L’Universale espresso da Catullo.

di Francesco Sasso

I liber catuliano è formato da carmi di genere e metri diversi fra loro: i primi sessanta, di cui alcuni brevissimi, sono vari per metro e stile, in cui predominano argomenti legati all’esperienza personale del poeta (amori, nemici, polemica letteraria, amici); segue la parte centrale (dal 61 al 68), il gruppo dei poemi maggiori, in cui l’apparato mitologico e l’erudizione sono presenti in modo massiccio; chiudono la raccolta (cc. 69-116) gli epigrammi brevi in distici elegiaci nei quali ritornano gli argomenti legati all’esperienza personale del poeta. I carmi della prima e della terza sezione non si distinguono sostanzialmente per il contenuto, in quanto sono tutti di argomento personale. La raccolta è preceduta da una dedica a Cornelio Nipote.

Se pieni di dottrina sono i carmi dotti, di spontaneità dolorosa invece quelli autobiografici, di arguzia, di violenza, di malinconia e di vivacità quelli dedicati ai nemici e agli amici, tali da darci un perfetto quadro dell’animo di un uomo eccezionalmente geniale e sensibile. Infatti in Catullo, vita e letteratura sono strettamente legate.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.34: Non ci resta che ridere… Giancarlo Tramutoli, “L’ ultimo tram”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

 

Non ci resta che ridere… Giancarlo Tramutoli, L’ ultimo tram, San Cesario di Lecce (LE), Piero Manni Editore, 2009

«In questa nuova raccolta affiorano due tipi di suggestioni. Tutte e due giocose e leggere. Quella italiana dei Vito Riviello, Toti Scialoja, Gianni Rodari, Totò. E quella americana dei Carl Sandburg, Frank O’Hara, E. E. Cummings. Più un’estetica visionaria e comica che è quella delle strisce dei Peanuts o di certi cartoni animati della Warner Bros che son stati assai importanti nella mia formazione poetica. Invece, a liberarmi dal “poetese”, fu la lettura a diciottenni di Spoon River di Edgar Lee Masters, con quella sua lingua piana, asciutta, priva d’enfasi. A vent’anni, leggendo e rileggendo Howl di Allen Ginsberg, imparai quante possibilità pirotecniche ci sono nelle parole. L’importanza di scrivere di slancio con onestà e senza autocensure. E quanto conta il ritmo, la musica, l’intuizione. E nei beat americani, ammirai la capacità di trovare illuminazioni e pathos anche nelle piccole cose vissute tutti i giorni. E nelle poesie ruvide dell’anarchico reazionario Bukowski, apprezzai l’antilirismo come poetica. L’uso del sarcasmo come ombrello per ripararsi dal sentimentalismo sempre in agguato» (p. 79).

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Documento sul diritto (negato) al dissenso. Allen Ginsberg, “Testimonianza a Chicago”

di Francesco Sasso

Consiglio la lettura di un importante documento sul diritto (negato) al dissenso in America sul finire degli anni ’60. Il protagonista è il poeta Allen Ginsberg.

Siamo a Chicago dove si tenne dal 25 al 29 agosto la Convenzione del Partito Democratico. Lì arrivarono non solo i delegati del partito, ma anche i dimostranti: Yippi, comunisti, anarchici, socialisti, pacifisti, rivoluzionari, Flower Children, neri militanti. E con loro anche una ventina di organizzazioni.

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IL TERZO SGUARDO n.1: Il Bardo sullo schermo. Stefano Socci, “Shakespeare fra teatro e cinema”

Il primo sguardo da gettare sul mondo è quello della poesia che coglie i particolari per definire il tutto o individua il tutto per comprenderne i particolari; il secondo sguardo è quello della scrittura in prosa (romanzi, saggi, racconti o diari non importa poi troppo purché avvolgano di parole la vita e la spieghino con dolcezza e dolore); il terzo sguardo, allora, sarà quello delle arti – la pittura e la scultura nella loro accezione tradizionale (ma non solo) così come (e soprattutto) il teatro e il cinema come forme espressive di una rappresentazione della realtà che conceda spazio alle sensazioni oltre che alle emozioni. Quindi: libri sull’arte e sulle arti in relazione alla tradizione critica e all’apprendistato che comportano, esperienze e analisi di oggetti artistici che comportano un modo “terzo” di vedere il mondo … (G.P.)

