IL TERZO SGUARDO n.8: Sottratto all’oblio. Mirko Grasso, “Cinema primo amore. Storia del regista Antonio Marchi”

Il primo sguardo da gettare sul mondo è quello della poesia che coglie i particolari per definire il tutto o individua il tutto per comprenderne i particolari; il secondo sguardo è quello della scrittura in prosa (romanzi, saggi, racconti o diari non importa poi troppo purché avvolgano di parole la vita e la spieghino con dolcezza e dolore); il terzo sguardo, allora, sarà quello delle arti – la pittura e la scultura nella loro accezione tradizionale (ma non solo) così come (e soprattutto) il teatro e il cinema come forme espressive di una rappresentazione della realtà che conceda spazio alle sensazioni oltre che alle emozioni. Quindi: libri sull’arte e sulle arti in relazione alla tradizione critica e all’apprendistato che comportano, esperienze e analisi di oggetti artistici che comportano un modo “terzo” di vedere il mondo … (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Sottratto all’oblio. Mirko Grasso, Cinema primo amore. Storia del regista Antonio Marchi, con una prefazione di Adriano Aprà, una nota critica di Paolo Simoni e un ricordo di Bernardo Bertolucci, Calimera (Lecce),  Kurumuny Editore, 2010

«Elegante e misterioso. Così mi appariva Antonio Marchi da bambino. Capitava a pranzo da noi di domenica, nella luce marina degli anni Cinquanta. Sono stato geloso di lui. Pensavo piacesse a mia madre. A tredici anni volevo picchiarlo. Fu la mia prima pulsione erotica cinematografica. Se sono diventato regista di film è stato per imitare Antonio Marchi» (p. 7).

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STORIA CONTEMPORANEA n.47: Gli strani incroci del Tempo. Giancarlo Micheli, “La grazia sufficiente”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei. (G.P)

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di Giuseppe Panella

Gli strani incroci del Tempo. Giancarlo Micheli, La grazia sufficiente, Pasian di Prato (UD), Campanotto Editore, 2010

Chi crede che la Storia abbia un senso o che la filosofia della storia possa essere considerata non soltanto come una teoria astratta pensa che in essa avvengano incontri incroci e contatti che altrimenti non sarebbero spiegabili. Il nuovo romanzo di Giancarlo Micheli vive di questi incroci (quello tra cultura occidentale e modo di vita orientale) e di questi contatti (tra abitanti del Giappone e commercianti olandesi, ad esempio). Vive anche di una riflessione sulla natura della Grazia che oggi potrebbe sembrare di certo surenné se il suo argomento non fosse sempre di attualità e basato su una domanda ineludibile per ognuno di noi: cosa succederà di noi una volta passati a miglior vita? Saremo salvati e redenti o sommersi dal cumulo infinito delle nostre colpe nei confronti del Creatore delle nostre esistenze?  In Olanda, dalla metà del Cinquecento fino a tutto il Seicento, nell’epoca di Hugo Grozio e di Baruch Spinoza, la disputa sulla predestinazione e sulla salvezza dell’umanità tiene banco sul fronte teologico e giunge ad infiammare gli animi fino al calor bianco delle accuse di eresia e di ateismo. Il problema della “grazia sufficiente” alla salvezza finale dell’uomo vede fronteggiarsi due posizioni opposte e in violenta lotta tra di loro.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.45: Dolce maestra di poesia. Annalisa Macchia, “La luna di Cézanne”; “A scuola di poesia. Per capirla, per spiegarla, per scriverla, per amarla”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Dolce maestra di poesia. Annalisa Macchia, La luna di Cézanne, prefazione di Plinio Perilli, Napoli, Kaírós Edizioni, 2008; Annalisa Macchia, A scuola di poesia. Per capirla, per spiegarla, per scriverla, per amarla, prefazione di Franco Manescalchi, Firenze, Florence Art Edizioni, 2009

