Esoterismo e cospirazione politica nei romanzi di Roberto Arlt: un confronto con Curzio Malaparte e Pier Paolo Pasolini.
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di Primo De Vecchis
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III. complotto nero petrolio
III.1. ‘Rivoluzioni’ e una geometrica angoscia
Los lanzallamas si apre con una chiara ripresa del finale de Los siete locos, dove Erdosain diceva al suo leader: « – ¿Sabe que usted se parece a Lenin?».[1] Nel nuovo romanzo l’interpellato risponde tra sé a mezza voce: «Sí… pero Lenin sabía adonde iba».[2] Ulteriore prova della confusione politica dell’Astrologo, una sorta di Vanna Marchi della ‘rivoluzione’, parola che spicca sempre nei suoi discorsi. Nel frattempo nella realtà fattuale dell’Argentina del 1930 una ‘rivoluzione’ è accaduta davvero. Invero però si tratta di un colpo di Stato militare di stampo reazionario, a protezione degli interessi dell’oligarchia e di imprese petrolifere straniere (la Standard Oil per esempio), organizzato dal gruppo del 7 settembre, capitanato dal generale Uriburu, organizzazione che si autodefinisce nazionalista e ammiratrice del fascismo italiano. È il primo di una lunga serie di colpi di Stato delle caste militari a favore di un’oligarchia autoctona in combutta con interessi stranieri, come di solito accade negli Stati postcoloniali, che invero continuano ad essere colonizzati economicamente da nazioni straniere attraverso l’imposizione di ‘modelli economici’ a svantaggio della collettività, come il cosiddetto modelo agroesportador nel caso argentino.
Arlt si accorge subito che questa ‘rivoluzione’ ha ben poco di rivoluzionario, benché si guadagni l’adesione di studenti universitari e di parte della popolazione aizzata dai media e scontenta della cattiva e ‘corrotta’ gestione padronale del radicale Yrigoien della cosa pubblica, considerando che è da poco esplosa la crisi economica mondiale. Dedica alcune sue acqueforti velatamente ironiche all’evento: ¡Donde quemaban las papas! (7 settembre 1930), Balconeando la revolución (8 settembre 1930), Orejeando la revolución (9 settembre 1930), Prolegómenos revolucionarios (10 settembre 1930), Los que yugaron durante la revolución (11 settembre 1930). Si sofferma sulla violenza sia delle armi che delle opinioni della gente. In un paragrafo di Prolegómenos, intitolato Hay que fusilar, si sofferma sulla mostruosità interiore dell’uomo della strada che approva la radicalizzazione dello scontro politico. Arlt commenta la frase di un commerciante che vorrebbe sopprimere l’insurrezione facendo fucilare i ‘sovversivi’ catturati:
«Vea amigo… (este señor estará muy agradecido que no lo nombre) usted habla mal de los bolcheviques porque mandan a fucilar a sus adversarios; pero usted se comporta del mismo modo que ellos al pretender arreglar todo con fusilamientos.» [3]
È comunque l’inizio della cosiddetta ‘decade infame’ e anche in seguito alcuni colpi di mano militari verranno impropriamente chiamati ‘rivoluzioni’ (come la ben noto ‘revolución libertadora’, che estromise dal governo il generale Perón, costretto poi all’esilio). L’ambiguità si gioca tutta sui termini e sull’uso improprio di questi. Tuttavia l’Astrologo è un parto della fantasia arltiana e non va affatto confuso per esempio col generale Uriburu (come abbiamo visto l’unico personaggio che si avvicina tra i pazzi alle istanze del gruppo golpista del 7 settembre è il Maggiore dell’esercito, un ‘catilinario di destra’). Vedremo ancora invece come l’Astrologo oscilli ambiguamente come un pendolo dall’estrema destra all’estrema sinistra: o forse fondi in realtà la cosiddetta ‘terza via’. Con l’Avvocato (comunista) si lancerà infatti in un lungo e succoso discorso antimperialista ruotante attorno alla geopolitica del petrolio, che ci interessa particolarmente per le connessioni possibili con altri contesti.
Nel primo capitolo invece, El hombre neutro, conversa lungamente con la prostituta Hipólita, che si presenta nella sua dimora dopo che Erdosain (ignaro) si allontana da lì. Hipólita, ormai a conoscenza dei piani criminali dell’Astrologo, ha intenzione di ricattarlo e di chiedergli del denaro in cambio del silenzio, ma accade qualcosa di imprevisto, inatteso, formidabile, la donna cinica e amorale (in verità romantica e disillusa) subisce il magnetismo personalistico del leader rivoluzionario e finisce persino per offrirgli il suo corpo come atto di generosità e stima. Ma il superuomo è castrato, a causa di un banale incidente, una caduta dalle scale, e non può consumare atti sessuali: è tutto votato asceticamente alla sua religione, l’utopia di una bizzarra palingenesi sociale. Il suo discorso diviene a tratti buddista:
«Y la verdad, la verdad es el río que corre, la piedra que cae… El postulado de Newton… es la mentira. Aunque fuera verdad; ponga que el postulado de Newton es verdad, el postulado no es la piedra. Esa diferencia entre el objeto y la definición es la que hace inútil para nuestra vida las verdades o las mentiras de la ciencia».[4]
È un pensiero da mistico tedesco alla Meister Eckhart (che precede Schopenhauer di qualche secolo). Si fonde anche con un’idea vitalista dell’azione (l’élan vital) disgiunta dal mero intellettualismo. Si potrebbe fare il nome di Henri Bergson, che tanta influenza ebbe in Proust, ma anche (a sproposito) in Mussolini, che insieme al culto sorelliano della violenza lo tramuterà in un agire per il gusto di agire, in un fare senza avere una chiara idea della direzione. Si tratta del culto neoeracliteo del ‘divenire’ che tanta fortuna ebbe nei ‘fascismi’ europei:
«La morale du gang est triomphe et vengeance, débaite et ressentiment, inépuisablement. Quand Mussolini exaltait “les forces élémentaires de l’individu”, il annonçait l’exaltation des puissances obscures du sang et de l’instinct, la justification biologique de ce que l’instinct de domination produit de pire. Au procès de Nuremberg, Frank a souligné “la haine de la forme” qui animait Hitler. Il est vrai que cet homme était seulement une force en mouvement, redressée et rendue plus efficace par les calculs de la ruse et d’une implacable clairvoyance tactique. Même sa forme physique, médiocre et banale, ne lui était pas une limite, le fondait dans le masse. Seule, l’action le tenait debout. Etre pour lui, c’était faire».[5]
Anche quindi il misticismo bergsoniano (in sé innocuo e lirico) nella mente del leader assume tonalità ambigue.
