QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.75: L’avvento del Numinoso. Renzo Ricchi, “Eternità delle rovine”

L’avvento del Numinoso. Renzo Ricchi, Eternità delle rovine, con un’ Introduzione di Gualtiero De Santi, Borgomanero (NO), Giuliano Ladolfi Editore, 2011

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di Giuseppe Panella*


Eternità delle rovine è un libro malinconico e desolato ma non disperato. Già nella nozione stessa di eternità si dà spazio a un’illusione attiva e non rinunciataria – quella della possibilità sempre presente che ciò che perisce e transita in modo apparentemente irreversibile sia destinato a durare anche se in un’altra dimensione (un’altra vita forse). Inoltre è pur sempre  l’eternità (e quindi la sua non numerabile durata) a essere in primo piano rispetto alla pesante fragilità delle rovine.

Come recita la poesia che dà il titolo alla raccolta:

 

«Non c’è più rumore. / Uomini qui risero e piansero / bambini nacquero e giocarono / si guardarono attorno sorridenti / senza sospetti / pieni di fiducia / ragazze in fiore / illuminarono lo spazio. // Come lontano / l’urlo del cacciatore antico / che uccise il primo cervo / il grido che scosse la foresta / smorzò il brusio della natura. //  Niente più. / Solo il vento resta / i profili delle colline / l’orizzonte / il cielo aperto / gli alberi immoti. // Creature e cose / s’inoltrarono impotenti / nel silenzio. // Silenzio / sacro velo che occulti / le orme perdute della vita. // Oh l’eternità delle rovine !» (pp. 14-15).

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Ju.M. Lotman, la modellizzazione

 di Eleonora Ruzza

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Quale funzione semiotica hanno l’incipit e l’explicit nel romanzo? Una risposta si trova nella «modellizzazione» che la Struttura del testo poetico (1970) di Lotman attribuisce alla lingua artistica, e in particolare alla cornice dell’opera.

Atto comunicativo e mezzo di trasmissione dell’informazione artistica, l’opera d’arte è per Lotman un testo scritto in una «lingua di modellizzazione secondaria», che si costruisce con il «materiale della lingua naturale», ed è nella sua essenza una simulazione del mondo (1). Essa si configura come una «struttura complessa» – in grado di comunicare «un volume di informazioni che sarebbe assolutamente impossibile trasmettere con i mezzi della struttura linguistica normale» – all’interno della quale il piano dell’espressione e quello del significato istituiscono una relazione tale che gli elementi del primo risultano semantizzati, mentre quelli del secondo subiscono un’inevitabile «formalizzazione» (2). Nel paragonare la struttura dell’opera artistica ad un edificio il cui progetto (l’idea dell’autore) coincide con l’organizzazione sistematica delle parti costruttive, Lotman sottolinea la centralità del concetto di delimitazione, da cui dipende il valore metalinguistico delle frontiere testuali: per il loro statuto liminare esse richiamano alla «coscienza» del mittente e del destinatario l’intero repertorio dei segni e delle regole sintattiche che reggono i loro rapporti – e rappresentano quindi una zona di passaggio tra la langue e la parole, tra la dimensione sovraindividuale del sistema e quella individuale del prodotto artistico.

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STORIA CONTEMPORANEA n.78: Morti senza motivo. Alessandro Zannoni, “Imperfetto”

Morti senza motivo. Alessandro Zannoni, Imperfetto, Bologna, PerdisaPop, 2009

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di Giuseppe Panella*

Un serial killer che si aggira tra Liguria (La Spezia, Portovenere, Lerici), Toscana (Viareggio) ed Emilia (Parma) alla ricerca di una vittima che abbia determinate caratteristiche fisiche (bianco, giovane, capelli e occhi scuri, giovane) uccide un giovane di buona famiglia (Amedeo Moretti) e lo abbandona nudo e morto da tempo in un bosco dove sarà facile ritrovarlo. Dopo un anno di indagini, i Carabinieri non hanno ottenuto ancora nessun risultato anche perché non hanno intuito affatto la natura seriale del crimine avvenuto. Lo farà Merisi (che sembra essere senza nome di battesimo!), un detective privato specializzato nel cogliere donne in flagrante infedeltà coniugale, cui il caso viene affidato perché prosegue delle indagini destinate a non avere conclusione (il suo scopo deve essere quello di macinare rapporti su rapporti, accumulare “carta” perché la ricca famiglia cui apparteneva il morto si renda conto che le indagini continuano senza tregua e che il colpevole dell’omicidio viene ancora perseguito dalla Legge con intensa e ininterrotta tenacia).

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Remainders n.3: François Villon, “Lascito. Testamento. Poesie diverse”

François Villon, Lascito. Testamento. Poesie diverse, trad. Mariantonia Liborio, Rizzoli, 2000, 562 p.

