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quaderno elettronico di critica letteraria a cura di Francesco Sasso e Giuseppe Panella (2008-2019)
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Un concorso pubblico di Dino Campana. Paolo Maccari, Il poeta sotto esame, con due importanti inediti di Dino Campana, Firenze, Passigli, 2012
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di Giuseppe Panella*
Anche Dino Campana, il più irregolare (e forse maudit, sicuramente il più sfortunato dal punto di vista umano) tra i fin troppo “regolari” poeti italiani del Novecento, si è sottoposto a un esame statale per cercare di avere un posto di lavoro stabile come insegnante di francese.
In un eccellente reportage tra lo storico-critico e il filologico, Paolo Maccari (interessante poeta e già studioso di Bartolo Cattafi) ha portato alla luce i compiti scritti redatti dall’autore dei Canti Orfici in occasione di un concorso bandito dal Regio Istituto di Studi Superiori di Firenze (istituzione universitaria che, all’epoca, vantava Ernesto Giacomo Parodi tra i suoi più autorevoli docenti) per l’insegnamento delle lingue straniere nei ginnasi italiani.
Le notti di Dino Campana. Monika Antes, Tra sogno e realtà. La vita e l’opera di Dino Campana. I “Canti Orfici”, trad. it. di I. Becchino e R. Nanini, Firenze, Polistampa, 2010
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di Giuseppe Panella*
Sono lontani i tempi in cui Dino Campana veniva considerato un poeta “minore” rispetto a Giosuè Carducci o Gabriele D’Annunzio e la sua opera veniva letta come l’espressione straordinaria di una mente malata o la produzione unica di un folle tanto bravo come scrittore quanto pazzo come uomo.
La critica letteraria del periodo successivo alla morte del poeta di Marradi ha sfatato questo pregiudizio di carattere psichiatrico (frutto di una testimonianza – sicuramente interessante e pregevole – ospitata dal medico Luigi Pariani nel suo Vita non romanzata di Dino Campana scrittore che è del 1938) o puramente aneddotico preferendo insistere piuttosto sulle qualità innovative formali del linguaggio campaniano. Il progetto di scrittura di Campana era stato del tutto ignorato dalla critica al momento in cui emerse con la realizzazione del grande poema orfico:
[QUI] la prima parte del saggio UNA PASSIONE LUNGA TUTTA LA VITA. Per Vittorio Vettori studioso e poeta
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di Giuseppe Panella
4. Da Campaldino patria ideale a Eleusis forma di esperienza spirituale: nascita dello “stile etrusco”
La prima raccolta di versi veramente significativa di Vettori come poeta è Poesia a Campaldino del 1950. Sono versi legati alla tradizione novecentesca ermetica e non (in particolare alla versione cristiana di questa corrente letteraria con riecheggiamenti di autori quali Betocchi e Lisi, poeti e scrittori amati poi fino alla fine, anche se meno presenti in seguito e sostituiti nelle scelte di scrittura da altri – e certo più prestigiosi – modelli). Nella seconda delle liriche presenti in Versi per l’Italia (del 1960) è forte l’eco di una delle poesie meno “ermetiche” di Salvatore Quasimodo (la Lettera alla madre):
Per una visione migliore, cliccare sul video
Le videorecensioni su RETROGUARDIA sono a cura di Giuseppe Panella
Realizzazione tecnica di Fausto Finocchi e Silverio Zanobetti
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DINO CAMPANA: LA POETICA DELL’ORFISMO TRA PITTURA E SOGNO
di Giuseppe Panella
“Si chiamava adesso Orfeo o Arfa che vuol dire:
colui che guarisce mediante la luce”
(Edouard Schuré)
[alla memoria di Piero Cudini]
Il mito fondatore
Nella poetica orfica di Dino Campana, sono assai probabilmente confluite tutte le più importanti e variegate esperienze espressive ed estetiche europee di inizio secolo; esse sono state poi, in tempi e modi diversi, successivamente riprese e messe dialetticamente a confronto, rapprese e come decantate nel crogiuolo linguistico della sua impresa poetica.
Di esse due, per le loro caratteristiche precipue e per il loro impatto generale, sono particolarmente interessanti ai fini di una pur necessariamente sintetica ricostruzione: da un lato, la lettura dell’opera di Edouard Schuré, praticata da Campana negli anni di formazione precedenti i Canti Orfici, dall’altra la probabile frequentazione dell’esperienza pittorica del Cubismo osservato a partire dalla rivalutazione dell’opera di Cézanne (considerato quale l’ideale precursore del movimento pittorico in questione) fino a giungere alla “svolta” del 1912 effettuata dall’orfismo pittoriale di Robert Delaunay.
Tali aspetti, comunque – che furono sicuramente tra i più significativi nel corso della cultura europea a cavallo tra i due ultimi secoli – andranno, tuttavia, sempre inquadrati e riverificati nell’ambito dell’evoluzione poetica di Campana e ritrascritti, come in filigrana, nella sua successiva produzione.
La scelta del mito di Orfeo (e delle soluzioni espressive che esso richiede, permette e obbliga) è indicativo della volontà di Campana di esplorare le possibilità semantiche e concettuali della poesia fino ai suoi limiti estremi.
Nell’Orfismo, infatti, la volontà di riforma all’interno del culto dionisiaco nasce – giusta l’influente opinione contenuta in Psyche di Erwin Rohde (la grande sintesi di storia delle religioni del 1894 la cui importanza non era sfuggita a Campana) – dal desiderio di spostare nella dimensione dell’ascesi e in forma catartica l’originaria caratterizzazione estatica, di culto e ritualizzazione dell’orgia che aveva contraddistinto la religione di Dioniso.
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