Democrazia liberale e schiavitù. Luciano Canfora, “La democrazia. Storia di una ideologia”

Luciano Canfora, La democrazia. Storia di una ideologia, Bari, Laterza, 2008
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di Antonino Contiliano

ll principio della necessità della schiavitù
ne’ popoli precisamente liberi, è verissimo.
Leopardi, Zibaldone

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In questa opera – La democrazia. Storia di una ideologia – Canfora tratta della democrazia e del suo rapporto con la libertà all’interno della storia delle idee – ideo-logia – e del suo cammino attraverso la nascita delle istituzioni che ne hanno ordinato la convivenza non pacifica. Il percorso fatto dall’autore copre l’intero tragitto che va dagli esordi greci fino alla nuova carta costituzionale dell’Unione Europea, quella che ai nostri giorni i partiti costituenti hanno messo a punto a Strasburgo.

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SPECIALE GUIDO MORSELLI N.6: “ANTONIO PORTA LEGGE GUIDO MORSELLI. Quattro recensioni”, a cura di Francesco Sasso

di Francesco Sasso

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Indubbiamente, Guido Morselli non ha ricevuto in vita il giusto riconoscimento. A riguardo, Vittorio Coletti [1] parla di «sfasatura ideologica» e di codici narrativi. Infatti, non possiamo qui ignorare che Guido Morselli ha messo in discussione ogni certezza della sua epoca, rifiutando, ad esempio, il contemporaneo idealismo filosofico, così come ogni realismo o materialismo storico. Mentre sul piano letterario, Morselli prende le distanze dalle correnti letterarie dell’epoca: dal Neorealismo e dall’Avanguardia.

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STORIA CONTEMPORANEA n.58: Breve la felice vita di…Stefania Nardini, “Jean-Claude Izzo. Storia di un marsigliese”

Breve la felice vita di…Stefania Nardini, Jean-Claude Izzo. Storia di un marsigliese, Bologna, Alberto Perdisa Editore (PerdisaPop), 2010
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di Giuseppe Panella*

«Marsiglia non è soltanto una mescolanza di razze. Ma di sentimenti. I ragazzi seduti ai caffè a leggere vecchi libri acquistati nelle piccole botteghe dell’usato, un clochard che ti fa ascoltare la sua musica a Notre Dame du Mont, il piatto di minestra se hai avuto un lutto, o il tizio che vuole rifilarti un oggetto tombé du camion, caduto dal camion. Marsiglia è il mare al mattino, le spiagge della Corniche, dove chi passa si stende sull’erba per godersi un raggio di sole. Marsiglia è negli occhi della gente. Perché solo nella gente si può leggere una città dove, a volte, il tempo sembra fermarsi anche quando c’è un ingorgo a Castellane o sulla Canebière. Inizio così la grande avventura della trilogia che farà di Jean-Claude Izzo uno tra i più grandi autori di noir» (pp. 130-131).

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IL TERZO SGUARDO n.16: Fenomenologia di un soggetto letterario. Jules-Amédée Barbey d’Aurevilly, “Il Gran Dandy. Il dandismo e George Brummell”

Fenomenologia di un soggetto letterario. Jules-Amédée Barbey d’Aurevilly, Il Gran Dandy. Il dandismo e George Brummell, trad. it. e cura di Stefano Lanuzza, Viterbo, Stampa Alternativa / Nuovi Equilibri, 2010

