QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.63: “Encore”. Giovanni Stefano Savino, “Versi col vento. Anni solari VI”

Encore. Giovanni Stefano Savino, Versi col vento. Anni solari VI, Firenze, Gazebo, 2010

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di Giuseppe Panella*


Ancora. Giovanni Stefano Savino rinnova la sua alleanza con la poesia:

«CCXXVI. Non macino ma vengo macinato / con ordinato e minuzioso moto / dal giorno, dalla nuvola, sul pino, / dalla foglia caduta, dopo un giro, / di danza, dalla pentola sul tavolo / e dalla tua caduta sul mattone, / da cui risorgi sempre più a fatica. / Passi in strada, ti aspetto, Buttafuori»

(p. 134).

E’ l’ultima poesia di questa sesta raccolta di Anni solari. Savino si confronta ancora una volta e con la consueta, salvifica ironia, con la Morte (qui emblematicamente detta il Buttafuori). Ma non si tratta dell’unico punto di riferimento che affascina il poeta. La Morte non è nulla se si confronta con la Vita, anche le sue umili ma più significative occorrenze. E’ la vita quotidiana, infatti, a ispirare questa nuova incursione di Savino nel mondo della scrittura poetica che ormai lo attira come un gorgo dal quale solo scrivendo ci si può sottrarre.

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William Gaddis, “JR”

William Gaddis  – JR

(Alet Edizioni, 2009)

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di Amedeo Buonanno

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“JR” è la prima opera di William Gaddis a ricevere il National Book Award nel 1976 ma sono stati necessari quasi 35 anni per vederne pubblicata in Italia la traduzione ad opera dell’ottimo Vincenzo Mantovani e della coraggiosa casa editrice Alet Edizioni.

Molti sono gli aspetti che potrebbero scoraggiarne la lettura: la dimensione notevole (quasi 1000 pagine), l’uso esclusivo del dialogo tra personaggi senza l’indicazione di chi sia di volta in volta a parlare, un gran numero di personaggi e storie che si intrecciano, insomma tutti ingredienti che potrebbero allontanare un lettore medio; ma questo lettore perderebbe la possibilità di leggere una grandissima opera letteraria, lucida, satirica, in molti punti anche esilarante. Una volta iniziato a leggere, seguendone il ritmo, non si potrà che godere del piacere della lettura. Come infatti osserva Thomas Moore [1], l’uso del dialogo aumenta la vitalità del racconto riducendo la differenza tra la durata di un episodio ed il tempo necessario per leggerlo. Se infatti lo stesso libro fosse stato scritto usando metodi “tradizionali” sarebbe stato necessario un numero di pagine ben maggiore e la scelta coraggiosa di eliminare completamente la voce narrante, ha il preciso obiettivo di aumentare l’immediatezza e la partecipazione del lettore.

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“Una rosa per Contiliano”. Introduzione di Giuseppe Panella a Antonino Contiliano, “Terminali e Muquenti. Paradossi”

Una rosa per Contiliano. Introduzione di Giuseppe Panella a Antonino Contiliano, Terminali e Muquenti. Paradossi (Prompress, 2005), pp.5-8

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di Giuseppe Panella

“Non si può giudicare un uomo dall’idea che egli ha
di se stesso, così come non si può giudicare una simile
epoca di sconvolgimenti dalla coscienza che ha di se stessa.”

(Marx, Prefazione a Per la critica dell’economia politica)

Questo nuovo volume di poesie di Nino Contiliano (un autore certo non negato né corrivo a questo tipo di esperienze e di sperimentazioni testuali) reca una dedica che merita di essere analizzata a dovere per capire il perché di questa sua nuova avventura nel mondo della scrittura. Il libro, dunque, è dedicato a Hannah Arendt e a Karl Marx. La Arendt cioè la grande studiosa delle origini del totalitarismo e della nascita del mondo moderno che ha lasciato ai suoi lettori quale legato politico finale della sua attività critica la convinzione che è pur sempre necessario che esista un infra, uno spazio vitale cioè, che costituisca sempre e comunque il rapporto necessario tra il mondo della politica e quello della dimensione della “vita della mente”.