La luna di Cézanne è del 2008 – un libro di liriche e di emozioni trasformate in scrittura che arriva come un colpo di scena ben orchestrato dopo molti anni d’attesa. Certo nel 2004 era uscito, per la Casa Editrice ETS di Pisa, La stanza segreta, una raccolta ben orchestrata di liriche e di abbozzi poetici ben ripiegati all’interno di una soggettività mai doma e qui esibita con fierezza come con modestia e pudore, ma l’Autrice sembrava, in realtà, consegnata a tutt’altro destino. Dopo un’eccellente ricostruzione storica quale era stata la ricerca su Pinocchio in Francia (pubblicata nei Quaderni della Fondazione Nazionale “Carlo Collodi” a Pescia nel 1978) e proseguimento ideale della sua tesi di laurea, Annalisa Macchia sembrava interamente destinata alla letteratura per l’infanzia e ne fanno fede alcuni suoi piccioli libri come La gattina dalla coda blu, La formica giramondo, Il fantasmino, Il pesce palla e la nave pirata (Firenze, Piero Chegai Editore, 2002) e Mondopiccino (Firenze, Florence Art Edizioni, 2004). Il precedente libro di liriche, di conseguenza, sembra costituire un unicum e non l’inizio di un nuovo (e più ricco) percorso.

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FRANCESCO ORLANDO. Un ricordo, uno spunto di discussione.

di Giuseppe Panella

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«… perché era un vero poeta e del partito del diavolo senza saperlo»

(William Blake, Il matrimonio del cielo e dell’inferno)

1. E’ ormai evidente che sto diventando vecchio per il fatto che continuo a ripetere sempre più spesso che “mi ricordo, sì, mi ricordo…”. Eppure casi recenti come la scomparsa di un maestro della critica e della teoria letteraria come Francesco Orlando non possono che scatenare in me una ridda di ricordi che vanno sempre più indietro nel racconto della mia vita.

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IL TERZO SGUARDO n.7: Accoppiamenti giudiziosi. Aa. Vv. “Foucault-Marx. Paralleli e paradossi”, a cura di Rudy M. Leonelli

Il primo sguardo da gettare sul mondo è quello della poesia che coglie i particolari per definire il tutto o individua il tutto per comprenderne i particolari; il secondo sguardo è quello della scrittura in prosa (romanzi, saggi, racconti o diari non importa poi troppo purché avvolgano di parole la vita e la spieghino con dolcezza e dolore); il terzo sguardo, allora, sarà quello delle arti – la pittura e la scultura nella loro accezione tradizionale (ma non solo) così come (e soprattutto) il teatro e il cinema come forme espressive di una rappresentazione della realtà che conceda spazio alle sensazioni oltre che alle emozioni. Quindi: libri sull’arte e sulle arti in relazione alla tradizione critica e all’apprendistato che comportano, esperienze e analisi di oggetti artistici che comportano un modo “terzo” di vedere il mondo … (G.P.)

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di Giuseppe Panella


Accoppiamenti giudiziosi. Aa. Vv. Foucault-Marx. Paralleli e paradossi, a cura di Rudy M. Leonelli, Roma, Bulzoni, 2010

Non è ancora possibile stabilire oggi che cosa sopravviverà dell’opera di Michel Foucault. Sono ormai trascorsi fortunatamente i tempi delle sterili polemiche sul valore oggettivo della sua opera. Non è più neppure l’epoca in cui venivano apprezzati, anche in Italia, saggi francamente inutili nel loro desiderio di sottoporre il pensiero del filosofo francese a una critica tanto serrata quanto inutilizzabile (penso, ad esempio, a un libro “sbagliato”, anche se bene informato e ben articolato, come quello di José Guilherme Merquior, Foucault, trad. it. di S. Maddaloni, Roma-Bari, Laterza, 1988).  La ricostruzione filologica dei suoi scritti e delle sue posizioni teoriche è ormai in via di completamento. Ma fin d’ora si può ragionevolmente sostenere che il nodo costituito dai rapporti di filiazione teorica tra Marx e Foucault sarà sicuramente occasione di un dibattito fervoroso e intenso non soltanto a livello di escussione erudita dei testi. Questa raccolta di saggi dedicata ai paralleli e ai paradossi presenti nel nodo problematico Foucault-Marx apre a una nuova e fruttuosa dimensione della riflessione in questo ambito. Frutto di un convegno tenutosi presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Bologna il 24 novembre 2005, il libro va sicuramente al di là di una pura pubblicazione (doverosa certo ma polverosa nei risultati) degli atti di un incontro accademico.

