«Desdemona. Che scriveresti di me, dovendo fare il mio elogio?
Iago. Non me lo domandate, signora. Io non sono altro che un critico»
(William Shakespeare, Otello, atto II, scena I; epigrafe rubata – con ammirazione – dal titolo di un libro di Morando Morandini)
Non scoraggiate la critica. Alfonso Berardinelli e la cultura letteraria italiana
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di Giuseppe Panella
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1. Intellettuali o misantropi?
Il tema della necessità e dell’importanza della funzione degli intellettuali tormenta da sempre l’intelligenza critica di Alfonso Berardinelli. Alla riflessione su questo argomento ha dedicato numerosi libri e libretti – uno di essi, di notevole acume, si intitolava L’esteta e il politico: sulla nuova piccola borghesia e si proponeva di sondare la consistenza di diverse e possibili tipologie di questa nuova, anche se non certo inedita, categoria sociale[1]; un altro, di undici anni dopo, L’eroe che pensa. Disavventure dell’impegno (Torino, Einaudi, 1997), ritornava sul tema in chiave più divertita e, se possibile, più amara, con momenti, tuttavia, di forte coinvolgimento satirico. I bersagli, anche se spesso erano riconoscibili, non erano mai troppo palesi o diretti per evitare l’effetto-domino della polemica ad personam.