SUL TAMBURO n.11: Sauro Albisani, “Orografie”

Sauro Albisani, OrografieSauro Albisani, Orografie, prefazione di Giancarlo Pontiggia, Firenze, Passigli, 2014

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di Giuseppe Panella

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La vita di ognuno si configura come una carta geografica, una mappa in cui sono segnalati i luoghi notevoli, i laghi, i fiumi, le montagne, le altezze significative che popolano le platitudes dell’esistenza. Anche la poesia aspira ad essere una cartografia delle passioni, degli scacchi, delle insofferenze e delle impossibilità della gloria che costituisce, nella miseria e nella gioia, la sostanza degli eventi che costellano ciò che inevitabilmente accade ogni giorno. Questa raccolta di liriche di Albisani, uscita a non molta distanza di tempo dalla Valle delle visioni1, cerca di rendere conto di questi dislivelli, di queste asperità, di queste impossibili riduzioni dell’esistenza a puro picco di ovvietà quotidiana senza che se ne debbano ricercare le cause profonde, i sogni inquietanti, le aspirazioni inconfondibili:

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I LIBRI DEGLI ALTRI n.43: Mi(s)tica del quotidiano. Sauro Albisani, “La valle delle visioni”

Sauro Albisani, La valle delle visioniMi(s)tica del quotidiano. Sauro Albisani, La valle delle visioni, Firenze, Passigli, 2012

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di Giuseppe Panella

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Sauro Albisani, discepolo spirituale di Carlo Betocchi e  conosciuto anche come autore teatrale, non ha certo bisogno di lunghe presentazioni delle sue opere.

Alcune delle sue opere (Campo del sangue, il dramma del 1987 edito da Vallecchi e Terra e cenere, Il Labirinto, del 2002) sono conosciute al pubblico dei lettori di poesia italiana contemporanea. Apparso diciannove anni dopo All’uomo nuovo e dieci dopo Terra e cenere, l’ultima fatica lirica di Albisani si presenta come il poema di una vita, soprattutto familiare, ma soprattutto il bilancio di una solitudine incardinata in una scrittura che alla dimensione colloquiale di alcuni momenti alterna il tono alto della confessione (ma di ascendenza romantica – caratteristica della prosa autobiografica da Rousseau e Tolstoj in poi – piuttosto che di quella teologico-religiosa tipica di Sant’Agostino). Il poeta qui si mette a nudo e si conforta trovandosi carente e umiliandosi, cercando una spiegazione al suo disagio e una verifica del suo passato nel bene e nel male.

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