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POSTILLA: Valerio Magrelli, “Poesie (1980-1992) e altre poesie”

di Francesco Sasso

Poesie (1980-1992) e altre poesie riunisce in un solo volume le prime tre raccolte poetiche di Valerio Magrelli (Roma, 1957): Ora serrata retinae (1980), Nature e venature (1987), Esercizi di tiptologia (1992).

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STORIA CONTEMPORANEA n.46: La scrittrice dimenticata e il posto delle rose. Dolores Prato, “Campane a San Giocondo”; Noemi Paolini Giachery, Le “mani tese” di Dolores

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei. (G.P)

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di Giuseppe Panella


La scrittrice dimenticata e il posto delle rose. Dolores Prato, Campane a San Giocondo, a cura di Noemi Paolini Giachery, Roma, Avagliano, 2009; Noemi Paolini Giachery, Le “mani tese” di Dolores, Roma, Edizioni Graphisoft, 2008

Il nome di Dolores Prato non è mai stato molto famoso in Italia. Quando nel 1980 Natalia Ginzburg fece stampare da Einaudi, nella collana dei Nuovi Coralli, il testo, da lei curato e abbondantemente sforbiciato di Giù la piazza non c’è nessuno, il libro ebbe certamente un po’ di successo ma non poi così tanto dato che non venne poi più ristampato.

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DOPO SARAMAGO. Scrittura e laicità in un narratore del Novecento

«Tel qu’en Lui-même enfin l’éternité le change, / Le Poète suscite avec un glaive nu /
Son siècle épouvanté de n’avoir pas connu / Que la mort triomphait dans cette voix étrange !»

(Stephane Mallarmè, Le Tombeau de Edgar Poe)

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di Giuseppe Panella

Se c’è qualcosa che colpisce immediatamente chi legge i romanzi, le poesie o i testi saggistici e diaristici di José Saramago è il senso di assoluta laicità che essi promanano. Laicità, non laicismo o i vecchi stilemi dell’anticlericalismo d’antan che ancora si trovano (e pullulano) nelle res gestae pubbliche e private degli esecratori dell’Infame (per ripetere il motto di Voltaire nel momento in cui esortava i popoli a écraser la Chiesa Cattolica e i Gesuiti). Saramago non ha esitato a criticare il cattolicesimo bacchettone della società cattolica del Portogallo prima e dopo Salazar, non si è fatto scrupolo di entrare in contrasto con la cultura di sinistra cui pure apparteneva e di distaccarsene quando essa ha raggiunto le vette del potere e non si peritava certo di dire la verità apertamente a chi si trovava di fronte anche se era un ministro o un ambasciatore (ne sono testimonianza non solo gli attacchi espliciti e verticali a Berlusconi e i suoi epigoni italiani ma anche diversi episodi piuttosto vibranti riferitimi da una persona fededegna). Saramago ha scritto quello che pensava e quello che riteneva opportuno riesplorando le pagine più o meno note della storia portoghese che lo interessavano.La sua produzione è amplissima e non ancora esplorata (almeno in Italia): i volumi di diario e appunti vari, sorta di zibaldoni di grande interesse non solo umano che lo scrittore portoghese ha lasciato con il titolo di Cuadernos de Lanzarote non sono ancora stati tradotti in italiano e così pure una parte dei contributi usciti nel suo blog, uno strumento di comunicazione diretta che egli privilegiava nell’ultimo periodo (l’ultimo di essi reca la data del 20 febbraio 2010).