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di Giuseppe Panella*

Il dandy è una figura eminentemente letteraria. Su questo, i suoi studiosi concordano da sempre. Il “vero” dandysmo è quello letterario – ammonisce Roger Kempf in un suo libro famoso (Dandies – Baudelaire e amici. Il culto della differenza nell’epoca dell’uniforme, trad. it. di R. Mainardi, Milano, Bompiani, 1980). La figura del dandy è la creazione di alcuni poeti e scrittori che si riconoscevano in un determinato modo di intendere la scrittura e la vita letteraria, primo fra tutti Charles Baudelaire. Eppure dandies autentici ce ne sono stati e sono stati loro a ispirare i letterati che si sono addossati il compito di campirne la fenomenologia letteraria. Il modello indubitabile di maestro di dandismo compete sicuramente a George Bryan Brummell, meglio conosciuto allora e adesso come il Beau Brummell, il bello per antonomasia.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.54: Il muro del silenzio. Mariagrazia Carraroli, “N.O.F. 4. Centottandue metri di follia”

Il muro del silenzio. Mariagrazia Carraroli, N.O.F. 4. Centottandue metri di follia. Azione teatrale tratta dalla vita vissuta di Nannetti Oreste Fernando, prefazione di Davide Rondoni, immagini di Luciano Ricci, Sasso Marconi (BO), Le Voci della Luna, 2010

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di Giuseppe Panella*

Oreste Fernando Nannetti si firmava N. O. F. 4 (il 4 sta per quarto padiglione del Manicomio di Volterra). Quest’uomo, un elettricista di Roma probabilmente rinchiuso nel Manicomio criminale volterrano per effetto di una denuncia effettuata per vendetta da qualche fascista suo nemico, ha trascorso tutta la sua vita adulta dal 1943 fino alla morte avvenuta in quello stesso luogo il 24 gennaio 1994 nel Manicomio comune: nessuno volle più occuparsi di lui dopo l’arresto e la detenzione e la casa di cura divenne l’unico luogo nel quale poter trascorrere la propria esistenza. Durante tutti quegli anni, N. O. F. 4 incise l’intonaco del cortile del suo reparto scavandolo con la fibbia del suo panciotto d’ordinanza. Tutto questo per sedici anni senza fermarsi mai. Il risultato del suo impegno artistico fu un graffito unico, lungo centottantasue metri e alto un metro e sessanta, in cui risultano mescolati disegni e parole e narrazioni della sua vita, delle sue proiezioni oniriche, della sua visione del mondo. Il muro graffito è attualmente in disfacimento ma della sua forza espressiva sono testimonianza le foto dell’intera sequenza conservate nel Musée de la Collection de l’Art Brut di Losanna. Ha scritto Davide Rondoni nella sua breve quanto efficace Prefazione (La giustizia della poesia) al testo teatrale della Carraroli che:

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STORIA CONTEMPORANEA n.57: Sulla commistione dei generi. Aa. Vv. “Sul filo del rasoio”, a cura di Gianfranco De Turris

Sulla commistione dei generi. Aa. Vv. Sul filo del rasoio, a cura di Gianfranco De Turris, Milano, Mondadori (Supergiallo), 2010

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di Giuseppe Panella*

Potrebbe sembrare la risposta immediata di Gianfranco De Turris all’antologia di fantascienza “di sinistra” intitolata  Ambigue utopie. 19 racconti di fantascienza (a cura di Gian Filippo Pizzo e Walter Catalano, Milano, Bietti, 2010) con le finalità della quale aveva già polemizzato con vigore sulle colonne de “Il Giornale” quando era appena uscita nel maggio 2010.

Ovviamente, non si tratta di questo. Il proposito di De Turris in questa raccolta, evidentemente approntata da tempo, è quello – dichiarato – di ibridare i diversi generi (poliziesco, horror, letteratura di anticipazione) per evitare di ricadere all’interno dei soliti clichés ormai invalsi ed entrati, anche proficuamente, nell’uso comune letterario.

