“Non sottrarsi al dolore: un sofferto umanesimo”. Prefazione di Ivan Fedeli a “Impronte sull’acqua” di Francesco Marotta

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Non sottrarsi al dolore: un sofferto umanesimo (prefazione a Impronte sull’acqua).

di Ivan Fedeli

Francesco Marotta. Di professione fabbro, levigatore, cesellatore. Se la poesia è magma, materia da plasmare e – proprio per questo – in continuo divenire, nessuno più di Marotta dimostra da tempo di affinare gli strumenti necessari a forgiarla, renderla evoluzione, fabbrica di senso.

Impronte sull’acqua conferma questa ricerca più che ventennale: ricerca seria, inappagata, fuori dai riflettori della facile comunicazione e necessariamente dotata di forza etica, energia primordiale.

Perché è questo il primo dato che emerge dalla lettura di Impronte sull’acqua: alla sensazione iniziale di spaesamento, segue una ragnatela di immagini che ingabbia, modella, rivela. Energia poetica delle migliori.

Già in Per soglie d’increato, l’autore matura una precisa scelta formale: sostantivi assoluti, utilizzo di parole-cardine al centro delle lunghe monostrofe a cascata e di incipit visionari e rivelatori, spaccature – meglio ferite – del verso che s’interrompe improvvisamente sulle preposizioni, linguaggio volutamente analogico e oracolare.

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