Walter Benjamin: uno sguardo al futuro. L’edizione critica di L’opera d’arte nel tempo della sua riproducibilità tecnica
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di Marco Fagioli
L’edizione critica e sinottica delle cinque versioni di L’opera d’arte nel tempo della sua riproducibilità tecnica, a cura di Salvatore Cariati, Vincenzo Cicero e Luciano Tripepi (testi a fronte, direttore Giovanni Reale, Bompiani, Firenze-Milano 2017) rappresenta senza dubbio l’episodio più rilevante della critica benjaminiana in Italia, dopo le due diverse edizioni delle Opere presso Einaudi.
In Italia L’opera d’arte (Kunstwerkaufsatz), dopo la sua apparizione nel 1966, nella traduzione di Enrico Filippini con la prefazione “storica” di Cesare Cases, e il diverso titolo di L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, era uscita nelle sue diverse redazioni nel 2004 e 2006, a cura di Enrico Ganni, sempre nella versione Filippini; nel 2011 ancora Filippini, a cura di Francesco Valagussa con un saggio di Massimo Cacciari, nel 2012 tutte e tre le versioni (1936-1939) nella traduzione di M. Baldi per la cura di Fabrizio Desideri, nel 2012 la traduzione di R. Rizzo a cura di F. Ferrari, ancora per la prima stesura dattiloscritta (1935-36), a cura di A. Pinotti e A. Somaini, la seconda versione (1936) tradotta da Giulio Schiavoni e infine la prima versione nel 2016 a cura di M. Montanelli e M. Palma.
La letteratura critica sul libro di Benjamin, stando alla bibliografia riportata nel volume, elenca ottanta titoli, senza contare la miriade di recensioni e articoli apparsi in giornali e riviste. L’opera d’arte è stato dunque lo scritto di Benjamin più studiato in Italia e nella storia della sua critica si può definire il succedersi delle diverse interpretazioni.
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