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IL TERZO SGUARDO n.15: Le immagini ontologiche del trauma. Giuseppe Genna, “Assalto a un tempo devastato e vile. Versione 3.0”

Le immagini ontologiche del trauma. Giuseppe Genna, Assalto a un tempo devastato e vile. Versione 3.0, Roma, Minimum Fax, 2010

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di Giuseppe Panella*

E’ la terza volta che prendo in mano questo libro cult di Giuseppe Genna. La prima volta (nell’edizione PeQuod del 2001) l’ho soltanto sfogliato in una libreria (ben fornita) di Pisa; la seconda volta (nell’edizione Oscar Mondatori 2002) l’ho letto con molta attenzione; la terza volta, questa (edizione Minimum Fax 2010) ho preferito concentrarmi su alcuni punti dell’opera che mi sono sembrati i più significativi, i più discutibili (in senso positivo, s’intende).

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.53: Il mondo che non c’è (… e forse non c’è stato mai). Salvatore Salvatore, “Figli dell’allodola”

Il mondo che non c’è (… e forse non c’è stato mai). Salvatore Salvatore, Figli dell’allodola, con una Presentazione di Francesco D’Episcopo e le illustrazioni di Giovanni Spiniello, Grottaminarda (AV), Delta 3 Edizioni, 2010

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di Giuseppe Panella*

Il Sud è sempre quello di un tempo oppure è cambiato in maniera irreversibile? E’ la domanda che il poeta irpino si pone in prima istanza e per rispondere alla quale si mostra subito intento a rammemorare, calmo e quasi assopito in un disegno di oniria lirica, un tempo che forse non c’è mai stato e che oggi non è più presente se non nei ricordi di una gioventù trascorsa.

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Lettera aperta di Lietta Manganelli per un Centro Studi “Giorgio Manganelli”

Cari amici,

quest’anno cade l’anniversario dei vent’anni dalla morte di Giorgio Manganelli, scrittore, giornalista e quant’altro, nonché mio padre. Quindi quest’anno saranno organizzati diversi eventi per ricordarlo e per, si spera, farlo conoscere a chi ancora non lo conosce. Il mio sogno è sempre stato quello di “snicchiarlo” (chissà se questa espressione gli sarebbe piaciuta), cioè di toglierlo da quella “nicchia” in cui è stato messo vuoi per la sua obiettiva difficoltà, vuoi per la sua indubbia “scomodità”.

(continua a leggere la lettera aperta di Lietta Manganelli su La poesia e lo spirito)

UN NOBEL PER TUTTE LE STAGIONI. Vargas Llosa e la passione per la scrittura

«Le seul moyen de supporter l’existence, c’èst de s’étourdir dans la littérature comme dans une orgie perpétuelle»

(Gustave Flaubert, lettera del 4 settembre 1858 a Mademoiselle Leroyer de Chantepie)

 

 

di Giuseppe Panella

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1. La vocazione del narratore

In un piccolo libro del 1997 il cui titolo fa il verso a quello, certo più celebre, di Rainer  Maria Rilke, Lettere a un aspirante romanziere, Mario Vargas Llosa, oggi fresco Nobel per la Letteratura, si concedeva delle affermazioni abbastanza provocatorie e, nello stesso tempo, non prive di buon senso psicologico riguardo la natura della scrittura letteraria. Al suo interlocutore fittizio che gli chiedeva consigli su come scrivere buoni romanzi, lo scrittore di Arequipa rispondeva con una certa baldanza:

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RISORSE ON LINE: Biblioteca Italiana (BibIt)

Biblioteca Italiana (BibIt) è una biblioteca digitale di testi rappresentativi della tradizione culturale e letteraria italiana dal Medioevo al Novecento, promossa dal “Centro interuniversitario Biblioteca italiana telematica” (CiBit), e gestita dalla sua unità attiva presso l’Università di Roma “La Sapienza”, con il supporto del progetto “Biblioteca Digitale Italiana” (BDI, http://www.iccu.sbn.it/bdi.html) del Ministero per i beni e le attività Culturali.