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STORIA CONTEMPORANEA n.66: “Piccola città., bastardo posto”… Remo Bassini, “Bastardo posto”

“Piccola città., bastardo posto”… Remo Bassini, Bastardo posto, Bologna, PerdisaPop, 2010

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di Giuseppe Panella*


«Piccola città, bastardo posto / appena nato ti compresi / o fu il fato che in tre mesi / mi spinse via; / piccola città io ti conosco, / nebbia e fumo non so darvi il profumo del ricordo che cambia / in meglio, / ma sono qui nei pensieri le strade di ieri, e tornano / visi e dolori e stagioni, amori e mattoni che parlano…» – è l’incipit della bellissima Piccola città di Francesco Guccini (dall’album Radici del 1972) che in anni lontanissimi – era l’anno 1973, nell’abbazia sconsacrata di San Zeno a Pisa – ho sentito cantare dal vivo in un concerto del cantante di Modena che con questa canzone ricordava amaramente le sue origini e la sua giovinezza.

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IL TERZO SGUARDO n.22: Una proposta per il Paese futuro. Alberto Alinovi, “Il Codice Borgia della società italiana”

Una proposta per il Paese futuro. Alberto Alinovi, Il Codice Borgia della società italiana. Antologia di pensieri e scritti per un’Italia più europea: dal familismo amorale al civismo morale attraverso il protestantesimo laico, Parma, Silva Editore, 2010

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di Giuseppe Panella*


Nonostante il titolo che potrebbe risultare opprimente per le sue richieste di assunzione di responsabilità da parte dei cittadini (atto doveroso ma non sempre accettato volentieri e immediatamente), nonostante l’appello a una dimensione – quella della Riforma protestante – che in Italia non ha mai attecchito, nonostante l’ambito sempre vigente della dimensione familistica (“tengo famiglia”), nonostante vizi antichi sempre risorgenti e mali vecchi mai curati, questo di Alinovi è un libro di speranze mai sopite e mai azzerate dal corso di una storia che sembrerebbe smentirle.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.62: In the Soup, dentro la placenta dei versi. Pasquale Vitagliano, “Amnesie amniotiche”

In the Soup, dentro la placenta dei versi. Pasquale Vitagliano, Amnesie amniotiche, con un’ Introduzione di Giovanni Nuscis, Faloppio (CO), Lieto Colle Edizioni, 2009

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di Giuseppe Panella*


«Pop Art Pops. Rimossa la piastra poetica, / smontate le officine del secolo, / spostata sul ventre la guardia, / cos’altro resta da dire? // Rimetto tra le cose la parola, / metto a bagno i versi, / e premo sull’uscio del giorno, / perché sia giorno benedire. // Rivolgimi un nuovo saluto, / soltanto la vita è scampata, / adesso che Soup non è che soup, / per una pietà umana / nient’altro che parola, / senza più umanità» (p. 73).

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STORIA CONTEMPORANEA n.65: Strani echi dal futuro. Vittorio Catani, “Il Quinto Principio”

Strani echi dal futuro. Vittorio Catani, Il Quinto Principio, Milano, Mondadori (Supplemento a Urania 39), 2009

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di Giuseppe Panella*

Qual è il misterioso Quinto Principio della termodinamica e che cosa sono gli EE, Eventi Eccezionali, che si verificano sempre più frequentemente e in maniera vieppiù distruttiva per uomini e metropoli mano a mano che il tempo passa? Eccone alcuni descritti nella loro totale e assurda distruttività:

 

«Breve elenco (da voci raccolte, talora con reperti o immagini [da verificare]): – Ripetuti sprofondamenti in una vastissima zona dell’Africa centrale. – Manifestazioni ad personam definite “Intenti” o “Ombre”. – Anomale reazioni chimiche “spontanee” e formazioni di voragini, nel continente antartico. – Variazioni cospicue della forza gravitazionale terrestre in numerose località. – Apparizione in modo incongruo di oggetti dannosi, refrattari ad analisi circa la loro costituzione. –Grande cratere (in Africa) ricolmo di sostanze non riconoscibili. – Formazione di una gran macchia nera nel cielo dell’Australia, a circa 90 metri di altezza, in spostamento e in lenta espansione. – In Cina, fenomeni elettromagnetici che provocano un’inversione elettrochimica nelle specie viventi, con conseguente morte istantanea» (p. 415).

