UGO OJETTI, Alla scoperta dei letterati. Colloquii con Carducci, Panzacchi, Fogazzaro, Lioy, Verga, Praga, De Roberto, Cantù, Butti, De Amicis, Pascoli, Marradi, Antona-Traversi, Martini, Capuana, Pascarella, Bonghi, Graf, Scarfoglio, Serao, Colautti, Bracco, Gallina, Giacosa, Oliva, D’Annunzio, Fratelli bocca editore, Milano, 1899
pagine mancanti
[…] giornalisti politici, ora femine, ora preti cattolici. Appena due o tre sono colti e sinceri; ma le lor voci, per la permanente scissione etnica dell’ancor vano regno d’Italia, non sono intese oltre i termini della regione che è loro. Così generalmente avviene che gli altri pseudo-critici, non sapendo parlare, sputino su tutto e su tutti e, ora che i preti non sono più in onore, gridino — come quelli una volta solevano — il pulvis es sopra ogni opera nuova. Del resto, anche se migliori e più franchi ve ne fossero, dove scriverebbero essi? Sono i giornali politici barbariche rocche chiuse dove è difficile entrare per chi nobilmente in sua lingua scriva della patria arte e delle lettere patrie (troppo i politicanti sono nemici della grammatica e temono il paragone); sono le riviste rare e o giovani e ignote e passeggere, o vecchie e superstiziose e pedanti; sono i libri difficili a farsi perchè gli editori italiani non intendono che la critica storica e sono per lo più poveri e miopi. Dove scriverebbero i critici, se mai sapessero scrivere? Così avviene che, per mancanza di araldi, il letterato venga in fama solo dopo molte prove quando pure non giaccia fino dal primo armeggiare spaurito dalla solitudine ambiente; così avviene che il pubblico, pure lentamente abbandonando i libri di Francia per quelli d’Italia e anche i cattivi per i buoni, non veda tutto insieme il mutamento e séguiti anch’esso cui arretrare davanti a un libro italiano, e accordandosi al raglio dei prelodati critici, faccia la smorfia: — Ohibò!
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