I LIBRI DEGLI ALTRI n.101: Il lento spegnersi di un mondo. Annalisa Macchia, “Interporto est”

Annalisa Macchia, Interporto est, Il lento spegnersi di un mondo. Annalisa Macchia, Interporto est, con una Postfazione di Luigi Fontanella, Bergamo, Moretti & Vitali, 2014

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di Giuseppe Panella

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Interporto est è la narrazione dolorosa e partecipata di un evento personale dell’autrice che, attraverso la mediazione della scrittura poetica, giunge a cogliere una possibile dimensione di condivisa commozione universale. Scrive Luigi Fontanella nella sua Postfazione al testo della Macchia, rilevando la funzione fondamentale del personaggio della madre, figura centrale e, contemporaneamente, muta nella costruzione di quel “filo rosso” che costituisce la sostanza del narrato e lo conduce verso una sorta di bilancio della situazione del presente :

«In fondo, questo poemetto, di notevole compattezza lirica ed elegiaca, potrebbe anche (a tratti perfino fellinianamente) inquadrarsi in una sorta di rassegna di luoghi e personaggi familiari, divenuti, col tempo, spiriti benevoli, un po’ come lo erano i Lari domestici : le antiche divinità romane, protettrici di case e di crocicchi, in certi momenti quasi delle parusìe ormai incastonate per sempre in un tempo-luogo autre. Ma ecco che basta un tocco di campana a squarciare l’incanto, non importa se il suo suono oggi è prodotto meccanicamente1. In tutto il poemetto, intensamente evocativo, c’è un personaggio, la madre dell’autrice, che fa da tramite al dialogo ininterrotto con questo luogo ; è lei, personaggio silente (ma eloquente per le immagini che richiama), a tenere il capo di quel filo. Indicativo, in tal senso, il “tu” frequentemente a lei diretto – ma ambiguamente rivolto anche a lei stessa-rievocante ; un “colloquio” muto e struggente che serve a interrogare tramite lei il passato, sia, nel confronto, a meglio comprendere se stessa scrivente, ora che la sua interlocutrice è scomparsa per sempre, sebbene solo fisicamente»2.

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Remainders n.16: Giorgio Bassani, “Il giardino dei Finzi-Contini”

Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-ContiniGiorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, Mondadori, 1991, pp.241.

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di Francesco Sasso

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Giorgio Bassani, nato a Bologna nel 1916 da famiglia ebrea ma vissuto fino al 1943 a Ferrara, intraprende gli studi classici, poi conclusasi con la laurea in Lettere all’Ateneo bolognese. Subì, come molti altri intellettuali di origine ebraica, a persecuzione del Regime.

Poeta e romanziere, una delle sue opere più bella è Il giardino dei Finzi-Contini (1962), che qui ricordiamo a oltre cinquant’anni dalla pubblicazione. In questo libro il prevalere della componente intimistica non esclude l’impegno etico-civile, che, precisandosi nella condanna della violenza razzistica, fa qui da sottofondo al racconto della vicenda ambientata in una comunità israelitica al tempo della dittatura fascista. Per questo motivo, Ermanno e Olga Finzi-Contini, ebrei ricchi e da tempo estraniatesi dalla vita comunitaria ebrea di Ferrara, decidono di aprire il proprio parco, con annesso il campo da tennis, ad alcuni giovani scacciati da un circolo tennistico dopo le leggi razziali. Fra questi giovani c’è l’io narrante e i figli del padrone di casa, Alberto e Micòl.

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I LIBRI DEGLI ALTRI n.100: La folla solitaria. Carmelo Consoli, “La solitudine dei metrò”

Carmelo Consoli, La solitudine dei metròLa folla solitaria. Carmelo Consoli, La solitudine dei metrò, prefazione di Paolo Ruffilli, Castelfranco Veneto (Treviso), Biblioteca dei Leoni – LCE Edizioni, 2014

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di Giuseppe Panella

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Una Terra Desolata di dimensioni certo meno epocali balena frequentemente nei versi sconsolanti ma classicamente proposti e torniti da Carmelo Consoli. La solitudine della vita in città che un tempo costituivano un ideale di convivenza civile e umana è il tema fondamentale di questa raccolta ricomposta e definita come un ideale poemetto in cui esperienza personale e sentimentale e vocazione della scrittura si riuniscono in un tentativo riuscito di loro sintesi.

Consoli soffre della sua visione della “folla solitaria”1 di cui pure è costretto a fare parte e in cui si immerge sia pure a fatica, con un intimo moto di ripulsa.

La cifra che ne risulta è un’angoscia diffusa, una forma assoluta di ripiegamento su se stesso che solo nella scrittura poetica potrà trovare qualche forma di risarcimento adeguato. Scrive a questo proposito anche Paolo Ruffilli nella sua Prefazione al volumetto :

«Dominante, in questa poesia che si può definire “civile”, è la componente angosciosa: quella, appunto, che deriva da una lucida analisi della realtà, dalla conoscenza e dalla consapevolezza del suo degrado, di una progressiva alienazione che si è impadronita dell’uomo. E c’è tuttavia l’innescarsi, in questo quadro negativo, di una speranza, di una possibilità di salvezza, legata all’ottimismo della volontà contro il pessimismo della ragione. Al centro di questo libro si pone la mitologia del quotidiano, colta nel suo paesaggio privilegiato, quello urbano, con i suoi esterni ed interni, case, strade, dove mostruoso rilievo acquistano i resti di quella civiltà meccanica che, accompagnandoci ormai costantemente senza mollarci attraverso computer e cellulari, mentre ci offre nuove e più larghe opportunità, ci assedia e ci svuota di ogni personalità, condannandoci alla solitudine e all’insoddisfazione»2.