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di Francesco Sasso

 

Poeta dalla personalità possente e singolare, François Villon (1431-1463?) visse dapprima a Parigi e poi, dopo una condanna a morte per omicidio e rapine, a Blois e infine in Borgogna.

In lui si agita lo spirito del Medioevo rinnovato da un’amara sincerità e dal tormento per l’ingrato destino di ogni uomo. La sua poesia rappresenta un’epoca e un mondo che rovina, priva di ogni illusione di salvezza, proiettata verso la dolorante umanità e i suoi più alti valori universali.

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IL TERZO SGUARDO n.34: Intellettuali, politica, misantropia. “Alfonso Berardinelli, Che intellettuale sei?”

Intellettuali, politica, misantropia. Alfonso Berardinelli, Che intellettuale sei?, Roma, Nottetempo, 2011

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di Giuseppe Panella*


Il tema della necessità e dell’importanza della funzione degli intellettuali tormenta da sempre l’intelligenza critica di Alfonso Berardinelli. Alla riflessione su questo argomento ha dedicato numerosi libri e libretti – uno di essi, di notevole acume, si intitolava L’esteta e il politico: sulla nuova piccola borghesia (Torino, Einaudi, 1986) e si proponeva di sondare la cionsistenza di diverse e compossibili tipologie di questa categoria sociale; un altro, di undici anni dopo, L’eroe che pensa. Disavventure dell’impegno (Torino, Einaudi, 1997), ritornava sul tema in chiave più divertita e, se possibile, più amara, con momenti, tuttavia, di forte coinvolgimento satirico.

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[IN]EDITO (racconti/e-book): a cura di Marino Magliani, SCRITTURE DAL FAR WEST DI PONENTE: MAGLIANI, SEBORGA, LANTERI, MURATORE

[IN]EDITO (racconti/e-book)

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pdfA cura di Marino Magliani, Scritture dal far west di ponente: Magliani, Seborga, Lanteri, Muratore. (pdf) [Racconti inediti]

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Il mio Far West di Marino Magliani

Il ricordo più antico che ho dell’estremo ponente ligure appartiene a una specie di far west. Vedo il lungo corridoio della stazione di Ventimiglia, quello al fondo del quale si “passa” in Francia, attraverso una porta custodita dai frontalieri. Sono lì, in braccio a mia madre, sulle panche, in attesa di un treno proveniente dalla Francia, perché mio padre lavora in uno stabilimento balneare di Sainte-Maxim o Saint-Raphaël.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.74: Il gran teatro del mondo. Liliana Ugolini, “Gioco d’ombre sul sipario (ut fabula poiesis)”

Il gran teatro del mondo. Liliana Ugolini, Gioco d’ombre sul sipario (ut fabula poiesis), con una postfazione di Giò Ferri, Verona, Cierre Grafica, 2010

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di Giuseppe Panella*


Non è certo un’idea nuova l’utilizzazione della metafora del teatro ad indicare il gioco di luci e di ombre, di conflitti e di angosce e di follie, soprattutto di maschere e di volti, che caratterizza il mondo dell’esistenza umana (probabilmente è una pratica antica quanto il mondo stesso che si vuole descrivere). Nuovo è invece è il progetto stilistico e la modalità espressiva che sottende e sostanzia il gioco poetico (umano e appunto teatralizzante) del libro di Liliana Ugolini. Giò Ferri è, infatti, assai esplicito nel ricostruire come si manifesta la serie di trasformazioni poetiche presenti nelle scritture stilizzate e marcatamente visive che contraddistinguono la proposta generale di lettura della realtà umana che attraversa e configura radicalmente l’opera della poetessa fiorentina:

 

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STORIA CONTEMPORANEA n.77: De profundis… Davide Camarrone, “Questo è un uomo”

De profundis… Davide Camarrone, Questo è un uomo, Palermo, Sellerio, 2009

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di Giuseppe Panella*


Boucouba Osea è il nome di un uomo che non è mai esistito, eppure il suo nome risuona come un grido di battaglia o un gemito di dolore nelle pagine di questo romanzo breve di Davide Camarrone.

Nata come un racconto per un’antologia edita anch’essa nel 2009 (Il sogno e l’approdo, curato da Antonio Sellerio per l’omonima casa editrice e legata a un progetto ideato da Ivan Tagliavia e Sandro Tranchina per l’Associazione Scenario Mediterraneo) e dedicata al tema dello Straniero e dell’Altro come punto di riferimento per una ricostruzione delle attuali vicende italiane di emigrazione e di sempre più frequente emarginazione legata ai suoi sviluppi più drammatici, la storia narrata in quest’opera è divenuta in seguito uno spettacolo teatrale (Sotto un velo di sabbia, scritto e diretto dallo stesso Sandro Tranchina che lo ha mescolato ad un analoga storia di Giosuè Calaciura, Il mare è piccolo ma Dio è grande). Dopo questa sua metamorfosi sulla scena teatrale, Camarrone ha ritenuto opportuno ampliarlo fino a fargli assumere la dimensione di un breve romanzo-narrazione.

