L’INTRODUZIONE AL “RICORDO DELLA BASCA” DI ANTONIO DELFINI. Saggio di Domenico Carosso

 L’Introduzione al Ricordo della Basca di Antonio Delfini

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di Domenico Carosso

Il mondo e la vita nascono, in Delfini, con la parola e nella parola. La parola, poi, si rivela nel discorso, nel desiderio amoroso, sicché il linguaggio finisce per presentarsi come un intreccio inestricabile di amore e conoscenza. Un intreccio che nel tempo si afferma come ricordo, e sempre propone una ricerca del tempo perduto, consegnata alla parola scritta, alla scrittura. Così il cerchio si chiude:

«Scrivevo nei miei carnets che avevo incontrato una donna, ch’era la più bella donna del mondo, e non era lei, perché se fosse stata lei non avrei potuto scriverlo. Perché non si scrive mai di ciò che esiste, ma soltanto di ciò che non esiste […] E credo perciò che in tutte le mie note di quegli anni non si trovi mai il nome di Margherita Matesillani, e mai nemmeno una parola che accenni ad un incontro con lei, ad una visione di lei [..]. Se ho scritto di lei è stato indirettamente e senza che io me ne accorgessi. Il che, per me, sarebbe una prova dell’esistenza e della realtà di margherita Matesillani, e un poco anche della mia. […] Il ricordo che ho dei ricordi che sopraggiunsero allora intorno al mio cuore smarrito in una comoda amnesia, servirono a farlo ritrovare nell’ansia, nella speranza e nell’infatuazione sentimentale.»[1]

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I LIBRI DEGLI ALTRI n.7: La canzone amara della metropoli e la danza della morte senza senso. Marilù Oliva, “¡ Tú la pagaras !”

La canzone amara della metropoli e la danza della morte senza senso. Marilù Oliva, ¡ Tú la pagaras !, Roma, Elliot, 2010

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di Giuseppe Panella*


«Mi arrivano, dallo stereo dell’automobile, le parole di una salsa che ho cantato allo sfinimento: tú la pagarás tú la pagarás, tú la pagarás en la vida tú la pagarás, mal agradecida. Tu la pagherai. La canzone mia e di Thomás. La canzone senza senso, machista e puritana, che relama una vendetta d’amore per il maschio che è stato abbandonato» (p. 205).

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Nel fare poetico di Gianmario Lucini. “Monologo del dittatore”

Nel fare poetico di Gianmario Lucini. Monologo del dittatore, Edizioni CFR, 2012 , pp. 104, € 12,00

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di Antonino Contiliano

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Una scrittura poetica che si misura con la storia e ne fa materia di elocuzione lirica con l’insieme del parco ideologico che denota e connota il suo esser-ci – pur nella circolarità dell’“eterno ritorno” (nietzschiano) riformulato con l’immagine calviniana rivisitata (“un viaggiatore invisibile / […] / che […] / si trovi a vivere diversi istanti // nel medesimo luogo – dove nel futuro / saranno altre presenze / indifferenti –.”, Racconto, p. 9) – non può essere letta che epicamente straniante. Epica in quanto parola che racconta l’accaduto e il travaglio dell’accordare l’empirico e il razionale, la prassi e l’ideale; epica anche nel senso di una produzione poetica che, ponendosi quale punto di vista straniante che separa e distanzia la veduta, costantemente tuttavia relaziona tra loro gli elementi costituenti la strutturazione linguistica che simboleggiandola la mima.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.96: I versi che mai saranno prosa. Mauro Raddi, “Le cose della natura e festa!”

I versi che mai saranno prosa. Mauro Raddi, Le cose della natura e festa!, Pistoia, Tipografia Pistoiese, 2011

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di Giuseppe Panella*

 

“Dolcezza estrema / di sentimenti / che negli oggetti / inseguo. / Ma non aggancio: guardo / Da distante mi accosto: Così vivo / così sogno” (p. 279).
Sintetizzare criticamente il progetto che Mauro Raddi esplicita in questa che è la vera e propria summa di un percorso di ricerca condotto con forza espressiva e filosofica determinazione da un numero impressionante di anni (il suo primo libro qui antologizzato è del 1987) non è certo facile né forse fattibile senza un esame analitico in profondità.