«Lo sé. También sé que el amor salvará a los hombres; pero no a estos hombres nuestros. Ahora hay que predicar el odio y el exterminio, la disolución y la violencia».[6]
Questo culto dell’azione e in tal caso dell’azione ‘rivoluzionaria’ sorge spontaneo dalle rovine, dalle macerie del nichilismo occidentale, che ha fatto la sua apparizione verso la metà dell’Ottocento, con il dispiegarsi del trionfo della borghesia su larga scala.
«Yo creo en un único deber: Luchar para destruir esta sociedad implacable. El régimen capitalista en complicidad con los ateos han convertido al hombre en un monstruo escéptico, verdugo de sus semejantes por el placer de un cigarro, de una comida o de un vaso de vino».[7]
Ma qual è l’obiettivo reale dell’Astrologo? La costruzione di una Città dell’Uomo divinizzata (il ‘comunismo’: come lo intende anche Nikolaj Berdjaev nel suo Nuovo Medioevo) o la ‘rivoluzione nichilista’ e distruttiva, prehitleriana, fondata su un neopaganesimo sterile? Ancora non ci è dato saperlo con precisione, anche se ne Los siete locos la bilancia sembra pendere per il secondo, ma ne Los lanzallamas assisteremo a un mutamento, a una radicalizzazione diversa, tipicamente latinoamericana.
El sentido religioso de la vida è dedicato interamente al dostoevskiano Erdosain, che consuma un dialogo ossimorico con il prosseneta Haffner, il cinico ex professore di matematica.
Il nuovo romanzo presenta ancor di più la struttura di un succedersi di scene dialogate, direi teatrali (come certa narrativa ‘drammatica’ dostoevskiana). Ne Los amores de Erdosain il giovane protagonista è tornato nella sua stanzetta e ha disseminato un po’ ovunque il denaro che l’Astrologo gli ha ceduto come ricompensa per la sua collaborazione al piano. Nella sua stanzetta sprofonda nuovamente nell’angoscia allucinatoria della sua mente psicotica, ancora una volta ‘politica’ e ‘follia’ sembrano essere i temi cardine del dittico arltiano. Qui spiccano immagini di un futurismo totalmente negativo e distopico, cupo e fantascientifico, molto vicino alle visioni di uno scrittore anfetaminico e drogato come Philip K. Dick (si veda Do Androids Dream of Electric Sheep?, ispiratore del film Blade Runner di Ridley Scott):
«Es única vereda de sol de una ciudad negra y distante, con graneros cilíndricos de cemento armado, vitrinas de cristales gruesos, y, aunque quiere detenerse, no puede. Se desmorona vertiginosamnete hacia una supercivilisación espantosa: ciudades tremendas en cuyas terrazas cae el polvo de las estrellas, y en cuyos subsuelos, triples redes de ferrocarriles subterráneos superpuestos arrastran una humanidad pálida hacia un infinito progreso de mecanismos inútiles. […] Está absolutamente solo, entre tres mil millones de hombres y en el corazón de una ciudad».[8]
Queste immagini lancinanti accompagnate da un sentimento di ansia esistenziale (che conducono il giovane a contemplare l’idea del suicidio), assieme ai discorsi lucidamente deliranti in chiave socio-geo-politica dell’Astrologo, sono decisamente le parti migliori dell’opera arltiana, quelle dove si concentra tutta l’originalità dirompente dell’autore (molto prima de L’Étranger di Camus e de La Nausée di Sartre). Dopo il dramma però sopraggiunge la farsa. Erdosain dialoga con la padrona della pensione, doña Ignacia, madre di una fanciulla guercia di tredici anni, la quale è sorpresa di vedere tutta quella quantità di denaro nella cameretta dell’ospite, che ha sostituito Barsut. Erdosain passa dal masochismo al cinismo con rapidità e chiede alla donna di sposare la figliola, di nome María. Altro tema che spicca nell’opera arltiana è quello della ‘pedofilia’ o meglio della ‘ninfofilia’ (attrazione per le teenagers o ‘sindrome di Lolita’). Tale tema è decisivo nel capitoletto successivo ed è preponderante nel quarto romanzo dell’autore, El amor brujo, dove si dipinge la storia d’amore tra Balder, un impiegato trentenne, e una ragazza adolescente. Doña Ignacia è felice di gettare la figlioletta nelle fauci di un uomo così ricco (la scusa addotta da Remo è che il brevetto della rosa di rame è stato acquistato da una grande compagnia nordamericana). Ma nel frattempo si presenta alla porta il prosseneta Haffner, che dialoga con Remo su El sentido religioso de la vida (Il senso religioso della vita). Qui il giovane si confessa ancor di più, espone la sua nevrosi da novello ‘uomo del sottosuolo’ che nutre un incessante bisogno di umiliazione, di punizione (come accade anche con alcuni personaggi kafkiani, bramosi di essere messi alla gogna, per espiare una colpa oscura e imperdonabile). Interessante è l’immagine depressiva dello ‘sprofondamento’, tipica degli incubi, dell’inconscio:
«Mi problema consiste en hundirme. En hundirme dentro de un chiquero. ¿Por qué? No sé. Pero me atrae la suciedad. Créalo. Quisiera vivir una existencia sórdida, sucia, hasta decir basta. […] Bueno… Hay en mí una ansiedad de agotar experiencias humillantísimas. ¿Por qué? No sé. Otros, tampoco se duda de esto, rehúyen todo lo que puede humillarlos».[9]
Haffner, che è razionalista, si è già interrogato sull’origine di tale desiderio di umiliazione e avanza un’ipotesi, un sospetto, che per la prima volta viene reso evidente nella vicenda romanzesca qui trattata:
«Esa necesidad de humillación de que habla no es nada más que remordimiento, necesidad de hacerse perdonar por la conciencia algún acto espantoso del que no se puede olvidar. De otro modo no se explica…» [10]
Il crimine compiuto e sepolto nella coscienza potrebbe proprio essere attinente al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza: potrebbe trattarsi dello stupro ai danni di una ragazzina, ma ciò emergerà meglio in seguito. Come al solito, dopo scene dialogate, irrompe un capitolo soggettivo, tutto concentrato nel cervello di Erdosain, nel suo dolore talora prolissamente descritto, analizzato, che assume la visiva concretezza delle forme geometriche (come accadeva già nei primi accenni de Los siete locos). Arlt non è astratto e ne La cortina de la angustia (La cortina dell’angoscia) dà forma e dolore a questa particolare nausea, male di vivere, non attraverso il correlativo oggettivo ma adoperando la geometria, o meglio la pittura cubo-futurista. Gli esempi nel Río de la Plata non mancavano, Xul Solar (appassionato di astrologia) ed Emilio Pettoruti importavano le mode artistiche europee da Parigi, esponevano i propri quadri a Buenos Aires, le riproduzioni di questi comparivano su riviste come il «Martín Fierro», le idee di poetica, anche qui mescolate, le avanguardie adattate al nuovo contesto, circolavano proficuamente tra gli intellettuali portegni. Ecco quindi che una descrizione come la seguente non risulta affatto aliena o bizzarra. Il vuoto angoscioso di Erdosain:
«Éste semeja un triángulo cuyo vértice le llega hasta el cuello cuya base está en su vientre y que por sus catetos helados deja escapar hacia su cerebro el vacío redondo de la incertidumbre».[11]
Come in un caleidoscopio dell’inconscio l’ansia triangolare può tramutarsi in poliedrica:
«Su dolor estalla en un poliedro irregular, los vértices de sufrimiento tocan su tuétanos, el costado de su nuca, una inserción de sus rodillas, un trozo de pleura».[12]
Così come il complesso di inferiorità può lasciare spazio nel giro di pochi minuti al delirio di grandezza.
In Haffner cae (Haffner cade) il narratore segue il destino ormai segnato del prosseneta, che sembra quasi pentirsi della sua condotta insensata, che non lo ha distolto dal freddo taedium vitae, e che pare volersi redimere sposando una fanciulla cieca (che prima aveva intenzione di sfruttare impunemente) e fuggendo in Brasile con un piccolo gruzzolo ottenuto ‘liquidando’ l’attività, ovvero vendendo le sue protette come schiave. Qui per la prima volta Haffner sembra mimare i turbamenti interiori di Erdosain e tale rimuginio condotto vagabondando per le strade della metropoli portegna è accompagnato da una serie di descrizioni pittoriche a metà tra cubofuturismo ed espressionismo. Il paesaggio urbano e la psiche tormentata sono una tipica dialettica arltiana:
«Los letreros de gases de aire líquido reptan las columnatas de los edificios. Tuberías de gases amarillos fijadas entre armazones de acero rojo. Avisos de azul de metileno, rayas verdes de sulfato de cobre. Cabriadas en alturas prodigiosas, cadenas negras de guinches que giran sobre poleas, lubricadas con trozos de grasa amarilla. Más arriba, la noche enfoscada por el vapor humano. Haffner gira lentamente la cabeza, como un fantoche ipnotizado por el reverbero de un crisol».[13]
Finalmente quindi Haffner immagina una via di fuga (velleitaria) all’incubo nel quale si è immerso, ma viene assassinato per strada da due sicari.
III.2. Paralisi dello Stato
Nel frattempo a Temperley l’Astrologo, il dominatore, dialoga con Barsut, la vittima. Il tema oscilla tra il misticismo e la teorizzazione della tecnica del colpo di Stato. Come Malaparte, ancora una volta l’Astrologo crede che la rivoluzione si possa portare a termine con il semplice ausilio di pochi uomini fanatici, addestrati e disposti a tutto (l’avanguardia rivoluzionaria para-terroristica). Si potrebbe rititolare il primo romanzo arltiano così: Quella sporca mezza dozzina (l’allusione ovviamente corre al film The Dirty Dozen di Robert Aldrich del 1967, recentemente ripreso insieme ad altri film in chiave parodistica da Quentin Tarantino in Inglourious Basterds del 2009). Ecco infatti le parole del leader:
«– Me causa alegría pensar que una media docena de voluntades asociadas pueden poner patas arriba a la sociedad mejor constituida».[14]
La riflessione prende spunto anche dallo strapotere delle bande mafiose italoamericane di Al Capone e George Moran. Il leader dei pazzi comincia però ora a sviluppare più lucidamente un pensiero che sarà decisivo nel prossimo capitolo, importante per la nostra analisi, ovvero l’anticapitalismo.
«La verdad es que me indigna el funcionamiento de esta maquinaria capitalista, que tolera las organizaciones más criminales siempre que estas organizaciones reporten un beneficio a los directores de la actual sociedad».[15]
L’allusione polemica è rivolta alla ‘Gomorra’ nordamericana, impero capitalista spesso colluso con il crimine organizzato. Subentra poi di nuovo la riflessione filosofica nicciana mescolata alla base ideologica fornita da Schopenhauer. Dio è morto, ma può essere sostituito da superuomini, come Napoleone e Lenin, che rappresentano la massima estrinsecazione del primato della ‘volontà di vita’ (la Voluntas tramutatasi in ‘volontà di potenza’).