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.44: Un requiem per tutti. Francesca Ruth Brandes, “Trasporto”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Un requiem per tutti. Francesca Ruth Brandes, Trasporto, Faloppio (Como), LietoColle Edizioni, 2009

Al termine di questo breve ma intensissimo “libriccino da collezione” di poesie (così definisce le proprie pubblicazioni il suo meritevole editore), si trova una LEGENDA che merita di essere riportata per intero:

«Trasportare, trasportarsi, migrare. Con il corpo, alla ricerca della terra, o comunque di un luogo in cui mettere radici. Con la testa, in quell’impercettibile sfasatura che chiamiamo indagine sul senso delle cose.

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IL TERZO SGUARDO n.6: L’avventura italiana di Sherlock Holmes. Luca Martinelli, “Il palio di Sherlock Holmes”

Il primo sguardo da gettare sul mondo è quello della poesia che coglie i particolari per definire il tutto o individua il tutto per comprenderne i particolari; il secondo sguardo è quello della scrittura in prosa (romanzi, saggi, racconti o diari non importa poi troppo purché avvolgano di parole la vita e la spieghino con dolcezza e dolore); il terzo sguardo, allora, sarà quello delle arti – la pittura e la scultura nella loro accezione tradizionale (ma non solo) così come (e soprattutto) il teatro e il cinema come forme espressive di una rappresentazione della realtà che conceda spazio alle sensazioni oltre che alle emozioni. Quindi: libri sull’arte e sulle arti in relazione alla tradizione critica e all’apprendistato che comportano, esperienze e analisi di oggetti artistici che comportano un modo “terzo” di vedere il mondo … (G.P.)

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di Giuseppe Panella


L’avventura italiana di Sherlock Holmes. Luca Martinelli, Il palio di Sherlock Holmes, con una postfazione di Enrico Solito, Milano, Edizioni Alacrán, 2009, pp. 175, euro 12, 50

Il Palio non lo vedrà perché troppo impegnato a risolvere il suo caso italiano, ma Siena gli rimarrà nel cuore come una delle città più belle d’Europa.

La tentazione dell’apocrifo prende, una volta o l’altra nella vita, tutti i lettori e gli appassionati (per non dire i fanatici) delle avventure del personaggio creato da Sir Arthur Conan Doyle.

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STORIA CONTEMPORANEA n.45: La musica da dentro. Achille Maccapani, “Bacchetta in levare”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei. (G.P)

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di Giuseppe Panella

La musica da dentro. Achille Maccapani, Bacchetta in levare, Torino, Marco Valerio, 2010

Dopo la storia, il romanzo del presente. Questo di Maccapani è il romanzo, anzi la storia, di un concerto felice e riuscito. Un concerto che è in grado, grazie al lavoro di scavo sul testo musicale e di introspezione in se stesso effettuato dal direttore d’orchestra, di cambiare la vita che resta al suo primo esecutore. Enrico Liverani, anziano direttore d’orchestra e vedovo inconsolabile della moglie Giuliana, compagna di una vita, decide di abbandonare le scene dopo una trionfale esecuzione della Traviata di Verdi avvenuta al Festival di Salisburgo. Il direttore d’orchestra, sostenitore di una linea classica di fedeltà al libretto originale e, quindi, in rotta con la vague attualmente imperante che tende, invece, a scavalcarlo in nome della creatività artistica del regista (di solito – va detto – di provenienza cinematografica), decide di non lavorare più e di non dirigere ancora alcunché. Si rifugia tra le colline della Liguria in un luogo splendido ma remoto e piuttosto isolato (in un suo buen retiro, insomma) e trascorre le sue giornate in solitudine. Medita, scava, trascorre e analizza la partitura della Sinfonia n. 8 di Anton Bruckner nella revisione del 1890 ad opera di Leopold Nowak (ne esiste, infatti, anche un’altra curata da Robert  Haas che ne fu, in effetti, il primo curatore).

