
Letteratura italiana e codice siciliano
di Stefano Lanuzza
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Che, come affermato da taluno, la Letteratura Italiana sia, forse o un bel po’, letteratura di scrittori siciliani vorrebbero dimostrarlo – riferendosi, in questa occasione, solo al passaggio tra Primo e Secondo Novecento fino ai giorni nostri, e limitandosi ad alcuni essenziali nomi – di Vittorini, Quasimodo, Brancati, Buttitta, Sciascia, Tomasi di Lampedusa, Fiore, Ripellino, Cacciatore, Bonaviri, Fava, Isgrò, Perriera, Di Marco, Testa, Cattafi, Bufalino, D’Arrigo, Consolo, Addamo, Laura di Falco, Silvana Grasso, fino a Camilleri (senza trascurare i Savatteri, Calaciura, Alajmo, Agnello Horbny, Genovese, Gerbino, Maugeri, Torregrossa, Santangelo, Enia, La Spina, Viola Di Grado, Stefania Auci…). S’associa a tale contesto l’etneo Mario Grasso (Acireale, 1932), poeta in lingua e in dialetto, narratore, saggista, traduttore e giornalista che ha fatto del retaggio siciliano proiettato nella complessità del mondo la propria stessa poetica.
Dopo una messe di opere che coprono un periodo dal 1968 a oggi, ora Grasso pubblica un monumentale Vocabolario Siciliano due (Catania, Prova d’Autore, 2021, pp. 311, € 18,00), séguito in versi dialettali d’un primo Vocabolario siciliano (idem, 1989 e 2005) introdotto da un’attenta prefazione di Maria Corti. Sempre con Prova d’Autore, s’aggiunge il volume di versi in lingua italiana Algebre e sigilli (2021, pp. 108, € 16,00).
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