Si ritorna alla fine alle tecniche golpiste-rivoluzionarie. Per conquistare il potere occorre in verità neutralizzare la macchina dello Stato attraverso l’«interrupción de todos los servicios públicos»[16] (come può accadere in caso di calamità naturali, forti nevicate, ecc.):
«¿se da cuenta que un movimiento revolucionario es el mecanismo más complicado que pueda concebirse, porque de inmediato lastima los intereses de la multitud, que es la que puede hacerlo fracasar?» [17]
Ecco quindi che la rivoluzione ha bisogno di squadre d’assalto ben addestrate e di ‘tecnici’, ingegneri. Ricordiamo il pensiero e la tecnica di Trotzki come vengono sintetizzate da Malaparte (che peraltro fu contestato dallo stesso Trotzki, il che non altera la nostra analisi, visto che quello che ci interessa è l’idea che Malaparte ha della tecnica trotzkista, descritta come blanquismo moderno e dunque in parte associabile alle tecniche insurrezionali delle squadre fasciste, benché sussistano differenze di background sociale):
«Ma Trotzki, in realtà, era piuttosto pessimista, egli giudicava la situazione assai più grave di quanto si credesse: diffidava delle masse, sapeva bene che l’insurrezione non poteva contare che su una minoranza. L’idea di provocare lo sciopero generale, trascinando le masse nella lotta armata contro il governo, era un’illusione, poiché soltanto una minoranza avrebbe partecipato all’azione insurrezionale».[18]
Ultimo ingrediente necessario alla buona riuscita del moto rivoluzionario dev’essere il terrore di stampo giacobino ovvero l’immediata fucilazione dei nemici della rivoluzione, che possono mettere a repentaglio la buona riuscita della stessa con tecniche di sabotaggio. Ma le esecuzioni devono anche abbattersi sugli innocenti, per seminare maggior terrore. Un ulteriore parallelismo si può tracciare col discorso malapartiano sempre ruotante attorno alla fosca ed appassionata figura di Trotzki, rivoluzionario di professione e molto più impulsivo e ribelle di Lenin, il teorico e sacerdote-custode del verbo marxista:
«Lenin non può dimenticare che Trotzki, appena liberato dalla prigione di Kresty, dove era stato rinchiuso dopo le giornate di luglio, si reca al Soviet di Pietrogrado e pronuncia un discorso, nel quale proclama la necessità d’instaurare il Terrore giacobino. “La ghigliottina porta a Napoleone” gli gridano i menscevichi. “Io preferisco Napoleone a Kerenski” risponde Trotzki. Lenin non potrà mai dimenticare quella risposta. “Egli preferisce Napoleone a Lenin” dirà più tardi Dzerjinski”».[19]
III.3. Da J. P. Morgan alla Standard Oil
Inizia quindi un capitoletto centrale, sempre dialogico, El Abogado y el Astrólogo, sul quale vorrei soffermarmi, per sviscerare meglio il tema politico e cospirativo dell’opera arltiana. Dopo la brusca uscita di scena nel romanzo precedente, ritorna nella dimora del leader l’Avvocato comunista che è ancora incerto se aderire o meno al complotto del Maggiore dell’esercito. L’Astrologo vuole convincerlo in modo capzioso: occorre appoggiare la presa del potere da parte dei militari, poiché solo la loro rozzezza e il loro pugno di ferro potrà ridestare nelle masse la ‘coscienza rivoluzionaria’. Dunque stavolta il leader rivendica il proprio ‘comunismo’, ma ammette di agire secondo una strategia machiavellica, scacchistica. Ciò che è certo ed imminente è il collasso del capitalismo: «Ha fracasado con la democracia; ahora tiene que fracasar con la dictadura».[20] Ovviamente, come ho già ricordato, tra Los siete locos e Los lanzallamas c’è stato un drastico mutamento politico: noi crediamo che dovremmo valutare il ‘riposizionamento’ ideologico dell’Astrologo anche alla luce di questo, considerando che Arlt è un giornalista e cronista immerso nel presente e molto attento ai cambiamenti in atto. Il generale Uriburu, che dice di rifarsi al fascismo italiano, ha ben poco a che vedere in realtà con Mussolini, propugnatore dell’autarchia (si consideri che l’Italia vanta già un apparato industriale nazionale, soprattuto al nord, che può così puntare sul monopolio del mercato interno). I militari argentini, già in questa data, sono i difensori del capitale straniero, si piegano docilmente alle richieste delle imprese (petrolifere e non solo) angloamericane, sono cattolici e nazionalisti in apparenza, ma antipatrioti di fatto (mentre al contrario il peronismo, situandosi nella ‘terza posizione’ sarà autenticamente ‘patriottico’ e guarderà con favore più alla retorica che alla sostanza del regime italiano, il che giustifica le enormi differenze di realizzazione fattuale: è nota la simpatia di Perón per Mussolini e Hitler).[21]
Ecco quindi che l’Astrologo si lancia in una brillante critica della ‘democrazia’ americana, che in verità andrebbe definita una ‘corporatocrazia’ dalle aspirazioni imperialiste. Un ulteriore ‘discorso’ fiume, frutto di saperi altri (in tal caso la critica all’economia, la geopolitica, le teorie cospirative supportate però da fatti e non fantasie) entrano a far parte del romanzo pastiche-collage, bachtiniano, originalissimo per l’epoca. La lunga tirata del leader inizia con una digressione storica. Dopo aver sostenuto che gli Stati Uniti «es el país más antidemocrático que existe»[22] aggiunge:
«¿ Puede decirme, querido amigo, qué calificativo merece la conducta yanqui o de los bandidos capitalistas yanquis en la América Central?» [23]
