STORIA CONTEMPORANEA n.72: Genesi del serial killer. Marilù Oliva, “Repetita”

Genesi del serial killer. Marilù Oliva, Repetita, Bologna, PerdisaPop, 2009

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di Giuseppe Panella*


Lorenzo Cerè è un serial killer ma non lo saprebbe mai nessuno se non si rivolgesse ad una psichiatra, Marcella Malaspina, per cercare di ovviare con dei medicinali efficaci ai suoi terribili mal di testa. Lorenzo avrebbe voluto studiare Storia all’Università invece di svolgere le mansioni di operaio specializzato in una fabbrica di macchinari per fabbricare sigarette. La passione per le vicende storiche del passato gli è rimasta come pure il desiderio di vendicarsi di coloro i quali si sono comportati male con lui o gli hanno fatto dei torti, veri o presunti. Per cogliere la propria vendetta, li uccide in maniera spietata e orribile e lascia sul terreno del suo delitto una traccia storica con la quale sigla il suo crimine (“copia” un evento storico molto noto come riferimento alla vittima uccisa e alle sue colpe – un guanto di ferro mimerà, ad esempio, lo “schiaffo di Anagni” dato da Sciarra Colonna a Bonifacio VIII o una foto di un aspide la morte di Cleopatra d’Egitto così come la scritta in Word “traditore del re” alluderà alla macabra messinscena del corpo di Concino Concini che si faceva chiamare il maresciallo d’Ancre, ministro toscano ladro e vanaglorioso di Luigi XIII da lui fatto assassinare insieme alla moglie). Questa abitudine assimila il protagonista all’assassinio seriale di Copycat – Omicidii in serie, un film – peraltro mediocre – di Jon Amiel del 1995 con Sigourney Weaver, Holly Hunter e Dermot Mulroney..

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Psiche e soma, la guarigione totale. Giovanni Agnoloni, “Tolkien e Bach. Dalla Terra di Mezzo all’energia dei fiori”

Psiche e soma, la guarigione totale. Giovanni Agnoloni, Tolkien e Bach. Dalla Terra di Mezzo all’energia dei fiori, Giulianova (TE), Galaad Edizioni, 2011

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di Giuseppe Panella


Giovanni Agnoloni non demorde e dopo la seconda edizione di Nuova letteratura fantasy (Broni (PV), Sottovoce, 2011) pubblica un nuovo saggio su Tolkien e la letteratura fantastica. Questa volta, tuttavia, il collegamento è più vertiginoso e non riguarda soltanto la dimensione letteraria: avviene attraverso la medicina olistica e, in particolare, mediante il complesso percorso psicosomatico effettuato con i cosiddetti Fiori di Bach. Quella della floriterapia è una tecnica terapeutica ormai consolidata anche in Italia ma la novità del tentativo di Agnoloni è di collegarla non soltanto alle medicine alternative e all’omeopatia (cui appartiene) ma alle atmosfere e ai personaggi di un romanzo di assoluta finzione come quello scritto da Ronald Tolkien. L’operazione è certo ardita e non potrà non suscitare perplessità nei cultori della letteratura “pura”. Ma va detto, tuttavia, che lo sforzo dello studioso fiorentino non va nella direzione di cercare impossibili qualità terapeutiche nell’opera di Tolkien quanto nello stabilire possibili connessioni tra le situazioni e i personaggi più significativi del Signore degli Anelli e i diversi modelli di tinture madri che compongono lo strumentario curativo e psicoterapeutico del grande omeopata inglese. Il fatto piuttosto significativo che sia lo scrittore e filologo di Oxford che il medico ideatore della cura con le essenze floreali siano nati o perlomeno vissuti nello stesso luogo (Bach era nato effettivamente a Moseley, nei pressi di Birmingham nel 1886 dove Tolkien arriverà nel 1896, in conseguenza della morte precoce di suo padre e quando aveva quattro anni) è la molla che fa scattare la narrazione di Agnoloni. Non è dato sapere se i due si siano mai incontrati (probabilmente no) ma è sicuro che nutrirono un grande amore per quegli stessi posti:

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Nella poesia di “Calpestare l’oblio” e de “L’impoetico mafioso”. L’egemonia del “Noi-rebeldìa”. Saggio di Antonino Contiliano

 

Un poeta deve essere più utile di
qualsiasi altro cittadino della sua tribù.
Lautréamont

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di Antonino Contiliano

Se è possibile, come crediamo, parlare di una assemblea dei poeti “civili” fuori mercato, raccolti in volumi antologici e collettanei anti-antologici, è anche possibile che gli stessi scendano dall’olimpo della carta dell’economia dell’io privato e dalla neutralità sociale per immettersi nell’agorà diretta degli incontri reali conflittuali e della praxis, sottoponendo la produttività economica e quella simbolica della stessa letterarietà (con la sua esteticità) ad un acre smontaggio polemico.

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IL TERZO SGUARDO n.28: Diverse voci su un unico Eco. Su Aa. Vv. “Umberto Eco. L’uomo che sapeva troppo”, a cura di Sandro Montalto

Diverse voci su un unico Eco. Su Aa. Vv. Umberto Eco. L’uomo che sapeva troppo, a cura di Sandro Montalto, Pisa, ETS, 2007

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di Giuseppe Panella*


Nato per festeggiare Umberto Eco al di là di ogni occasione possibile (sia accademica che personale e persino puramente occasionale), il volume coordinato da Sandro Montalto offre la possibilità di guardare allo scrittore di Alessandria con occhi diversi e più “ingenui” da quelli di chi pratica per mestiere il mondo delle recensioni letterarie o delle ricostruzioni storico-teoriche. Ventitré interventi diffusi sul vastissimo territorio frequentato da Umberto Eco permettono di verificare le sue incursioni nei settori più ampi e più diversi alla luce del comune interesse rivestito dal soggetto della ricostruzione stessa nell’ambito della scrittura come punto di riferimento comune. All’interno del volume si possono trovare testi relativi alla sua opera (i primi sette), due saggi (quelli di Cardini e Isotta semplicemente dedicati a Eco ma non concernenti la sua produzione), altri testi di ricordo o testimonianze o di amicale considerazione per l’uomo e l’opera – sintomatici al riguardo quelli di Giulio Andreotti, di Maurizio Costanzo e di Renzo Paris che in versi ammette di essere dalla parte degli sconfitti, di quelli cioè che l’editoria ha emarginato in nome del “romanzo postmoderno”) e, alla fine, testi “creativi” come riflessioni su Eco studioso di enigmistica, immaginari dialoghi con lui stesso o tra i suoi personaggi e altri ancora di invenzione (Sherlock Holmes e il dottor Watson che si confrontano con Guglielmo di Baskerville e il suo discepolo Adso) e, infine, un anagramma tutto per lui (Truce Boemo ovvero Umberto Eco !).

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.68: “Cancionero” per il tempo che passa. Francesca Lo Bue, “Non te ne sei mai andato (Nada se ha ido)”

Cancionero per il tempo che passa. Francesca Lo Bue, Non te ne sei mai andato (Nada se ha ido), Roma, Edizioni Progetto Cultura, 2010

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di Giuseppe Panella*


Dalla Lercara Friddi in provincia di Palermo in cui è vissuta degli anni dell’adolescenza all’Argentina dell’Universidad de Cuyo a Mendoza e poi di nuovo a Roma dove tuttora vive, l’itinerario esistenziale di Francesca Lo Bue si incrocia con la sua vocazione poetica:

«Sicilia bellamara, / fiamma pietrificata / Dalla tua aurea falce appuntita / goccia lento il miele del passato» – si legge a p. 11 a mo’ di esergo per l’intera raccolta e unico testo non riportato in versione bilingue a sancirne il carattere di dedica tutta “italiana”. E’ proprio “il miele del passato” che Francesca Lo Bue cerca di distillare, tra disincanto e memoria, vecchie e nuove illusioni e sogni per il futuro prossimo nei suoi versi pieni di un pathos triste come una milonga o il ritorno a una casa che non c’è più. I suoi due prefatori sono concordi nel giudicare la sua esperienza poetica come il congiungimento di due mondi culturali diversi, eppure assai simili gli uni agli altri.