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Il piglio “piripicchio” e “piripacchio” fra le pagine di “Dudici”

Flora Restivo, Dudici (Dodici), Edizioni del Calatino, Catania 2011, pp. 143, € 10,00

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di Antonino Contiliano

Leggere i 12 racconti in lingua siciliana di Flora Restivo, e tradotti dalla stessa in lingua italiana, è stato un vano tentativo di cercarvi la scrittura del cambio di stagione, ovvero il prodotto del marketing editoriale aduso a compiacere il cliente delle “sveltine” o del non perdere tempo (un manuale di istruzioni univoche o pronto uso per non affaticare la gelatina del cervello già bruciato).

Un cliente che ormai, da tempo educato ad essere passivo e indifferente consumatore di devitalizzate storielle short, compera i libri al supermercato come un ragù già pronto (a buon mercato); un apparato digerente che non ha bisogno dunque, come si diceva una volta, dello strumento testa, ma di un colon non irritabile.

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IL TERZO SGUARDO n.33: Psicocritica e forme di conoscenza della poesia. Anna Maria Guidi, “La carità erotica nell’edonismo geoestetico della poesia di Sandro Penna: un approccio psicocritico”

Psicocritica e forme di conoscenza della poesia. Anna Maria Guidi, La carità erotica nell’edonismo geoestetico della poesia di Sandro Penna: un approccio psicocritico, prefazione di Lia Bronzi, Foggia, Bastogi, 2010

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di Giuseppe Panella*


«La grandezza di Penna – grandezza unica nel nostro secolo – sta infine in una scelta radicale ed estrema. Penna è il solo poeta del Novecento (non solo italiano) il quale non sia mai sceso a patti, per nessuna ragione, con la realtà ideologica, morale, politica, sociale, intellettuale del mondo in cui viviamo. Mai che Penna abbia frequentato, anche solo per un istante, questa realtà. Non la contestava, non la protestava. Delle idee del secolo, Penna aveva anzi rispetto; ma era il rispetto di uno scienziato il quale osservi, incuriosito, un gioco di fanciulli. Penna aveva rifiutato il mondo degli adulti; lo aveva rifiutato come un mondo insignificante, un po’ volgare, un po’ miserabile; un mondo fatto di loschi affari e di vanità risapute, di angosce meschine e di ridicoli imbrogli. Penna aveva rifiutato di “appartenere alla realtà”, la sua parola tematica è “vita”. Se questa scelta sia stata eroica, quanto intelligente e lungimirante, giudicheranno i posteri: “se posteri” – diceva Penna masticando le parole, biascicandole (soffriva di piorrea) con l’orgoglio infantile di chi pronuncia un pensiero pauroso – “se posteri ci saranno”»

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.73: Le colline del ricordo. Paolo Carlucci, “Dicono i tuoi pettini di luce. Canti di Tuscia”

Le colline del ricordo. Paolo Carlucci, Dicono i tuoi pettini di luce. Canti di Tuscia, Roma, Edilazio, 2010

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di Giuseppe Panella*


«SAN PIETRO A TUSCANIA. Lento m’accosto al tuo occhio / di luce / che spazia l’infinito. // Dicono i tuoi pettini di luce, / vento d’arte di vetro, / il saluto commosso e fedele / dell’Apostolo al Signore d’estate, / al plenilunio / tra macchine in sosta» (p. 23).

 

I” pettini” di luce della chiesa sono l’aura che la poesia contribuisce a circonvondere alla sua bellezza strepitosa. Scrive Emerico Giachery nella sua ampia e compatta Prefazione al libro di poesie di Carlucci che “la Tuscia ha dunque trovato il suo poeta” e che inoltre:

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F.Kermode e il senso della fine

di Eleonora Ruzza

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Se nella Filosofia del «come se» (1) Hans Vaihinger riconduce l’intera attività conoscitiva alle finzioni, quali strumenti di difesa contro le ostili contraddizioni dell’ambiente esterno, con The Sense of an Ending (1967) Kermode inaugura gli studi sui confini romanzeschi, attribuendo al come se del novel la funzione di restituire alla linearità del vivere la coesione della forma chiusa. Immerso nel flusso del tempo e imprigionato nella condizione del mezzo, l’individuo è indotto a costruire «finzioni esplicative» in grado di dare un ordine all’incompiutezza delle continue trasformazioni, e rendere tollerabile la successione.

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