Viene quindi analizzata l’interferenza politica degli USA all’interno dei governi degli staterelli minori del Centro America, vittime di vere e proprie azioni di destabilizzazione sociopolitica (che diventeranno poi la norma nella seconda metà del Novecento). Ciò che però l’Astrologo vuole illuminare è la connivenza tra potere politico e potere economico che fa sì che la politica imperiale degli USA sia una diretta emanazione dei fini perseguiti dalle grandi corporations e dai grandi gruppi bancari (ecco perché si può parlare di ‘corporatocrazia’, termine adoperato con juicio dall’insider John Perkins, che poi citeremo, e che può trovare un precedente forse solo nella potente Repubblica di Venezia, che basava sullo spionaggio gran parte della sua egemonia). Il leader smaschera l’astuta strategia adoperata dal capitalismo americano per espandersi con forza e violenza nel ‘cortile di casa’ (e poi altrove nel mondo, in nome della pervicace ed ossessiva ‘lotta al comunismo’):
«– ¿Cuál es el sistema, querido doctor? El siguiente: Los bancos y empresas financieras organizan revoluciones en las cuales, prima facie, aparecen lesionados los intereses americanos. Inmediatamente se produce una intervención armada bajo cuya tutela se realizan elecciones de las que salen elegidos gobiernos que llevan el visto bueno de Norteamérica; estos gobiernos contraen deudas con los Estados Unidos, hasta que el control íntegro de la pequeña república cae en manos de los bancos. Estos Bancos, revise usted la teneduría de los libros de la América Central, son siempre el City Bank, la Equitable Trust, Brown Brothers Company; en Extremo Oriente nos encontramos siempre con la firma de J. P. Morgan y Cía. Nicaragua ha sido invadida para defender los intereses de Brown Brothers Company. Cuando no es la Standard Oil es la Huasteca Petroleum Co. Vea, aquí, a un paso de nosotros, tenemos a un Estado atado de pies y manos por Estados Unidos. Me refiero a Bolivia. Bolivia por un empréstito efectuado en año 1922 de 32 millones de dólares, se encuentra bajo el control del gobierno de los Estados Unidos por intermedio de las empresas bancarias Stiel and Nicolaus Investments Co., Spencer Trask and City y la Equitable Trust Co. Las garantías de este empréstito son todas las entradas fiscales que tiene el gobierno, controladas por una Comisión Fiscal Permanente de tres miembros, de los cuales dos son nombrados por los bancos y un tercero por el gobierno de Bolivia. […] ¿ Se da cuenta?… por treinta y dos millones de dólares. ¿ Qué significa eso? Que un Ford o un Rockefeller en cualquier momento podrían contratar un ejército mercenario que pulverizaría un estado como los nuestros».[24]
In seguito analizzerò la strategia retorica adoperata da Arlt, quella dell’elenco barocco di imprese ed enti, e la metterò a confronto con alcune pagine di Petrolio di Pasolini. Per ora vorrei sottolineare l’estrema lucidità e correttezza della disamina attuata dall’Astrologo, che anticipa una retorica ‘antiamericana’ che avrà grande fortuna nella seconda metà del Novecento. La strategia imperiale degli USA condotta con sotterfugi, inganni, pretesti (di qui la posizione privilegiata dell’intelligence, la CIA, e delle sue operazioni condotte sotto copertura in mezzo mondo) prosegue imperterrita dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma si traveste e bizantinizza, come spiega spietatamente un insider, John Perkins, nel suo saggio (estremamente narrativo, debitore di una certa prosa di Graham Greene e John Le Carré) Confessions of an Economic Hit Man (Confessioni di un sicario dell’economia):
«È ciò che noi sicari dell’economia sappiamo fare meglio: costruire l’impero. Siamo un’élite di persone che utilizza le organizzazioni della finanza internazionale per creare le condizioni affinché altri paesi si sottomettano alla corporatocrazia che domina le nostre grandi aziende, il nostro governo e le nostre banche. Come i loro omologhi della mafia, i sicari dell’economia distribuiscono favori. Questi assumono la forma di prestiti per lo sviluppo delle infrastrutture: centrali elettriche, autostrade, porti, aeroporti o poli industriali. Una condizione per questi prestiti è che a costruire tutte le infrastrutture siano gli studi di progettazione e le imprese edili del nostro paese. In pratica, gran parte del denaro non esce mai dagli Stati Uniti; viene semplicemente trasferito dagli istituti di credito di Washington agli uffici di progettazione di New York, Houston o San Francisco. Sebbene il denaro venga consegnato quasi immediatamente alle aziende che fanno parte della corporatocrazia (il creditore), il paese destinatario è obbligato a restituire l’intero capitale più gli interessi. Quando un sicario dell’economia assolve al meglio il suo compito, i prestiti sono così ingenti che il debitore si trova costretto alla morosità dopo pochi anni. Quando ciò si verifica, proprio come la mafia, pretendiamo il risarcimento dovuto. Ciò comprende una o più delle seguenti condizioni: il controllo dei voti alle Nazioni Unite, l’installazione di basi militari o l’accesso a preziose risorse come il petrolio o il Canale di Panama. Ovviamente, il debitore ci deve comunque il denaro… e un altro paese viene annesso al nostro impero globale».[25]
Che alla base di tale paradigma economico-politico vi sia un chiaro obiettivo fraudolento è puntualizzato in seguito da Perkins quando narra il suo arruolamento all’interno di un’agenzia privata di consulenza economica che insieme ad altri enti sovranazionali di facciata ha un ruolo chiave nell’egemonia delle corporations americane nel mondo e del governo stesso. Nel caso infatti che le strategie (basate per lo più sulla persuasione e sulla corruzione di capi politici stranieri) dei ‘sicari dell’economia’ falliscano, ecco subito intervenire gli sciacalli della CIA (che con veri e propri atti di terrorismo e di sabotaggio, per esempio degli aerei presidenziali, come accadde con la morte di Jaime Roldós Aguilera dell’Ecuador – ma anche di Omar Torrijos di Panamá, che però non fu mai presidente – cercano di eliminare le personalità politiche scomode); nel caso che anche questi sbaglino il colpo, si presenta subito l’opzione militare (è il caso di Saddam Hussein in Iraq):