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IL TERZO SGUARDO n.14: Il secolo degli impostori e dei demiurghi. Beatrice Craveri, “Maria Antonietta e lo scandalo della collana”

Il secolo degli impostori e dei demiurghi. Beatrice Craveri, Maria Antonietta e lo scandalo della collana, Milano, Adelphi, 20092


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di Giuseppe Panella*

«La più buffa delle commedie che abbia mai colpito il mondo» – così Stefan Zweig ha definito il cosiddetto “affare della regina”. Ricapitoliamo quella storia un tempo tanto famosa che Wolfgang Goethe, dopo un viaggio in Sicilia e un colloquio accorato dolente e parodistico con la madre di Giuseppe Balsamo, il famigerato Alessandro conte di Cagliostro, si sentì in dovere di scriverci su un libretto d’opera (Die Mystificierte) che non andò in porto per deficienze dovute alla parte musicale (i due compositori cui l’opera era stata affidata, l’amico zurighese Philipp Kaiser e il Kapellmeister Reichardt non portarono a termine le parti necessarie alla sua realizzazione) e poi un testo teatrale “buffo” messo in scena nel 1791 dal titolo Der Gross-Kofta, Il Gran Cofto, nome assunto da Cagliostro nell’ambito della loggia massonica da lui fondata e intitolata al “rito egiziano”. La pièce ebbe scarsissimo successo (come molti dei testi teatrali di Goethe, peraltro).

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STORIA CONTEMPORANEA n.56: Viaggio al termine dell’oblio. Marina Alberghini, “Louis-Ferdinand Céline gatto randagio”

Viaggio al termine dell’oblio. Marina Alberghini, Louis-Ferdinand Céline gatto randagio, Milano, Mursia, 2009

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di Giuseppe Panella*

Le biografie del dottor Destouches-Céline sono di solito, et pour cause, molto voluminose (ne fa fede la vita in tre grossi volumi pubblicata dalla casa editrice Mercure de France con il semplice titolo di Céline e redatta da François Gibault, l’avvocato ammiratore dello scrittore francese che l’ha raccontata dettagliatamente). D’altronde, sull’autore del Voyage au bout de la nuit c’è ancora, sempre, comunque, molto da dire. La sua vita e la sua opera sono temi sterminati e difficili da riassumere.

Non è facile provarsi, allora, a sintetizzare un libro colossale come questo di Marina Alberghini. Forte delle sue millecentocinquantacinque pagine, esso non percorre soltanto la vita complessa e ricchissima di avvenimenti anche spettacolari di Louis-Ferdinand Destouches meglio noto con lo pseudonimo di Céline (dal nome della sua amatissima nonna paterna) ma ricapitola le vicende storiche di un mondo, quello che segue alla fine della Belle Époque europea per attraversare sanguinosamente le due grandi guerre mondiali del secolo e una parte dell’affannoso dopoguerra che seguirà sotto il segno della Cold War variamente combattuta tra gli Stati Uniti d’America e l’URSS allora comunista.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.52: Il respiro della poesia. James Cascaito, “Respite”

Il respiro della poesia. James Cascaito, Respite, trad. it., cura e un’ Introduzione (Pensiero poetico e pensiero d’amore. Un Canzoniere moderno) di Giuliana Lucchini, Roma, Lucchini Editore, 2009

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di Giuseppe Panella*

With usura line grows thick, scriveva Ezra Pound nel LXV dei suoi Cantos ed è questa thickness che emerge dal dettato lirico di questo sorprendente poeta italo-americano di Pittsburgh, presto trasmigrato a New York e poi vissuto a lungo a Roma, nella Suburra – come lui stesso scrive in una sua poesia finale. Il suo stile è discreto e raffinatamente pulito, mai enfatico, mai melodrammaticamente inteso a suscitare consensi comuni o a scandalizzare l’eventuale lettore troppo borghese. Sottovoce, con un forte senso dell’understatement, si direbbe, ma senza rinunciare a pensieri intuizioni sentimenti passioni forti. Scrive Giuliana Lucchini nella sua densa Introduzione:

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