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Un’identità postuma. Sergio Garufi, “Il nome giusto”

Sergio Garufi, Il nome giusto, Ponte delle grazie, 2011, pp.334, €16,00

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di Francesco Sasso

 

Ecco il primo libro di Sergio Garufi (Milano, 1963): Il nome giusto; e porta in primo piano la figura di uno scrittore maturo. Ci sono autori che pubblicano libri ogni anno e ci sono autori che indugiano anni prima di dare alle stampe una loro opera. Quest’ultimo è Sergio Garufi.
Il nome giusto, parafrasando il contenuto di un celebre saggio di Giulio Ferroni, è un romanzo che sottolinea la condizione postuma della letteratura e della vita, ma qui nel senso letterale della parola.

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I LIBRI DEGLI ALTRI n.6: La dimensione del vuoto e l’amore che non torna. Lia Tosi, “Il signor Inane”

La dimensione del vuoto e l’amore che non torna. Lia Tosi, Il signor Inane, Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2011

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di Giuseppe Panella*


Che cos’è l’inane secondo i versi di Lucrezio posti in esergo al romanzo di Lia Tosi (namque est in rebus inane, De Rerum Natura, libro I, v. 329) ?

E’ il vuoto tra gli atomi che, scivolando e seguendo la loro naturale inclinazione (clinamen), vanno a realizzare i corpi che compongono l’universo da essi costituiti e che non è, di conseguenza, compatto e pieno (come si potrebbe pensare) ma in gran parte libero e senza obblighi necessitanti in modo da permettere la libera scelta di movimento agli esseri che ne fanno parte. L’inane è, per questa ragione, il vuoto intorno agli esseri, la dimensione profonda in cui essi navigano alla ricerca di una rotta adeguata alla realizzazione dei loro intenti e dei loro sogni passati.

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Vivalascuola. Anno scolastico 2011-2012: quando i duri cominciano a giocare, sulla pelle nostra

Giada è una mia alunna di prima e così scrive nel gruppo di fb della classe: Bene ragazzi, ci si vede l’anno prossimo… Non avrei mai immaginato di finire un anno scolastico così, l’avevo immaginato come una festa per tutti… Tutti con un sorriso stampato in viso bagnati fradici per i gavettoni e invece è finito con il terrore negli occhi di tutti… Se l’estate doveva iniziare così preferivo non iniziasse… (Francesco Mele, da Carpi)

Anno scolastico 2011-2012: quando i duri cominciano a giocare, sulla pelle nostra
di Tullio Carapella

Lo Stato monta pesantemente sulle groppe di questi zappatori come Michael, divora il frutto del loro sudore e in cambio gli caca addosso.
J.M. Coetzee, La vita e il tempo di Michael K.

Cominciando dalla fine: bombe sulla scuola
Scrivere oggi, ai primi di giugno del 2012, un bilancio di questo anno scolastico, non credo sia possibile senza ricordare la morte di Melissa Bassi e il sangue, i feriti e il terrore del 19 maggio, a Brindisi. Non è la prima volta che la morte entra a scuola Leggi il seguito di questo post su LA POESIA E LO SPIRITO »

QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.95: Giorno dopo giorno, la rabbia e l’ Eros cosmogonico. Alfredo De Palchi, “Foemina Tellus”

Giorno dopo giorno, la rabbia e l’ Eros cosmogonico. Alfredo De Palchi, Foemina Tellus, con una Prefazione di Sandro Montalto e una Nota di Luigi Fontanella, Novi Ligure (Alessandria), Joker Edizioni, 2010

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di Giuseppe Panella*


Giorno dopo giorno (“Alfredo De Palchi nasce ogni mattina” – è l’unica nota biografica che si può trovare nel libro), il dolore di vivere permane e si rinnova e così pure la rabbia e il duro (quanto giustificato) risentimento contro coloro che hanno cercato di distruggerne la vita e la passione che l’animava prima dell’esplosione del furore poetico ed affabulatorio.

Foemina Tellus è il libro che conclude forse una carriera poetica densa e tracimante (ma, ovviamente, non si può mai dire mai) e in questa veste va letto come una resa di conti con il Tempo (ormai divenuto nemico) e la Morte, ultimo avversario contro il quale combattere con ferocia e non larvato disappunto. La conclusione della vita appare come un evento del quale si può fare poesia in termini che forse non sarebbero permessi alla prosa.

 

« per il mio compleanno. Il dieci dicembre / la morte è nata / compagna / sposa che allarga le cosce per accogliere / nello zolfo la mia vita // avida a succhiare la tetta sgonfia / rimanere scarna / ossuta e porosa quanto la pretesa / imponderabile »[1].

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