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SPECIALE GUIDO MORSELLI n.8: BIBLIOGRAFIA MORSELLIANA, a cura di Domenico Mezzina

[In Italia la riflessione critica su Guido Morselli sta lentamente maturando nonostante i criteri di valutazione sono ancora fondati su poche monografie. Tuttavia, il lavoro critico procede. Per esempio, è di prossima uscita per le edizioni Stilo (Bari) il saggio Le ragioni del fobantropo. Studio sull’opera di Guido Morselli di Domenico Mezzina.

Proponiamo qui l’esauriente e aggiornata bibliografia morselliana tratta dal lavoro di Domenico Mezzina. Nei limiti di una bibliografia ben precisa, si confida di aver fornito un punto di partenza, essenziale ma tutt’altro che povero di indicazioni, utile a tracciare percorsi di studio e di ricerca.

A Domenico Mezzina va dunque il mio ringraziamento più vivo per averci offerto il suo lavoro (francesco sasso)]

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A cura di Domenico Mezzina

OPERE DI GUIDO MORSELLI

Proust o del sentimento

Garzanti, Milano 1943, Prefazione di A. Banfi (la prefazione, con il titolo redazionale Esemplarità di Marcel Proust, si legge anche in A. Banfi, Scritti letterari, a cura di Carlo Cordiè, Editori riuniti, Roma 1970, pp. 235-7)

Ananke, Torino 2007, a cura e con una Introduzione di M. Piazza, Note al testo di M. Francioni (l’Introduzione di M. Piazza, con il titolo redazionale Una lettura dimenticata: il Proust filosofo di Guido Morselli, è anche in «Quaderni proustiani», 4 [2007])

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STORIA CONTEMPORANEA n.71: Un maestro che ha letto don Milani. Emanuele Marfisi, “Diario di classe”

Un maestro che ha letto don Milani. Emanuele Marfisi, Diario di classe, Bagnacavallo (RA), Discanti, 2010

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di Giuseppe Panella*

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«Nessuno può sapere cosa ti riserva il destino: puoi nascere in Svezia oppure in Ruanda. Noi, gli alunni della quinta D, eravamo nati a Imola, nel palazzo Rosso del comprensorio residenziale Arcella; una buona via di mezzo tra la Svezia e il Ruanda. Don Walter, che aveva un rapporto privilegiato con il Padreterno, non lo chiamava destino. “E’ il disegno di nostro Signore, solo Lui lo conosce” sentenziava sicuro. Poi, con l’ottimismo che contrassegnava il suo carattere, mi ammoniva: “Devi fare il bravo, così un domani potrai assicurarti un posto in Paradiso”. Nel frattempo il Padreterno mi aveva disegnato un posto nella tribuna più alta del paesone: l’ultimo piano del palazzo Rosso. Nelle giornate migliori, sporgendomi dalla finestra con il mio orsacchiotto Paolo, era un po’ come stare in prima fila in Paradiso. In effetti, da lassù, mi sentivo come nostro Signore: potevo osservare e controllare tutto, senza dover rimettere i peccati e disegnare le vite di nessuno. Possedevo però un invidiabile vantaggio nei confronti di Gesù Cristo: contemplavo il mondo seduto comodamente nel terrazzo della camera e non appeso a una croce, di fianco al Presidente Pertini, sul muro di una classe elementare» (p. 7).

