Encore. Giovanni Stefano Savino, Versi col vento. Anni solari VI, Firenze, Gazebo, 2010
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di Giuseppe Panella*
Ancora. Giovanni Stefano Savino rinnova la sua alleanza con la poesia:
«CCXXVI. Non macino ma vengo macinato / con ordinato e minuzioso moto / dal giorno, dalla nuvola, sul pino, / dalla foglia caduta, dopo un giro, / di danza, dalla pentola sul tavolo / e dalla tua caduta sul mattone, / da cui risorgi sempre più a fatica. / Passi in strada, ti aspetto, Buttafuori»
(p. 134).
E’ l’ultima poesia di questa sesta raccolta di Anni solari. Savino si confronta ancora una volta e con la consueta, salvifica ironia, con la Morte (qui emblematicamente detta il Buttafuori). Ma non si tratta dell’unico punto di riferimento che affascina il poeta. La Morte non è nulla se si confronta con la Vita, anche le sue umili ma più significative occorrenze. E’ la vita quotidiana, infatti, a ispirare questa nuova incursione di Savino nel mondo della scrittura poetica che ormai lo attira come un gorgo dal quale solo scrivendo ci si può sottrarre.