«Claudine mi disse che c’erano due obiettivi principali nel mio lavoro. Primo, avrei dovuto giustificare gli enormi prestiti internazionali che avrebbero riportato il denaro alla MAIN e ad altre aziende statunitensi (come la Bechtel, la Halliburton, la Stone & Webster e la Brown & Root) attraverso grossi progetti di ingegneria e di edilizia. Secondo, mi sarei dato da fare per mandare in rovina i paesi che ricevevano i prestiti (una volta pagati la MAIN e gli altri appaltatori statunitensi, naturalmente) affinché restassero per sempre in obbligo verso i creditori, costituendo facili bersagli nel caso necessitassimo di qualche favore, quali installazioni di basi militari, voti alle Nazioni Unite o accesso al petrolio e ad altre risorse naturali. […] Di ognuno di questi progetti, l’aspetto che passava sotto silenzio era che si prefiggevano di creare alti profitti per gli appaltatori e far felici un pugno di ricche e influenti famiglie dei paesi destinatari, assicurando al tempo stesso la dipendenza finanziaria a lungo termine e quindi la lealtà politica di governi in tutto il mondo. Più ingente era il prestito, meglio era. Il fatto che il peso del debito di cui il paese si faceva carico avrebbe privato i suoi cittadini più poveri della sanità, dell’istruzione e di altri servizi sociali per i decenni a venire non era preso in considerazione».[26]
Questa quindi è una versione aggiornata alla critica del capitalismo nordamericano imperiale esposta dall’Astrologo, che con questo discorso sembra spostarsi nettamente a sinistra nel panorama politico. Tuttavia non occorre dimenticare che in America Latina l’antiamericanismo può appartenere sia a movimenti populisti di sinistra che di destra. Solo la propaganda neomaccartista statunitense ha tacciato di ‘comunismo’ ogni forma di dissenso alla propria politica imperiale. Questa apparente ‘confusione ideologica’ ha causato non pochi abbagli negli osservatori europei. C’è da notare infatti che nella seconda metà del Novecento un evento storico che segna uno spartiacque tenace è la rivoluzione cubana e la nascita del regime castrista nel 1959 (ma soprattutto la definitiva adesione di Castro al ‘socialismo’ nel 1961). Questo evento di eccezionale importanza (chissà Arlt cosa avrebbe potuto scriverne!) crea un subbuglio ideologico profondo. Per esempio alcuni giovani argentini aderenti a un gruppo cattolico di estrema destra (quasi neonazista) come Tacuara aderiscono poi all’organizzazione di estrema sinistra dei Montoneros (il cosiddetto ‘peronismo rivoluzionario’), i quali anticipano di qualche anno il modello operativo delle Brigate Rosse (si confrontino le foto del sequestro di Aramburu nel maggio del 1970 con quelle di Moro); addirittura altri migraro nell’ERP (trotzkisti), mentre il nucleo più autentico va ad ingrossare le fila dei gruppi di repressione paramilitare che imperversano negli anni Settanta: i Montoneros si proclamano da subito filo-castristi e invocano il ritorno di Perón visto come un nuovo Castro o Mao (idea quantomai errata), mentre i trotzisti dell’ERP invocano semplicemente l’avvento del socialismo (senza Perón). La ricetta dei peronisti di sinistra di un ‘socialismo nacional’ con a capo un leader ormai vecchio e debole come Perón è inevitabile, ma fin troppo utopistica e si risolve in un disastro, poiché el General nel frattempo, in esilio nella Spagna di Franco, si è avvicinato a settori conservatori dell’estrema destra e si circonda di loschi figuri patiti di esoterismo come José Lopez Rega e Licio Gelli.[27] Questa breve digressione serve solo a dimostrare come le ambiguità ideologiche della politica latinoamericana si mostrini già in nuce nei discorsi dell’Astrologo che anticipano ciò che sarà il corso della storia. I Montoneros sono un esempio tra i tanti di commistioni ideologiche con effetti a dir poco esplosivi, che lasciano perplesso anche un intellettuale come Alberto Moravia, che su «L’Espresso» del 29 giugno 1975 pubblica un articolo dal titolo esplicito: Si può coniugare Marx con Perón? Ivi lo scrittore romano si sofferma sullo spettacolare sequestro ad opera dei Montoneros guidati da Firmenich condotto ai danni dei fratelli miliardari Jorge e Juan Born. Il comunicato del gruppo terroristico e le dinamiche militari del sequestro sono paragonabili alle tecniche delle Brigate Rosse (alle quali Moravia dedicherà un articolo due anni dopo: Quel moralismo armato che non esita ad uccidere). Moravia però si sofferma sul linguaggio (espressione di idee) alquanto confuso del comunicato, che viene pubblicato anche nel «Corriere della Sera». Per Moravia la confusione del linguaggio è un rispecchiamento della confusione politica. Ecco perché conclude brillantemente il suo intervento così:
«Certo sembrerà una meschinità stupida e riduttiva fare delle questioni di lingua di fronte alla terribile situazione in cui si trova la nazione argentina, con un’inflazione galoppante, un’enorme disoccupazione operaia, gli squadroni della morte dell’AAA (“Alleanza anticomunista argentina”) che in un solo anno hanno assassinato un migliaio di persone e un governo retto dalla vedova di Perón, Isabel, che ha al suo fianco, come ministro del lavoro, l’ex segretario di Perón José Lopez Rega, chiamato el brujo cioè lo stregone perché, in passato, avrebbe scritto un libro di astrologia in collaborazione con l’arcangelo Gabriele. Certo ci sono questioni più importanti, in Argentina, che curare il linguaggio dei comunicati. Eppure… » [28]
(fine quinta parte)
(qui la quarta parte del saggio)
(qui la sesta parte del saggio)
NOTE
[1] R. Arlt, Lo siete locos, cit., p. 239. «Lo sa che lei somiglia a Lenin?».
