di Giuseppe Panella
Luigi Fontanella, L’azzurra memoria. Poesie 1970-2005, Bergamo, Moretti & Vitali, 2007, pp. 174, euro 11
Si tratta del libro di una vita – un’antologia che parla di un tempo ormai lontano e dell’esistenza trascorsa per approdare alla dimensione significativa di un presente in cui quel passato congruisce con la facilità (e la felicità) del sogno.
Le prime poesie antologizzate sono del 1970-1972 e appartengono a una raccolta (La verifica incerta, Roma, De Luca) che esibisce già la presenza dei temi che contraddistingueranno anche in futuro la poesia di Fontanella: il viaggio come dimensione espressiva della presa di distanza, l’apparizione larvale di un mondo in composizione (o talvolta in decomposizione – quello che successivamente il poeta chiamerà laicamente parusìe), i colori della realtà quale emergenza forte delle forme della Natura in contrapposizione al grigio dell’esperienza puramente culturale.
(“Di notte le strade ingoiate fanno all’amore / l’aria più scura negli stagni sospesi… / ci si perde in un muro di spazio richiuso / sognando uno stormire improvviso di rondini / con la palude nel corpo…” – si legge a p. 27).
Nelle sillogi immediatamente successive (La vita trasparente, Venezia, Rebellato, 1978 ; Simulazione di reato, Manduria, Lacaita, 1979 ; Stella saturnina, Roma, Il Ventaglio, 1989) il tono e il taglio della scrittura evolve lentamente, quasi per approssimazioni successive.
Non tanto per indebolimento della passione lirica ma per volontà di chiarezza e di espressione più purificata nella permanenza del verso, Fontanella tende maggiormente ad esporsi in proprio e a raccontare eventi preziosi per lo scatenamento della sua ri-scoperta dell’italiano:
“Postilla ultima (a Adriano Spatola). Caro Adriano, l’aggressività non è una conquista / un attributo di qualità per far buoni versi / anche se tu gli dai l’appellativo / di “linguistica” (come malaggettivo). / Io non mi pongo programmi, vedi, / procedo per reazioni, ed è forse solo / una buona dose di disgrazia / che ci fa ancora aver fede” (p. 37).
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