“Canzonieri elettronici. Le forme della poesia tecnologica” (2022) e “Videopoesia – Le forme della poesia tecnologica” (2019) di Valerio Cuccaroni

Un’indagine sulle caratteristiche e l’evoluzione della poesia elettronica in Italia dalle sue origini al Duemila, secolo che ne registra l’approdo alla forma del canzoniere elettronico (2022)


di Valerio Cuccaroni

Il Novecento fu il secolo del montaggio: editing, cut-up e collage furono le tecniche che determinarono le forme peculiari del cinema, della letteratura modernista e delle arti visive contemporanee. E il Duemila? Il Duemila è il secolo dell’algoritmo. Nonostante la produzione poetica abbondi su Internet e forme di ipertestualità siano inevitabilmente presenti in tutti i blog e siti italiani, pochissime, tuttavia, sono le autrici e gli autori di opere ascrivibili al genere connaturato al computer e alla rete, definito nel tempo computer poetrypoesia digitale e ipertestuale (traslitterazioni di digital e hypertext poetry), infine poesia elettronica, per usare il termine coniato da Fabrizio Venerandi per intitolare il suo canzoniere digitale (Venerandi 2016), il primo a essere programmato al computer nella storia della letteratura italiana.

La poesia elettronica non è la poesia pubblicata su Internet, così come la videopoesia non è la poesia recitata davanti a una telecamera. La poesia elettronica è un ibrido di linguaggio alfabetico e di linguaggio informatico, che può a sua volta incorporarne altri (audiovisivo, musicale, ecc.). Per ciò che riguarda la poesia ipertestuale in senso stretto, essa si basa sulla navigazione non lineare del testo.

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Videopoesia (2019)

di Valerio Cuccaroni


Introduzione

Le forme della poesia tecnologica

A proposito delle sue incursioni nell’arte visiva, Andrea Inglese afferma di essere un «goloso d’arte» e nota la oggettiva «prossimità tra poesia contemporanea e arti, intese in senso ampio: dalla fotografia alla performance. Questa prossimità è in gran parte ignorata da quel che resta della “scena ufficiale” della poesia italiana, ma è stata riportata in auge almeno durante gli anni Sessanta e Settanta grazie alle neoavanguardie letterarie in vari paesi, incluso il nostro» (Inglese 2017, p. 150).

Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, in effetti, la ricerca di una via alternativa alla lirica, ha portato allo sviluppo di molteplici correnti: accanto alla poesia della Neoavanguardia, cresciuta nell’alveo della rivista «il verri» e presentata nell’antologia del 1961 I novissimi, che si poneva in un atteggiamento di rifiuto della comunicazione, e accanto alla poesia sperimentale, teorizzata e praticata dai poeti della rivista «Officina», che al contrario del Gruppo 63 cercavano una soluzione per conciliare espressione e comunicazione poetica, si sviluppò, nel fervore teorico e pratico di quegli anni, la poesia tecnologica o visiva.

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