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MOSTRI MARINI IN AVVISTAMENTO. Note sulla poesia di Roberto Corsi. Saggio di Giuseppe Panella

 

Il libro di Roberto R. Corsi– ebook gratuito – può essere prelevato da questa pagina:

http://www.ebook-larecherche.it/ebook.asp?Id=48

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di Giuseppe Panella

   

«Poesia per accompagnare l’avanzata d’una recitazione in onore del Mare. Poesia per assistere il canto d’una marcia, lungo le rive del Mare. Come il rituale giro d’altare e la gravitazione del coro sull’arco della strofe. // Ed è un canto di mare come non ne furono mai cantati, ed è il Mare in noi che lo canterà. / Il Mare, in noi portato, fino alla sazietà del soffio e alla perorazione del soffio, / Il Mare, portante in noi il suo fruscio serico del largo e tutta la sua grande freschezza d’improvvisa fortuna per il mondo. // Poesia per placare la febbre d’una veglia lungo il periplo del mare. Poesia per vivere meglio la nostra veglia nella delizia del mare. // Ed è un sogno in mare come non ne furono mai sognati, ed è il Mare in noi che lo sognerà…»

(Saint-John Perse, Segnali di mare)

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.43: La rivolta degli angeli. Roberto Maggiani, “Angeli in volo” (su fotografie di Paolo Maggiani)

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella


La rivolta degli angeli. Roberto Maggiani, Angeli in volo (su fotografie di Paolo Maggiani),  Salerno, Edizioni L’Arca Felice, 2010

«Avere accolto tutto e cessare di conoscere! Avevo la pesantezza del tempo, il colore dell’estate, / che cosa dunque? Io fui la vita, e fra poco / smetterò di essere / per tutta l’eternità! // Ho voluto vivere per esaurire il mio coraggio, / per provare pietà, / per amare sempre, / per soccorrere l’umanità di generazione / in generazione, / poiché l’ambizione non è che un più / lungo amore…»

scrive Anne de Noailles nella sua bellissima poesia I vivi e i morti (qui accolta come esergo nella buona traduzione di Giuliano Brenna).

La morte come fine dell’ambizione di esistere, la vita come prova dei sentimenti e delle passioni, l’amore come soccorso reciproco dei viventi…

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Un mondo naturale che tende a travolgere le sue creature. Antonio Pizzuto, “Sinfonia (1927)”

di Francesco Sasso

Diamo notizia della pubblicazione di Sinfonia (1927) di Antonio Pizzuto, a cura di Antonio Pane, edito da Lavieri. Il libro ha lo stesso titolo di quello scritto nel 1923 e di quello del 1964-66:

«la composizione del libro contempla tre fasi distintive: la prima stesura manoscritta, allestita fra il giugno 1927 e il settembre 1928; la campagna correttoria manoscritta (ad inchiostro stilografico viola) nel settembre-ottobre 1928; la successiva redazione dattiloscritta, conclusa il 19 novembre 1928» (Nota al testo, p.120)

Sinfonia (1927) non ha ancora perduto i suoi connotati narrativi, come invece accadrà nei successivi libri di Pizzuto. In Sinfonia il “raccontare” è allucinazione verbale, richiamo metaforico della vita che balena sulla pagina in frammenti misteriosi e sotterranei.