[2] R. Arlt, Los lanzallamas, Buenos Aires, Losada, 2004, p. 13. «Sì… ma Lenin sapeva dove andava».
[3] R. Arlt, Aguafuertes porteñas: cultura y política, Prólogo de Sylvia Saítta, Buenos Aires, Losada, 2008, p. 152. «Guardi amico… (questo signore sarà molto grato che non lo nomino) lei parla male dei bolscevichi perché mandano a fucilare i loro avversari; ma lei si comporta nello stesso loro modo nel pretendere di risolvere tutto con le fucilazioni».
[4] R. Arlt, Los lanzallamas, cit., p. 27. «E la verità, la verità è il fiume che scorre, il sasso che cade… Il postulato di Newton… è la menzogna. Anche se fosse vero; metta che il postulato di Newton sia vero, il postulato non è il sasso. Quella differenza tra l’oggetto e la definizione è ciò che rende inutili per la nostra vita le verità o le menzogne della scienza».
[5] A. Camus, L’homme révolté, pp. 229-30 (tr. it. di L. Magrini, L’uomo in rivolta, Prefazione di C. Rosso, Cronologia di A. Ponti, Milano, Bompiani, 1998, p. 198). «La morale del gang è trionfo e vendetta, sconfitta e risentimento, inesauribilmente. Quando Mussolini esaltava “le forze elementari dell’individuo”, annunciava l’esaltazione delle potenze oscure del sangue e dell’istinto, la giustificazione biologica di quanto di peggio produce l’istinto di sopraffazione. Al processo di Norimberga Frank ha sottolineato “l’odio per la forma” da cui era animato Hitler. È vero che quell’uomo era solo una forza in movimento, sostenuta e resa più efficace dai calcoli della furberia e di un’implacabile chiaroveggenza tattica. Il suo stesso aspetto fisico, mediocre e banale, non gli era un limite, lo fondeva nella massa. L’azione sola lo teneva in piedi. Essere, per lui, era fare».
[6] R. Arlt, Los lanzallamas, cit., pp. 31-32. «Lo so. So anche che l’amore salverà gli uomini; ma non questi nostri uomini. Adesso bisogna predicare l’odio e lo sterminio, la dissoluzione e la violenza».
[7] Ivi, p. 35. «Io credo in un unico dovere: Lottare per distruggere questa società implacabile. Il regime capitalista in combutta con gli atei ha trasformato l’uomo in un mostro scettico, carnefice dei suoi simili per il piacere di una sigaretta, di un pasto o di un bicchiere di vino».
[8] Ivi, p. 42-43. «È l’unico sentiero di sole di una città nera e distante, con granai cilindrici di cemento armato, vetrine di vetro grosso, e, benché voglia fermarsi, non può. Si sgretola vertiginosamente verso una superciviltà spaventosa: città tremende nelle cui terrazze cade la polvere delle stelle, e nei cui sottosuoli, triple reti di treni sotterranei sovrapposti trascinano un’umanità pallida verso un infinito progresso di meccanismi inutili. […] È assolutamente solo, in mezzo a tre miliardi di uomini e nel cuore di una città».
[9] Ivi, pp. 57-58. «Il mio problema consiste nello sprofondare. Nello sprofondare in un letamaio. Perché? Non lo so. Ma mi attrae la sporcizia. Lo creda. Vorrei vivere un’esistenza sordida, sporca, fino a dire basta. […] Bene… C’è in me un’ansia di esaurire esperienze umiliantissime. Perché? Non lo so. Altri, nemmeno si dubita di questo, evitano tutto ciò che può umiliarli».
[10] Ivi, p. 60. «Quella necessità di umiliazione della quale parla non è nient’altro che rimorso, necessità di farsi perdonare dalla coscienza qualche atto spaventoso che non può dimenticare. In un altro modo non si spiega… ».
[11] Ivi, p. 66. «Questo somiglia a un triangolo il cui vertice gli arriva fino al collo e la cui base si trova nel suo ventre e che dai suoi cateti gelati lascia sfuggire verso il suo cervello il vuoto rotondo dell’incertezza».
[12] Ivi, p. 78. «Il suo dolore scoppia in un poliedro irregolare, i vertici della sofferenza toccano le sue midolla, il lato della sua nuca, un’inserzione delle sue ginocchia, un pezzo di pleura».
[13] Ivi, p. 84. «Le insegne di gas di aria liquida strisciano nei colonnati degli edifici. Tubature di gas gialli fissate tra orditure di acciaio rosso. Avvisi di un azzurro di metilene, raggi verdi di solfato di rame. Capriate in prodigiose altezze, catene nere di ingranaggi che vorticano su pulegge, lubrificate da pezzi di grasso giallo. Più in alto, la notte intonacata dal vapore umano. Haffner gira lentamente la testa, come un fantoccio ipnotizzato dal riverbero di un crogiolo».
[14] Ivi, p. 90. « – Mi provoca allegria pensare che una mezza dozzina di volontà associate possono mandare all’aria la società meglio organizzata».
[15] Ivi, p. 92. «La verità è che m’indigna il funzionamento di questo macchinario capitalista, che tollera le organizzazioni più criminali sempre che queste organizzazioni procurino un beneficio ai dirigenti dell’attuale società».
[16] Ivi, p. 101. «L’interruzione di tutti i servizi pubblici».
[17] Ibidem. «Si rende conto che un movimento rivoluzionario è il meccanismo più complicato che si possa concepire, perché nell’immediato ferisce gli interessi della moltitudine, che è quella che può farlo fallire».
[18] C. Malaparte, Tecnica del colpo di Stato, cit., p. 221.
[19] Ivi, pp. 226-27.
[20] R. Arlt, Los lanzallamas, cit., p. 109. «È fallito con la democrazia; adesso deve fallire con la dittatura».
