William Gaddis, “Gotico Americano”

William Gaddis – Gotico Americano

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di Amedeo Buonanno

Leggere un romanzo di Gaddis è sempre un’esperienza edificante, il turbinio dei dialoghi fa sì che il lettore da statico diventi un vero protagonista del racconto origliando, guardando dal buco della serratura lo svolgersi degli eventi. Inizialmente si è spaesati, si hanno le vertigini per la quantità di informazioni, per la densità dei discorsi ma poi ci si abitua e le cose iniziano a prendere forma. “Gotico Americano”, il terzo romanzo di Gaddis, non è differente, anzi, lo scenario claustrofobico della casa in stile gotico americano in cui è ambientato, ne esalta la drammaticità. Seppure la dimensione dell’opera è minore di quella dei precedenti lavori di Gaddis, la profonda e severa critica alla società è immodificata.

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Umberto Eco, “Il cimitero di Praga”

Umberto Eco, Il cimitero di Praga (Bompiani – 2010)

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di Amedeo Buonanno

Il solo personaggio inventato di questa storia è il protagonista, Simone Simonini […] tutti gli altri personaggi […] sono realmente esistiti e hanno fatto e detto le cose che fanno e dicono in questo romanzo” (pag. 515). Questo scrive Umberto Eco alla fine del suo ultimo romanzo “Il cimitero di Praga” ed è per questo motivo che partiremo dalla Storia, quella vera, in cui si segue la nascita de “I protocolli dei Savi di Sion” con la successione dei testi che ne hanno ispirato la genesi e ne vedremo l’intreccio con la storia, quella di finzione, che Eco crea usando il protagonista Simonino Simonini.

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William Gaddis, “JR”

William Gaddis  – JR

(Alet Edizioni, 2009)

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di Amedeo Buonanno

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“JR” è la prima opera di William Gaddis a ricevere il National Book Award nel 1976 ma sono stati necessari quasi 35 anni per vederne pubblicata in Italia la traduzione ad opera dell’ottimo Vincenzo Mantovani e della coraggiosa casa editrice Alet Edizioni.

Molti sono gli aspetti che potrebbero scoraggiarne la lettura: la dimensione notevole (quasi 1000 pagine), l’uso esclusivo del dialogo tra personaggi senza l’indicazione di chi sia di volta in volta a parlare, un gran numero di personaggi e storie che si intrecciano, insomma tutti ingredienti che potrebbero allontanare un lettore medio; ma questo lettore perderebbe la possibilità di leggere una grandissima opera letteraria, lucida, satirica, in molti punti anche esilarante. Una volta iniziato a leggere, seguendone il ritmo, non si potrà che godere del piacere della lettura. Come infatti osserva Thomas Moore [1], l’uso del dialogo aumenta la vitalità del racconto riducendo la differenza tra la durata di un episodio ed il tempo necessario per leggerlo. Se infatti lo stesso libro fosse stato scritto usando metodi “tradizionali” sarebbe stato necessario un numero di pagine ben maggiore e la scelta coraggiosa di eliminare completamente la voce narrante, ha il preciso obiettivo di aumentare l’immediatezza e la partecipazione del lettore.

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“Le perizie” di William Gaddis

di Amedeo Buonanno

 
“L’errato giudizio di una generazione è sempre fonte di sorpresa per la successiva.” Uguale stupore, suggerisce Steven Moore nel suo saggio “William Gaddis”, ci prende ora quando veniamo a conoscenza che “Le perizie”, opera prima di William Gaddis pubblicata nel 1955, fosse stata largamente ignorata per 20 anni fino alla pubblicazione, nel 1975, di “JR”. Sfortunatamente in Italia l’autore continua ad essere perlopiù ignoto nonostante la vittoria del National Book Award per ben due volte (nel 1976 per “JR” e nel 1994 per “Frolic of his own”). La sua ridotta notorietà qui da noi è andata di pari passo con la mancata traduzione delle sue opere in italiano, basti pensare che solo nel 2009,  dopo 34 anni dalla sua pubblicazione, è apparso sugli scaffali delle librerie, per i tipi di Alet, “JR“.

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“Contro il giorno” di Thomas Pynchon. Recensione di Amedeo Buonanno

di Amedeo Buonanno

 

Thomas Pynchon, Contro il giorno, Rizzoli, 2009, 1136 pp.

Thomas R. Pynchon è sicuramente uno degli autori americani più interessanti della letteratura contemporanea. La sua riservatezza, diventata leggendaria tanto da farne lo scrittore recluso per antonomasia, insieme ad alcune sue particolarità, come l’invio del comico Irwin Corey a ritirare per lui il prestigioso National Book Award nel 1974 per Gravity’s Rainbow o come il rifiuto della Howells Medal dell’American Academy, sempre per Gravity’s Rainbow, dovuto ad una mancata assegnazione del premio Pulitzer per lo stesso libro, ne fanno un personaggio sui generis ed interessante. Il nostro interesse qui, però, non è rivolto al personaggio Pynchon ma al suo penultimo romanzo, Contro il giorno, pubblicato negli Stati Uniti nel 2006 ma che solo quest’anno, dopo tre anni di lavoro, viene pubblicato da Rizzoli nella traduzione di Massimo Bocchiola. Il libro si presenta imponente già a prima vista con le sue 1127 pagine che rappresentano un deterrente per molti lettori e uno stimolo per gli appassionati. Nella sua mastodontica mole è racchiusa un’infinità di storie e di personaggi che, come spesso capita nei romanzi di Pynchon, sono uniti da fili conduttori che solo durante la lettura vengono man mano messi a fuoco e non necessariamente in modo definitivo.

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