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I LIBRI DEGLI ALTRI n.99: Dediche e sogni di una vita migliore. Carlangelo Mauro: “Il giardino e i passi”; “Liberi di dire. Saggi su poeti contemporanei”; “Rifare un mondo. Sui ‘Colloqui’ di Quasimodo”

Carlangelo Mauro, Liberi di direIl Giardino e i passi - Carlangelo Mauro Dediche e sogni di una vita migliore. Carlangelo Mauro, Il giardino e i passi, prefazione di Maurizio Cucchi, Milano, Archinto, 2012; Liberi di dire. Saggi su poeti contemporanei, Avellino, Edizioni di “Sinestesie”, 2013; Rifare un mondo. Sui “Colloqui” di Quasimodo, Avellino, Edizioni di “Sinestesie”, 2013

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di Giuseppe Panella

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La cifra più autenticamente rilevante dell’opera poetica di Carlangelo Mauro poeta è sicuramente la sua “passione del presente”, fatta di memorie e increspata di ricordi anche minuti ma tali da conferire senso alle vicende di un oggi che sembra non volerne tenere più. E’ il parere (certo autorevole) anche di Maurizio Cucchi :

«Gli aspetti che subito emergono anche a una prima lettura di questo libro di Carlangelo Mauro sono a mio avviso due : la sottigliezza e l’acutezza della scrittura e l’insistere di una memoria che è anche, o soprattutto, memoria familiare e storica, e che risale, dunque, anche decisamente indietro nel tempo, come se l’autore se ne sentisse in qualche modo, ma certo senza opporsi, risucchiato. […] Il suo è un verso breve, asciutto, eppure denso, che deve la sua ristretta misura a una attenta economia della parola, a un rispetto che non viene mai meno per la parola stessa, insieme a una felice vocazione antiretorica, quella che gli consente di esprimere il sentimento – che pure si avverte pulsare vivamente – senza sottolineature di alcun genere, e dunque con singolare autenticità, con piena verità personale. Una questione di stile e di gusto, s’intende ; ma anche e soprattutto, direi, una questione di moralissimo decoro»1.

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IL TKC TEATRO DELLA GIOVENTU’ DI GENOVA DISTRUTTO DALL’ALLUVIONE

IL TKC TEATRO DELLA GIOVENTU’ DI GENOVA DISTRUTTO DALL’ALLUVIONE

 

Comunicato Stampa con preghiera di diffusione e pubblicazione.

 

Genova, 11 ottobre 2014

 

Quella del Tkc Teatro della Gioventù di Genova è un’avventura iniziata nel gennaio 2012. Il Tkc Teatro della Gioventù è diventato la casa della The Kitchen Company. Un Teatro di sola produzione, una Compagnia teatrale composta da giovani attori, organizzatori, tecnici, collaboratori di ogni genere, tutti under 30, condotti dall’esperienza di Massimo Chiesa ed Eleonora d’Urso. Uno degli obiettivi principali di questo progetto è quello di ricreare e creare un pubblico teatrale per la prosa, il più vasto possibile.

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Remainders n.15: Italo Calvino, “Il sentiero dei nidi di ragno”

calvino-Il sentiero dei nidi di ragnoItalo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno

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di Francesco Sasso

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Nella prima opera – Il sentiero dei nidi di ragno – Calvino si ispirò alla materia della lotta partigiana; ma affidò il ruolo di protagonista non ad un eroe positivo, bensì ad un bizzarro e scanzonato ragazzo, Pin; il quale, venuto in possesso di una pistola (l’ha sottratta ad un tedesco che sua sorella, una prostituta, stava intrattenendo) decide, per puro gusto d’avventura, di unirsi ad una brigata di partigiani sbandati, mossi da istinti primitivi e da pulsioni elementari, e vive con essi una serie di vicende picaresche, nel corso delle quali scopre non le ragioni etico-politiche della Resistenza, ma i messaggi favolosi della natura. La scelta di un siffatto protagonista e l’assunzione della sua ottica di fanciullo consentirono a Calvino di evitare le retoriche solennità di certa agiografia resistenziale e di liberare una sua autentica vena favolistica. Tuttavia, non tutto il libro respira nella dimensione del favoloso: alle pagine aeree che dicono gli stupori di Pin lungo i “sentieri” delle sue scoperte, si accompagnano pagine appesantite da materia non risolta di ipoteca neorealista.

f.s.

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I LIBRI DEGLI ALTRI n.98: Perché si scrivono libri inutili? Un paio di interrogativi ad uso critico (e non solo)

Perché si scrivono libri inutili ? Un paio di interrogativi ad uso critico (e non solo)

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di Giuseppe Panella

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La stroncatura non è un genere letterario che probabilmente non mi si conviene molto e questo spiegherebbe perché finora non ne ho mai scritte di alcun tipo.

Inoltre, fedele all’imperativo di Ludwig Wittgenstein per cui “su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”, mi sono sempre astenuto dal criticare severamente alcuno o alcunché.

Anche stavolta non sarà tanto una recensione volutamente impietosa che scriverò quanto una serie di riflessioni su un fenomeno che mi inquieta e mi diverte insieme.

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