Tipologie del disagio umano. Luisa Brancaccio, Stanno tutti bene tranne me, Torino, Einaudi, 2013
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di Giuseppe Panella
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Un blocco di appartamenti in una zona residenziale di una città di cui non viene mai fatto il nome e che può essere qualsiasi grande insediamento urbano italiano è il teatro delle vicende di una serie di esistenze umane che si incrociano e si ritrovano all’interno della descrizione di una serie di tipologie (peraltro assai diffuse) del disagio esistenziale, di quello che una volta, con termine preso a prestito dalla filosofia hegelo-marxista, veniva definita “alienazione”.
Nel primo capitolo di questo romanzo di esordio di Luisa Brancaccio (classe 1970 ed ex-appartenente a quella che, per una breve stagione letteraria, è stata definita “gioventù cannibale”), sono due fratelli a esibire le loro angosce e le loro passioni: lui, studente di medicina che ha appena fallito il fondamentale esame di anatomia senza avere il coraggio di dirlo ai suoi genitori, riceve in regalo dalla sorella una bustina di eroina e ammette la sua dipendenza dalle droghe pesanti (non ritornerà più nella narrazione).