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IL TERZO SGUARDO n.27: Notte italiana. Cesaremaria Glori, “La tragica morte di Ippolito Nievo. Il naufragio doloso del piroscafo “Ercole””

Notte italiana. Cesaremaria Glori, La tragica morte di Ippolito Nievo. Il naufragio doloso del piroscafo “Ercole”, Chieti, Solfanelli, 2010

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di Giuseppe Panella*

Ippolito Nievo, uno dei più promettenti e straordinari giovani scrittori italiani, l’autore di uno dei romanzi più significativi della “letteratura della Nuova Italia” (per dirla con Croce), scompare in fondo al mar Tirreno nella notte del 4 marzo 1861. Aveva solo trent’anni, anche se la sua produzione letteraria e saggistica era già compiuta in gran parte e appariva cospicua e di grande rilevanza (Croce nel saggio a lui dedicato si chiederà anche se sarebbe divenuto in seguito anche un politico capace di apportare miglioramenti importanti al panorama della nazione che stava nascendo e del nuovo Stato appena proclamato – ma la domanda è ovviamente oziosa).

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Remainders n.1: Anna Achmatova, “Io sono la vostra voce”

Anna Achmatova, Io sono la vostra voce…, trad. E. Pascucci, Edizioni Studio Tesi, 1990, Lire 18.000, ma il libro è ora reperibile a metà prezzo

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di Francesco Sasso

Io sono la vostra voce… è un’ampia antologia degli scritti di Anna Achmatova. Il volume contiene una prosa autobiografica, poche recensioni, interviste, interventi del poeta russo, lettere e cartoline scelte, note su alcuni poeti contemporanei, l’intero Poema senza eroe e relativa prosa di autoesegesi, poesie sparse e un’ampia selezione di liriche tratte da tutte le raccolte di Anna Achmatova.

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Garibaldi “Cleombroto” vs “il condottiero degli immomdi”. FERMENTI, XL, n. 236

Garibaldi “Cleombroto” vs “il condottiero degli immomdi”

FERMENTI, XL, n. 236, Roma 2010, pp. 429, € 25,00

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di Antonino Contiliano

 

Cos’è Fermenti. Fermenti è il periodico a carattere culturale, informativo, d’attualità e costume diretto dallo scrittore, poeta ed editore Velio Carratoni.

Il n. 236 del periodico porta in copertina un’opera di Michele Cossyro, il tricolore italiano. Il messaggio è chiaro. È volto alla ricorrenza dell’Unità dell’Italia in vista dei festeggiamenti 2011. Segno che l’evento storico risorgimentale, che  generò l’unificazione dell’Italia, è patrimonio di tutti, e che nessun media, specie se si occupa di arte e letteratura, può ignorare o misconoscere l’importanza del fenomeno.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.67: “Guardiamo quello che ci sta vicino…”. Claudio Damiani, “Poesie (1984-2010)”, a cura di Marco Lodoli

“Guardiamo quello che ci sta vicino…”. Claudio Damiani, Poesie (1984-2010), a cura di Marco Lodoli, Roma, Fazi Editore, 2010

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di Giuseppe Panella*


L’introduzione di Marco Lodoli è simpatetica e molto toccante ma precisa. Dopo aver descritto il suo soggiorno a Parigi in qualità di giovane artista a disagio ovunque ma speranzoso di scoprire il segreto di ciò che aveva caratterizzato la grande stagione delle avanguardie storiche, in primis il Surrealismo, lo scrittore romano racconta ciò che avvenne al suo ritorno a Roma:

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STORIA CONTEMPORANEA n.70: Sociologia della giovinezza. “Amori stretti. 18 storie under 20”, a cura di Gianni Conti

Sociologia della giovinezza. Amori stretti. 18 storie under 20, a cura di Gianni Conti, Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2010

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di Giuseppe Panella*


«Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che è la più bell’età della vita. Ogni cosa rappresenta una minaccia per il giovane: l’amore, le idee, la perdita della famiglia, l’ingresso tra i grandi. E’ duro imparare la propria parte nel mondo» è il formidabile incipit del più noto testo autobiografico di Paul Nizan, quell’ Aden-Arabie che il giovane normalien pubblicò nel 1931.

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