STORIA CONTEMPORANEA n.35: Elogio della letteratura vissuta. Alberto Manguel, “Il libro degli elogi”

 Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

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di Giuseppe Panella

  

Elogio della letteratura vissuta. Alberto Manguel, Il libro degli elogi, trad. it. di G. Felici, prefazione di E. Vila-Matas, Milano, Archinto, 2009

Scrive Enrique Vila-Matas nella sua (simpatetica e amicale) prefazione al libro di Alberto Manguel:

«Se già di mio io sono a favore dell’umiltà che qualsiasi prefazione deve contenere, questa la inizio sotto l’influsso di alcuni brani di Una storia della lettura, uno dei libri più noti di Alberto Manguel, dove si spiega che leggere può essere un’attività che non giunge mai alla fine: “Al rabbi Levi Yitzak di Berdishev, uno dei grandi maestri assidici del Settecento, chiesero un giorno perché la prima pagina di ciascun trattato del Talmud babilonese fosse mancante, cosicché il lettore era costretto a iniziare dalla seconda. “Perché” rispose il rabbi, “per quante pagine l’uomo di studi possa leggere, egli non deve mai dimenticare che non è ancora arrivato neppure alla prima vera pagina”» (p. 5).

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“Uno sguardo sul futuro”: attacco al capitalismo. Augenblick e hybris marxista

di Antonino Contiliano

 Non c’è rivoluzione senza rivoluzione.
Robespierre

La rivoluzione non è un pranzo di gala.

Mao Tse-tung

Salvatore Costantino e Aldo Zanca, Leggere Marx oggi, XL edizioni Sas, Roma, 2010.

Le contraddizioni non sono solo un motore di sviluppo della riproduzione capitalistica e della sua logica, o propria dell’accumulazione e del profitto, sono anche una specie di hybris autoimmunitaria che ne mina continuamente l’assetto. Un’auto-etero-rigenerazione violenta che investe sia il suo stesso modello di riproduzione di sfruttamento che la classe sfruttata e l’intera società civile.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.29: Sapori e gesta d’infinito. Roberto Maggiani, “Cielo indiviso”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Sapori e gesta d’infinito. Roberto Maggiani, Cielo indiviso, San Cesario di Lecce (LE), Piero Manni, 2008

«A Rimbaud. Io lo capisco quel silenzio del mare / e quel chiarore del cielo / che parte da me / e non dal mare e non dal sole / ed è l’eternità. / C’est la mer allée avec le soleil » (p. 72 ).

Questo omaggio a Rimbaud (il verso citato appartiene a Una stagione all’inferno) chiude la seconda tranche di poesie del libro (Mar Mediterraneo – Tirreno e Ionio). La prima era stata dedicata ad un sensuoso atto d’amore per Lisbona (Oceano Atlantico Lisbona e Algarve) e la terza, invece, lo sarà al mare come metafora del mondo (Mare Mediterraneo nei dintorni delle cose). Le tre parti si congiungono, comunque, nella consapevolezza della indivisibilità della realtà ultima delle cose (come pure recita e si deduce certamente dal titolo generale del canto).

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Cercando un posto tranquillo per morire. Paul Auster, “Follie di Brooklyn”

 di Francesco Sasso

Nathan Glass stava “cercando un posto tranquillo per morire.” Qualcuno gli raccomandò Brooklyn. Nathan è un uomo cinico, disilluso, uscito indenne dal cancro e da un matrimonio. Ex assicuratore, decide di vivere gli ultimi anni della sua vita da pensionato a New York. Ma il caso è dietro l’angolo. E’ così che inizia il bel romanzo Follie di Brooklyn di Paul Auster.

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STORIA CONTEMPORANEA n.34: Emma contro Emma. Daniele Borghi, “L’altra vita di Emma”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

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di Giuseppe Panella

 

Emma contro Emma. Daniele Borghi, L’altra vita di Emma , Ravenna, Fernandel, 2010

 E’ ben nota l’espressione di orgoglio (che però gli costò un notevole pregiudizio da parte dei suoi contemporanei) e di fiducia nella propria potenza stilistica che spinse Gustave Flaubert a dichiarare che Emma c’est moi! (a proposito dell’eroina del suo grande romanzo Madame Bovary). Come è noto, Emma si uccide alla fine di un’infelice percorso esistenziale che la porta a tradire il marito Charles  e a invaghirsi di un uomo, Rodolphe,  che poi l’abbandonerà quando si sarà stancata di lei.

