Vladimir Di Prima, Avaria, A&B, Acireale-Roma, 2020, pp. 112, € 10,00
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di Stefano Lanuzza
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Che fa il giovane siciliano Morando Carcò, scrittore scontento della sua professione di giornalista in un quotidiano di provincia e afflitto dai postumi d’una delusione sentimentale che, forse per sfuggire al rovello per un abbandono di cui non riesce a capacitarsi, si prende qualche giorno di vacanza in un’anonima località del centro Italia?
Accolto nella casa dell’amica Secondina come ospite, una condizione che lo mette in un singolare imbarazzo e gli provoca problemi di… stitichezza, è impaziente di ripartire in aereo verso la sua isola da cui non gli è mai riuscito di allontanarsi più di tanto.
Ora se ne va in giro vagando a caso per le strade del luogo guardandosi intorno: quanta lontananza e indifferenza nelle espressioni distratte di passanti frettolosi, quale squallore in certe anonime stazioni di autobus e desolati portici accoglienti l’umanità degli ‘avariati’ ed espulsi da un sistema sociale senza pietà che lo fissano con sguardi perduti dove l’orrore e la rassegnazione lasciano appena balenare qualche guizzo di speranza.
Dosando un ductus narrativo sospeso tra referto, puntigliose riflessioni e improvvisi straniamenti del reale, in questo suo ultimo romanzo, Avaria (A&B, Acireale-Roma, 2020, pp. 112, € 10,00) – seguìto a Gli Ansiatici (2002), Facciamo silenzio (2007), Le incompiute smorfie (2014) e alla raccolta narrativo-aforistica Pensieri in faccia (2015) –, Vladimir Di Prima conferma le sue qualità di talentoso affabulatore oggettivando il proprio discorso con l’aggirare i modi del monologo biografico che alluderebbero retoricamente alla possibilità che narratore e personaggio possano identificare un’unica persona. Scrive, a tale proposito, Carlo Cassola in un suo insolito libro di saggi: “Un’opera di fantasia ci tocca solo nella misura in cui l’autore ci mette a parte dei fatti propri. Può sembrare paradossale e non lo è. Perché in un’opera di fantasia vogliamo trovare la vita: e la vita è esclusivamente individuale” (Il romanzo moderno, Rizzoli, Milano, 1981)… È comunque in filigrana col soliloquio, strutturato per ampi frammenti, del suo personaggio che Di Prima costruisce un romanzo distinto da un lessico piano e terso dove Morando ‘parla’ al suo interprete in continuo ‘ascolto’.
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