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di Giuseppe Panella

 

Il Bardo sullo schermo. Stefano Socci, Shakespeare fra teatro e cinema, Firenze, Le Lettere, 2009

L’argomento è, ovviamente, sterminato. Sullo stesso tema trattato nel libro di Socci, mutatis mutandis, c’erano già stati almeno tre libri che si volevano significativi: Shakespeare e il cinema, a cura di Sergio Toffetti e Roberto Vaccino, pubblicato dall’ AIACE e dall’Assessorato per la Cultura della città di Torino nel 1979, il volume collettivo Shakespeare al cinema, a cura di Isabella Imperiali e Americo Sbardella, Roma, Bulzoni, 1985, Ombre che camminano – Shakespeare nel cinema, a cura di Emanuela Martini, Torino, Lindau, 1998 e inoltre un saggio molto importante di Guido Fink intitolato “Shakespeare sullo schermo: “un simile oggetto non esiste” (in Mettere in scena Shakespeare, a cura di Alessandro Serpieri e Keir Elam, Parma, Pratiche, 1987).

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“Scrittori dell’eccesso: Pardini e Magliani”. Postfazione di Arnaldo Colasanti a “Non rimpiango, non lacrimo, non chiamo”

 

[Per gentile concessione dell’autore Colasanti e dell’editore, pubblichiamo  la postfazione al volume  Non rimpiango, non lacrimo, non chiamo di Marino Magliani e Vincenzo Pardini, Transeuropa,  2010 (f.s) ] 

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 di Arnaldo Colasanti

1. Sarà forse eccessivo dire che la letteratura nella sua profondità parla solo di vita e di morte, ma è un fatto che Vincenzo Pardini e Marino Magliani siano scrittori dell’eccesso. La storia di Fidelco Meroli Gregotti è una preghiera detta davanti a un lume di ceri rossi, è il rosario recitato di pomeriggio quando a casa non c’è più nessuno. In queste pagine, tuttavia, non c’è chiesa, né una nicchia dove inginocchiarsi. La voce è quella sottile e rasente dei fantasmi.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.33: Luci d’inverno, solstizio di primavera. Giorgina Busca Gernetti, “Parole d’ombraluce”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Luci d’inverno, solstizio di primavera. Giorgina Busca Gernetti, Parole d’ombraluce, prefazione di Sandro Gros-Pietro, Torino, Genesi, 2006

Parole d’ombraluce è il quarto libro di poesie di Giorgina Busca Gernetti. Viene dopo un volume (Ombra della sera, Torino, Genesi, 2002) che individuava nel momento della memoria e della rievocazione del passato il suo determinante filo rosso.

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STORIA CONTEMPORANEA n.38: Quel che resta di Beckett. “Fallire ancora, fallire meglio. Percorsi nell’opera di Samuel Beckett”, a cura di Sandro Montalto

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

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di Giuseppe Panella

Quel che resta di Beckett. Fallire ancora, fallire meglio. Percorsi nell’opera di Samuel Beckett, a cura di Sandro Montalto, Novi Ligure (AL), Edizioni Joker, 2009

Samuel Beckett non cessa ancora di stupire o di affascinare i suoi lettori e i suoi studiosi. Ne è testimonianza questa importante raccolta di saggi organizzata e poi pubblicata in occasione del centenario della nascita dello scrittore di Foxrock. Un nutrito numero di pubblicazioni ha preceduto questa raccolta (ad esempio, belle monografie come quella di Annamaria Cascetta, Il tragico e l’umorismo, Firenze, Le Lettere, 2000 o cospicue raccolte di saggi come Per finire ancora. Studi per il centenario di Samuel Beckett, a cura di Gabriele Frasca, Pisa, Pacini, 2007) ma in essa il taglio della ricerca risulta particolarmente approfondito in alcune direzioni finora poco battute (almeno in Italia).

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Patrizia Vicinelli, “Non sempre ricordano”

di Francesco Sasso

Poeta della generazione successiva allo sperimentalismo tematico e stilistico dei Novissimi e del Gruppo ’63, amica e discepola di Emilio Villa e Adriano Spatola, Patrizia Vicinelli (1943-1991) si impone per l’originalità, coerente persistenza ed esistenza, e per una ricerca poetica, nei modi e nelle misure variate, delirante, nutrita di una ossessiva, autobiografica, cercata esistenzialità.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.32: Cupo d’amore e con il sogno del mito. Nicola Prebenna,”Come per acqua cupa”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

 

Cupo d’amore e con il sogno del mito. Nicola Prebenna,Come per acqua cupa, Grottaminarda (AV), Delta 3 Edizioni, 2008

Nicola Prebenna non è certo alla sua prima prova poetica. Di lui vanno ricordati almeno le liriche di Dacruma (Torino, Genesi Editrice, 2001), di In Gurgite Vasto (sempre Genesi di Torino nel 2004) e, soprattutto, l’ode … E la fiaccola… vive (Grottaminarda (AV), Delta 3 Edizioni, 2005), un’opera tutta appassionatamente dedicata all’esaltazione del mito olimpico e al rimpianto per la terra greca in cui è vissuto per alcuni anni e che ha amato allo stesso modo della propria patria italiana e irpina.