[21] Cfr. E. J. Hobsbawn, Il secolo breve, cit., p. 162: «Ciò che i leader latinoamericani presero dal fascismo europeo fu la deificazione da parte delle masse di capi decisi ed energici. Ma le masse che essi volevano mobilitare, non erano composte di persone che temevano di poter perdere qualcosa, ma di persone che non avevano nulla da perdere. E i nemici contro cui mobilitarono quelle masse non erano stranieri o gruppi da emarginare (benché elementi di antisemitismo nella politica peronista o di altri governi argentini fossero innegabili), ma ‘l’oligarchia’, i ricchi e le classi dirigenti locali. Perón trovò la sua base più forte nella classe operaia argentina e il suo movimento era strutturato sul modello dei partiti socialisti ed era costruito attorno a un grande sindacato dei lavoratori che egli aveva promosso e fatto crescere. Getulio Vargas in Brasile percorse la stessa strada. Fu rovesciato dall’esercito nel 1945 e sempre dai militari fu costretto al suicidio nel 1954. Fu la classe operaia delle città, che egli aveva protetto con misure sociali in cambio dell’appoggio politico, a compiangerlo come padre del popolo. I regimi europei fascisti distrussero i movimenti dei lavoratori; i capi latinoamericani, che al fascismo si ispiravano, li costruirono. Storicamente, qualunque sia stata la filiazione intellettuale, non possiamo parlare dello stesso tipo di movimento». Per una trattazione controcorrente sul peronismo argentino, analizzato da un intellettuale di sinistra, si veda: A. Helman, Il peronismo 1945-1955: Una storia argentina raccontata agli italiani, Postfazione di L. Vasapollo, Traduzione di A. Comis, Marina di Massa, Ed. Clandestine, 2005.
[22] R. Arlt, Los lanzallamas, cit., p. 110. «è il paese più antidemocratico che esiste».
[23] Ivi, p. 111. «Può dirmi, caro amico, che qualificativo merita la condotta yanqui o dei banditi capitalisti yanquis nell’America Centrale?».
[24] Ivi, pp. 112-13. «Qual è il sistema, caro dottore? Il seguente: Le banche e le imprese finanziarie organizzano rivoluzioni nelle quali, prima facie, appaiono danneggiati gli interessi americani. Immediatamente si produce un intervento armato sotto la cui tutela si realizzano elezioni dalle quali escono eletti governi che hanno il nulla osta del Nordamerica; questi governi contraggono debiti con gli Stati Uniti, fino a che l’intero controllo della piccola repubblica cade nelle mani delle banche. Queste Banche, controlli lei la contabilità dei libri dell’America Centrale, sono sempre il City Bank, l’Equitable Trust, Brown Brothers Company; nell’Estremo Oriente c’imbattiamo sempre nella firma di J. P. Morgan e Cia. Nicaragua è stata invasa per difendere gli interessi della Brown Brothers Company. Quando non è la Standard Oil è la Huasteca Petroleum Co. Veda, qui, a un passo da noi, abbiamo uno Stato legato mani e piedi dagli Stati Uniti. Mi riferisco a Bolivia. Bolivia per un prestito effettuato nell’anno 1922 di 32 milioni di dollari, si ritrova sotto il controllo del governo degli Stati Uniti per mezzo delle imprese bancarie Stiel and Nicolaus Investments Co., Spencer Trask and City e l’Equitable Trust Co. Le garanzie di questo prestito sono tutte le entrate fiscali che ha il governo, controllate da una Commissione Fiscale Permanente di tre membri, dei quali due sono nominati dalle banche e un terzo dal governo di Bolivia […] Si rende conto?… per trentadue milioni di dollari. Che significa ciò? Che un Ford o un Rockefeller in qualsiasi momento potrebbero contrattare un esercito mercenario che polverizzerebbe uno stato come i nostri».
[25] J. Perkins, Confessioni di un sicario dell’economia: La costruzione dell’impero americano nel racconto di un insider, Prefazione di L. Napoleoni, Traduzione di G. Lupi, Roma, Minimum Fax, 2010, pp. 22-23.
[26] Ivi, pp. 48-49.
[27]Qui ho operato una sintesi brutale e quantomai insufficiente, ma non ho intenzione di addentrarmi nel ginepraio dei gruppuscoli rivoluzionari ed eversivi dell’Argentina degli anni Settanta, che richiederebbero una trattatazione a sé. Vorrei qui ricordare solo l’esempio singolare di José Joe Baxter, proveniente dal Movimiento Nacionalista Tacuara (MNT), fondatore di un ramo eretico del gruppo, il Movimiento Nacionalista Revolucionario Tacuara (MNRT), vicino al peronismo, e che, dopo l’esperienza della guerra in Vietnam insieme ai Vietcong, migra verso il trotzkismo dell’Ejército Revolucionario del Pueblo (ERP). Baxter è stato ammiratore di Hitler, Mussolini e Castro: una vera e propria ‘ensalada rusa’. Cfr. D. Gutman, Tacuara: historia de la primera guerrilla urbana argentina, Buenos Aires, Vergara, 2003.
[28] A. Moravia, Impegno controvoglia: Saggi, articoli, interviste: trentacinque anni di scritti politici, A cura di R. Paris, Introduzione di S. Casini, Milano, Bompiani, 2008, p. 273.
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Primo De Vecchis (San Benedetto del Tronto, 1982) è dottore di ricerca in “Letteratura Comparata e traduzione del testo letterario” (Università di Siena). Ha partecipato al progetto di trascrizione del Diario inedito di Mario Tobino, a cura di Paola Italia. Ha scritto una Nota Storica al romanzo di Tobino, Gli ultimi giorni di Magliano (Mondadori, 2009). Ha pubblicato saggi, articoli e recensioni su riviste («Caffé Michelangiolo», «Nuova Antologia», «Otto/Novecento», «Rivista di Letterature moderne e comparate», «Paragone Letteratura»). Si è occupato anche di autori ispanoamericani come Roberto Arlt ed Ernesto Sábato.