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Quell’ardore doloroso di vita. Charles Bukowski, “Azzeccare i cavalli vincenti”

di Francesco Sasso

Se comprerete Azzeccare i cavalli vincenti (Feltrinelli, 2009), avrete tra le mani uno dei migliori libri di Bukowski. Il volume raccoglie saggi inediti e racconti pubblicati fra il 1946 e il 1991 su riviste letterarie underground. Possiamo quindi leggere i primi racconti giovanili (Conseguenze di una lunga lettera di rifiuto [1944] e Venti carri armati da Kasseldown [1946], in verità acerbi e opachi frutti letterari), per poi arrivare ai racconti concepiti con la tecnica dello scrittore che tanto abbiamo amato. Leggeremo anche alcuni manifesti dai titoli oltraggiosi come In difesa di un certo tipo di poesia, di un certo tipo di esistenza, di un certo tipo di creatura fatta di carne e ossa e sangue che un giorno morirà, oppure Saggio sconnesso sulla poesia e sulla vita sanguinante scritto mentre sto bevendo una confezione da sei (grande), e ancora Sulla matematica del respiro e dello stile; inoltre Prefazione mai pubblicata a “7 on Style” di William Wantling; o il lungo racconto omaggio a John Fante (Incontro il Maestro) in cui Bukowski rievoca l’incontro letterario e poi umano con Fante. Ma la raccolta è ben più ricca.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.28: Lettere dall’interno della poesia. Paolo Maccari, “Fuoco amico”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Lettere dall’interno della poesia. Paolo Maccari, Fuoco amico, presentazione di Mario Specchio, Firenze, Passigli, 2009

Scrive Mario Specchio nella quarta di copertina a questo libro (il terzo di poesia dell’autore):

«Maccari sostiene il flusso dei sentimenti individuali, esistenziali, con una maturità disincantata e la punta di diamante della sua poesia penetra la realtà oggettiva, il cui spettro si va sempre più ampliando, delineandola in tutta la sua durezza, nella plasticità dell’immagine ed anche nella struggente tenerezza della sua caducità. E spesso il lievito segreto di questa felice alchimia risiede in una ironia sottile e indagatrice che niente ha a che fare con la corriva e spesso stolida ironia ‘minimalista’, ma è semmai vicina a quella che Thomas Mann definiva “ironia erotica”, che è difesa e attacco. Difesa dell’Io poetico e dalle sue sempre incombenti ipertrofie, e attacco alla esistenza delle cose, alla loro, non di rado, crudele sordità».

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Romano Augusto Fiocchi, “La leggenda delle perle di Fiume”

 

di Francesco Sasso

Romano Augusto Fiocchi, di cui abbiamo qui pubblicato un inedito racconto lungo, ha pubblicato La leggenda delle perle di Fiume (Edizioni Cardano, 2007)

In La leggenda delle perle di Fiume, il paesaggio di Pavia è elemento fondamentale del racconto, così come le situazioni drammatiche della sua storia. Si narra di una donna non più giovane (“la donna con gli orecchini ad anello”), appassionata di pittura e dei pittori della sua città, che, mentre rincasava di sera avvolta dalla nebbia, si imbatte nel suo antico e unico vero amore, Walter: un tempo bizzarro pittore, ora un vecchio emaciato afflitto da emiparesi. Inizia per la protagonista una lenta immersione nella bellezza della memoria personale, nella storia autentica di un pittore patriota di Pavia ucciso dagli Austriaci nel 1849, nella leggenda sulla pavimentazione di acciottolato e delle fognature romane della città.

Lo scrittore penetra fra gli elementi della natura e della storia locale, raggiungendo un sufficiente distacco dalla vicenda narrata, con una pacatezza vibrante di emozioni trascorse che permette di liberare da ogni scoria la realtà poetica del passato. In questo racconto la creazione artistica è connessa nell’intimo con la funzione della memoria. Stile sobrio e controllato. 

 f.s.

[Romano Augusto Fiocchi, La leggenda delle perle di Fiume, Edizioni Cardano, 2007, pp.49, € 11,00]

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[Leggi tutti gli articoli di Francesco Sasso pubblicati su RETROGUARDIA 2.0]

 

STORIA CONTEMPORANEA n.33: Il web e la critica. Giulia Iannuzzi, “L’informazione letteraria sul web. Tra critica, dibattito, impegno e amori emergenti”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

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di Giuseppe Panella

 

Il web e la critica. Giulia Iannuzzi, L’informazione letteraria sul web. Tra critica, dibattito, impegno e amori emergenti, presentazione di G. C. Ferretti, Milano, Biblion Edizioni, 2009

 Scrive Gian Carlo Ferretti nella sua Presentazione a questo volume:

«Sull’impostazione del lavoro l’Introduzione stessa porta motivazioni e chiarimenti precisi, indicando tra l’altro due nodi alternativi fondamentali: tra esaltazione e demonizzazione del web (democrazia e mercato), e tra criteri di popolarità e di autorevolezza per valutare i siti. Giulia Iannuzzi scioglie con intelligenza e concretezza questi nodi nel vivo delle analisi campioni scelti, che ne sottintendono naturalmente tanti altri, per analogia o per contrasto. Già questi sei campioni scelti offrono un variegato panorama di strutture e organizzazioni redazionali, ruoli interni e contributi dei lettori, contenuti e rubriche, formule e linguaggi, politiche di recensione e rapporti con l’editoria tradizionale. Un panorama altresì caratterizzato da interessi e sensibilità comuni, e in particolare da una consapevole partecipazione critica ai problemi civili e sociali contemporanei, con iniziative coordinate tra i siti» (p. 5).