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STORIA CONTEMPORANEA n.37: Fulmini e saette, Bancomat e computer troppo saggi. A proposito di Maria Letizia Grossi, “Ci salveranno i fulmini e il deserto?”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

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di Giuseppe Panella

 

Fulmini e saette, Bancomat e computer troppo saggi. A proposito di Maria Letizia Grossi, Ci salveranno i fulmini e il deserto?, Ferrara, Laura Tufani Editrice, 2009

 Nove racconti (come quelli, più celebri, di Jerome D. Salinger) per salvare l’umanità – ma non con i mezzi consueti, utopistici o meno possano essere considerati, anzi, facendo a meno dell’intervento umano, lasciando fare alle macchine più sagge o alla Natura capace di scatenarsi al momento giusto per riaffermare il proprio diritto alla sopravvivenza messa in discussione dagli uomini stessi ormai da troppo tempo. Nove racconti fantastici. Nove racconti ironici e graffianti e, purtuttavia, toccanti e spesso molto teneri. Soprattutto racconti cinematografici, con dietro altrettanti spunti legati alla cultura cinefiliaca dell’autrice e all’immaginario ad essa egualmente collegato.

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Non c’è esperienza senza linguaggio. Tiziano Scarpa, “La vita, non il mondo”

di Francesco Sasso

Tutto accade sempre nell’esperienza. E l’esperienza ordinata su un foglio bianco è scrittura, giacché non c’è esperienza senza linguaggio. Ora, l’esperienza artistica mira a cogliere la molteplicità dei sensi racchiusa nell’esperienza umana. E’ ciò che ha tentato di fare Tiziano Scarpa scrivendo La vita, non il mondo (Laterza 2010, collana Contromano). In questo libro la Parola è il mondo. Direi meglio: è il tentativo di sondare la Parola attraverso lo sguardo dello scrittore sul mondo.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.31: Brevi flashes da altroquando. Nunzio Festa, “Dieci brevissime apparizioni (brevi prose poetiche)”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Brevi flashes da altroquando. Nunzio Festa, Dieci brevissime apparizioni (brevi prose poetiche), Faloppio (CO), LietoColle, 2009

Pur essendo giovanissimo (è nato a Matera nel 1981), Nunzio Festa ha già alle spalle una raccolta di poesie nel 2004 (E una e una, Montedit di Melegnano (MI)) e un volume di racconti (Sempre dipingo e mi dipingo. Storie di vita ballate e condite con musica, Associazione Culturale Il Foglio, Piombino (LI), 2005) e una notevole attività editoriale con la sua Edizioni Altri Media.

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STORIA CONTEMPORANEA n.36: Evoluzione della bellezza e analisi dell’Altro. Letizia Lanza, “Mirabile bruttezza”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

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di Giuseppe Panella

 

Evoluzione della bellezza e analisi dell’Altro. Letizia Lanza, Mirabile bruttezza, premessa di Armando Pajalich, Padova, Studio Editoriale Gordini, 2008

Dalla Grecia arcaica alla letteratura di anticipazione, l’evoluzione del concetto di Bello e la consentanea capacità ad esso di apprezzare la bellezza vengono letti attraverso l’evoluzione del Brutto passando attraverso il Mostruoso, il Terribile, l’Orroroso – tutte quelle categorie che risultano essere l’Altro rispetto a quel concetto di Armonia che, per questo motivo, esse infrangono e che per i Greci, invece, era la dimostrazione della contiguità e coincidenza di Buono e, appunto, di Bello (la kalocagathia – come voleva Platone, ad esempio). L’Armonia è la sintesi di etica ed estetica che l’avvento di qualcosa di totalmente diverso sembrano rimettere ogni volta in discussione.

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Il piacere di leggere ovvero la scrittura impossibile. “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino

 

di Giovanni Inzerillo

 

Il piacere di leggere ovvero la scrittura impossibile. Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino.

 

     Pubblicato nel 1979 e presto diventato un caso letterario internazionale, il testo di Calvino non può essere facilmente definito come un romanzo in senso stretto. Sebbene il Novecento ci abbia abituato alla frammentarietà -fu la Coscienza sveviana il primo vero romanzo moderno in netto contrasto con la tradizione-, alla metaletteratura, allo sperimentalismo e al citazionismo, questo testo sembra andare oltre.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.30: Scrittura lirica e scelta etica nella poesia di Renzo Ricchi. A proposito di “La cetra d’oro (Poesie 1950-2005)”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

 

Scrittura lirica e scelta etica nella poesia di Renzo Ricchi. A proposito di La cetra d’oro (Poesie 1950-2005), Lanciano (CH), Rocco Carabba, 2007

Renzo Ricchi apprezza parecchio, evidentemente, la prospettiva di pubblicare proprie auto-antologie che raccolgono testi scritti in anni anche parecchio lontani dato che quest’ultima La cetra d’oro (Poesie 1950-2005) stampata per i tipi di Rocco Carabba di Lanciano nel 2007 è la sua terza pubblicazione realizzata in quest’ottica.

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