e mezzo fa, dopo lunga riflessione, decide per un cambiamento radicale della propria vita. Poco prima era uno “arrivato”: ottima posizione lavorativa, stipendio alto, spese in conto all’azienda, viaggi, amicizie influenti ecc. Una vita lavorativa frenetica e frizzante. Eppure Perotti si rende conto che la vita che conduce è un binario morto e che, per essere uomo libero, avrebbe dovuto rinunciare alla carriera prima che fosse troppo tardi. Decise così di aderire al downshifting (“scalare marcia, rallentare il ritmo”) e di raccontare questa sua esperienza nel libro Adesso basta.

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