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SPECIALE GUIDO MORSELLI n.4: INTRODUZIONE A “REALISMO E FANTASIA” DI GUIDO MORSELLI. Saggio di Valentina Fortichiari

[Per gentile concessione dell’autore Fortichiari e dell’editore, pubblichiamo  l’introduzione al volume Guido Morselli, Realismo e fantasia, Nuova editrice Magenta, 2009. (f.s) ]

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di Valentina Fortichiari

 

Nel 1947, anno in cui Heidegger pubblica la Lettera sull’umanismo, il Nobel per la letteratura viene assegnato ad André Gide; nasce il Premio Strega, che incorona Ennio Flaiano con Tempo di uccidere; il Premio Viareggio lo vince un libro postumo: Lettere dal carcere di Antonio Gramsci. Escono, fra gli altri, Cronache di poveri amanti di Vasco Pratolini, La romana di Alberto Moravia. Il trattato di pace di Parigi sanziona perdite territoriali per l’Italia; viene promulgata la Costituzione della Repubblica Italiana. Gandhi pronuncia il discorso sulla non violenza. Charlie Chaplin gira il film Monsieur Verdoux. Sono dello stesso anno Il diavolo in corpo di Autant-Lara, con Gérard Philipe, La Signora di Shangai di Orson Welles, con Rita Hayworth. Nasce con la Polaroid la fotografia istantanea. Fausto Coppi vince il giro d’Italia; Lucia Bosè è incoronata Miss Italia.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.27: Enkidu. Laura Pugno, “Gilgames’”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Enkidu. Laura Pugno, Gilgames’, trad. spagnola di Beatriz e Carolina Castellary, trad. francese di Michele Zaffarano, Massa, Transeuropa, 2009

Dodici brevi componimenti in onore di Gilgames’, il protagonista del primo poema epico finora conosciuto della storia dell’umanità compongono un poemetto solido come pietra e duro come il metallo che lo ha forgiato (di esso i traduttori in lingua ispanica e francese danno assai bene l’idea della possibile diffusione e comprensibilità verbale). In esso, il nome dell’eroe non viene mai fatto come pure quello del suo amico e fraterno sodale Enkidu alla cui vicenda (e sfortune) alcuni versi sono pure dedicati. Scrive Massimo Gezzi nella sua nota Su Laura Pugno:

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Concretezza e verità fantastica. Laura Pugno, “Quando verrai”

di Francesco Sasso

Quando verrai (Minimum fax 2009), secondo romanzo di Laura Pugno, è il più bel libro italiano del 2009. In esso si narra la storia di Eva, bambina affetta da una strana malattia che i medici hanno diagnosticato come psoriasi. Eva vive con la madre in un camper. Un giorno viene rapita da un vagabondo affetto dalla stessa malattia della protagonista. (Per un approfondimento sulla trama, e non solo, vi consiglio la lettura della recensione di Giuseppe Panella pubblicata su RETROGUARDIA. [QUI])

Quando verrai è opera potente nella rappresentazione del clima d’incubo in cui è costretta a vivere la protagonista, in un mondo adulto inteso a distruggere i sentimenti più umani dell’individuo. Questo testo è una sorta di favola allegorica governato da un tacito accordo: tutto ciò altro non è che la realtà, o meglio la rappresentazione linguistica e narrativa della realtà di oggi alla quale vengono poi assegnati significati e valori dell’orizzonte di favola. Questo dato sembra avvallato in particolare dagli oggetti naturali presenti nel discorso narrativo sotto forma di delta inquinati che bruciano, boschi ai margini delle statali, uomini che si muovono ed hanno odori di animali selvaggi ecc. Ma il testo della Pugno è ricco di elementi di contenuto narrativo che assumono la funzione di indici, di nodi cruciali di addensamento del significato. Scoprirli è l’avventura che ogni lettore dovrà intraprendere, se vorrà. Insomma, la Pugno è riuscita a scrivere un romanzo che ha in sé la concretezza e la verità del racconto fantastico.

 f.s.