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IL TERZO SGUARDO n.5: Le rappresentazioni di Narciso. Marco Fulvi, “Il tempo di Narciso”, una mostra di pittura presso il Museo di San Francesco a Greve in Chianti, dal 22 maggio al 6 giugno 2010

Il primo sguardo da gettare sul mondo è quello della poesia che coglie i particolari per definire il tutto o individua il tutto per comprenderne i particolari; il secondo sguardo è quello della scrittura in prosa (romanzi, saggi, racconti o diari non importa poi troppo purché avvolgano di parole la vita e la spieghino con dolcezza e dolore); il terzo sguardo, allora, sarà quello delle arti – la pittura e la scultura nella loro accezione tradizionale (ma non solo) così come (e soprattutto) il teatro e il cinema come forme espressive di una rappresentazione della realtà che conceda spazio alle sensazioni oltre che alle emozioni. Quindi: libri sull’arte e sulle arti in relazione alla tradizione critica e all’apprendistato che comportano, esperienze e analisi di oggetti artistici che comportano un modo “terzo” di vedere il mondo … (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Le rappresentazioni di Narciso. Marco Fulvi, Il tempo di Narciso, una mostra di pittura presso il Museo di San Francesco a Greve in Chianti, dal 22 maggio al 6 giugno 2010

Narciso è “il vero scopritore della pittura” – scrive Leon Battista Alberti nel suo De Pictura che è del 1436. Per il grande umanista vissuto nell’epoca della Firenze dei Medici, il giovane bellissimo e dal corpo scultoreo ambito dalle ninfe non scopre tanto (o soltanto) la perfetta imitazione della sua immagine fino ad innamorarsi perdutamente di essa quanto perché riconosce se stesso in quanto immagine ed è questo a distruggerlo come essere vivente. Attraverso la conoscenza di sé come rappresentazione e quindi ombra, Narciso cessa di essere creatura vivente e sprofonda nel regno delle ombre, dei sogni, delle immagini riflesse in uno specchio che, tuttavia, gli rimanda indietro una forma inesatta di ciò che è in realtà.

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STORIA CONTEMPORANEA n.44: Tommaso Landolfi e i suoi lettori. “Scuole segrete. Il Novecento italiano e Tommaso Landolfi”, a cura di Andrea Cortellessa

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei. (G.P)

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di Giuseppe Panella

Tommaso Landolfi e i suoi lettori. Scuole segrete. Il Novecento italiano e Tommaso Landolfi, a cura di Andrea Cortellessa, Torino, Nino Aragno Editore, 2009

A Tommaso Landolfi non sono mai andate troppo (o del tutto) le simpatie dei lettori. Infatti, egli è rimasto (quasi sempre) uno “scrittore per scrittori”, amato per lo stile ma non per il carattere, per certe sue invenzioni verbali e non per la potenza espressiva di trame e pathos scrittorio. In buona sostanza, Landolfi è uno scrittore che piaceva (e probabilmente piace ancora) a chi ama la scrittura e il suo gioco di incastro sulla pagina, non a chi legge perché appassionato e/o avido soltanto di sapere come un libro (specie un romanzo) vada a finire…

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Il piacere di frequentare le librerie. “Milano città di libri”, a cura di Anna Albano

di Francesco Sasso

Offrire più servizi personalizzati è la strada oggi battuta per lo più dai librai indipendenti per superare la concorrenza delle grandi catene di distribuzione. Il pubblico del libro domanda informazione, partecipazione, attenzione alle proposte di qualità e dei piccoli editori. Infine c’è il piacere di frequentare le librerie, la possibilità di una consultazione tranquilla del libro, l’amichevole consuetudine con un certo libraio.

Sarebbe quindi opportuno lavorare per il potenziamento delle librerie indipendenti sul territorio (le librerie di quartiere, per esempio), in modo tale, in prospettiva, a medio e lungo termine, da formare un tessuto in grado di ricostruire in termini nuovi la base dei lettori. Per questo motivo è importante conoscere le librerie distribuite sul territorio. Un’operazione che muove in questa direzione è la nuova guida Milano città di libri. Guida alle librerie e ai librai indipendenti di Milano (Nda press, 2010) a cura di Anna Albano.

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