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IL TERZO SGUARDO n.21: Abitare il mondo equivale a descriverlo. Emerico Giachery, “Voci del tempo ritrovato”

Abitare il mondo equivale a descriverlo. Emerico Giachery, Voci del tempo ritrovato, Roma, Edilazio, 2010

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di Giuseppe Panella*

E’ probabilmente una costante italiana quella di individuare negli ottanta anni il momento giusto, la soglia sulla quale fermarsi per comporre la propria autobiografia. Esiste un esempio straordinario di questa dimensione letteraria: quelle Memorie di un italiano di Ippolito Nievo che furono ribattezzate dai suoi editori Memorie di un ottuagenario quando comparvero postume nel 1867 per evitare che fossero scambiate per un pamphlet politico. Anche Cesare Cases ha voluto intitolare così le proprie memorie (Confessioni di un ottuagenario, Roma, Donzelli, 2000 quale (im)probabile omaggio al modello rimasto insuperabile di Nievo. Gli esempi di questo tipo si potrebbero moltiplicare a iosa ma perché farlo? Meglio ritornare a questo libro di oggi.

Emerico Giachery ha vergato con mano sicura e ferma una serie di sue note autobiografiche di autorevole e necessaria capacità narrativa, fitta di rimandi alla Storia da lui attraversata e densa di notazioni personali (letterarie e non).

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.61: La cifra del vuoto, l’onore del silenzio. Giacomo Leronni, “Polvere del bene”

La cifra del vuoto, l’onore del silenzio. Giacomo Leronni, Polvere del bene, San Cesario di Lecce (LE), Piero Manni, 2008

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di Giuseppe Panella*

Nell’ultima pagina del suo primo libro di poesie, a conclusione della Nota finale dedicata ai lettori,

Leronni avverte:

«Per il resto, essendo ormai largamente conclamato lo scetticismo nei confronti dei significati possibili, primi o ultimi, di un’opera letteraria, preferirei che il lettore, eventualmente, si chiedesse non tanto cosa il poeta avrà voluto dire, quanto piuttosto cosa, con lui, è disposto ad ascoltare» (p. 96).

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STORIA CONTEMPORANEA n.64: Ma che importa chi è l’autore… quello che conta è il corpo del reato. Aa. Vv. “Il magazzino delle alghe”

Ma che importa chi è l’autore… quello che conta è il corpo del reato. Aa. Vv. Il magazzino delle alghe, a cura di Marino Magliani, Broni (PV), Eumeswil, 2010

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di Giuseppe Panella*

Sono passati molti anni dal tempo in cui Roland Barthes proclamava la “morte dell’autore”(era il 1968) e Michel Foucault la confermava in un suo celebre saggio destinato a trasformare la funzione-autore nella letteratura e nella cultura umanistica in una sorta di terminale fin de non recevoir (Che cos’ è un autore?, una conferenza pronunciata nel 1969).

L’abolizione del nome dell’Autore e la sua trasformazione in una pura funzione dell’opera da lui prodotta è stata di seguito tentata più volte anche in Italia (l’ampia produzione del collettivo dei Wu Ming, già autodefinitosi Luther Blisset in un loro avatar precedente, ne è una dimostrazione evidente e significativa). Ma, nonostante il precedente dei Wu Ming, qui si è in presenza di qualcos’altro. Che cosa accomuna, infatti, venti autori completamente diversi gli uni dagli altri come Giovanni Agnoloni, Franco Arminio, Mauro Baldrati, Remo Bassini, Mario Bianco, Valter Binaghi, Fabrizio Centofanti, Riccardo De Gennaro, Marco Drago, Riccardo Terrazzi, Francesco Forlani, Carlo Grande, Franz Krauspenhaar, Marino Magliani, Giulio Mozzi, Stefania Nardini, Alberto Pezzini, Giacomo Sartori, Beppe Sebaste, Giorgio Vasta?

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