Appunti sulla «funzione-Pirandello»: percorsi nel romanzo
Gli sconfinamenti della verità
di Manuele Marinoni (Università degli studi di Firenze)
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Esiste, innegabilmente, nella narrativa italiana del Novecento una «funzione Pirandello»1. Scorrendo le pagine di uno dei libri di critica letteraria più importanti del secolo scorso, Novecento passato remoto di Luigi Baldacci2, è facile imbattersi in appunti, definizioni, concettualizzazioni che fanno carico al sistema pirandelliano, il quale non è solo un punto di partenza, una sorgente di temi o motivi a cui abbeverarsi, ma è anzitutto un modello ermeneutico utile a discernere i perimetri di dicibilità e di veridicità del reale e, ancor più nel dettaglio, è una fondamentale bussola per orientarsi nell’intricato rapporto dell’individuo con le cose del mondo. Ed è proprio questo l’addendo nevralgico che giustifica il senso per cui Pirandello ha provocato circuiti paradossali di conoscenza validi per discriminare luci e ombre che il soggetto intravede nell’orizzonte del reale, soprattutto nell’epoca moderna3. Luci e ombre che, indistintamente, appartengono tanto alla realtà esterna quanto a quella dell’ipertrofico e disgregato soggetto4.