 [Laura Pugno, Quando verrai, Minimun fax, 2009, 123 pp., € 12,00]

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[Leggi tutti gli articoli di Francesco Sasso pubblicati su RETROGUARDIA 2.0]

Rivoluzioni, teoremi e Intellettuali radicali. Slavoj Žižek, “In difesa delle cause perse” – Zygmunt Barman, “Capitalismo parassitario”

Punire gli oppressori dell’umanità: questa è clemenza.
Perdonare loro sarebbe barbarie. Il rigore dei tiranni
ha come fondamento soltanto il rigore: quello del governo
repubblicano ha invece come sua base la beneficenza.

Michael Crichton (Preda)

Non c’è rivoluzione senza rivoluzione
Robespierre

di Antonino Contiliano

Slavoj Žižek, In difesa delle cause perse, Ponte alle Grazie, Milano, 2009.

Zygmunt Barman, Capitalismo parassitario, Laterza, Bari, 2009.

Si sa chi ha il potere di opprimere, e chi non ha potere. Il Capitale opprime e i loro preti, e l’economia liberista globale è la rete della cattura. E la cattura non è certo quella dell’immaginazione al potere, quanto quella del profitto a tutti i costi e senza sconti: modello delle privatizzazioni e delle catastrofi. Il Welfare state dei ricchi contro i poveri e i Sud del mondo. Una strategia e una tattica cinica di catastrofi umanitarie, ambientali e planetarie.

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STORIA CONTEMPORANEA n.32: Riflessioni necessarie su Giuseppe Berto. Aa. Vv. “Giuseppe Berto: Thirty Years Later” a cura di Luigi Fontanella e Alessandro Vettori

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

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di Giuseppe Panella

 

Riflessioni necessarie su Giuseppe Berto. Aa. Vv. Giuseppe Berto: Thirty Years Later (Atti del convegno internazionale della Fordham University at Lincoln Center, New York, 1 novembre 2008), a cura di Luigi Fontanella e Alessandro Vettori, Venezia, Marsilio, 2009

 Nonostante siano trascorsi già trentadue anni dalla prematura scomparsa di Giuseppe Berto. Manca ancora in Italia una monografia che renda conto in maniera più precisa e puntuale della sua scrittura letteraria, dei suoi molteplici interessi e della sua poetica di narratore umorale e aggressivo, capace di illuminazioni profonde e straordinariamente ricche di pathos. Manca uno studio sulla sua produzione giornalistica e manca soprattutto la storia non superficiale del suo rapporto con la produzione cinematografica che lo portò a collaborare con molti registi, maggiori e minori. Sono sue, infatti, le sceneggiature di Gelosia (1953) per Pietro Germi (un adattamento di Il marchese di Roccaverdina di Luigi Capuana) come pure il soggetto originale di Anonimo veneziano (1970) per Enrico Maria Salerno (un film che scontentò la critica ma convinse molto pubblico ad andare a vederlo) e quello di Oh, Serafina! (1976) per Alberto Lattuada (un’occasione forse mancata quest’ultima per entrambi).

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E. RAIMONDI, “La critica simbolica” in “Anatomia della critica” di Northrop Frye

[Ho riletto l’opera fondamentale del canadese Northrop Frye (1912-1991), Anatomia della critica, apparsa nel 1957 (traduzione italiana nel 1969). Lo studioso propone una complessa sistemazione letteraria, recuperando Aristotele e la tradizione classica, rivisitata in una prospettiva antropologica e psicanalitica (concezione archetipica di Jung).

Non sono in grado di riassumere qui il pensiero di Northrop Frye. Quindi trascrivo alcune pagine di Raimondi che con chiarezza scrive: (f.s.)]

«Anche qui si muove dal concetto di rito e si ravvisa in esso l’origine del racconto, essendo il rito una sequenza temporale di atti con un significato recondito, laddove invece le strutture di immagini sono frammenti di significati, di origine oracolare, che derivano da un istante epifanico, senza rapporto diretto col tempo. Il mito è forza centrale  che dà significato archetipica al rito e racconto archetipica all’oracolo; e perciò il mito equivale all’archetipo, sebbene propriamente il mito si riferisca al racconto e l’archetipo al significato.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO 26: Alla ricerca di un altro ritmo. Marco Rovelli, “L’inappartenenza”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Alla ricerca di un altro ritmo. Marco Rovelli, L’inappartenenza, Massa, Transeuropa, 2009

Dopo tre formidabili reportages sull’anomalia giuridica e la barbarie italiana (Lager Italiani, Milano, Rizzoli, 2006; Lavorare uccide, Milano, Rizzoli, 2008 e Servi, Milano, Feltrinelli, 2009), Marco Rovelli ritorna alla poesia dopo il 2004 di Corpo esposto (il suo primo libro di poesie pubblicato dall’editore Memoranda di Massa). In quella straziata raccolta di versi e di affermazioni di principio forti e condivisibili, a un certo punto, con piglio severo e apertamente rimbaldiano, aveva dichiarato:

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