STORIA CONTEMPORANEA n.27: La virtù dell’attesa. Alessandro Franci, “La pena uguale”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

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di Giuseppe Panella

 

La virtù dell’attesa. Alessandro Franci, La pena uguale, Firenze, Gazebo, 2009

“Un picciolo libro tutto fatto di cose proprie” – esortava a scrivere Giambattista Vico piuttosto che grossi tomi tutti infarciti di nozioni e di teorie altrui. Alessandro Franci sembra averlo preso in parola in questo suo La pena uguale.

Libro di aforismi e di brevi prose, ma non solo. Libro di riflessioni e di sogni, ma non solo. Libro di premonizioni e di trasalimenti, ma non solo. Libro che aspira alla totalità e che sa che non potrà raggiungerla mai. Un’epigrafe (tra le tante), quella di Elias Canetti a p. 41, dovrebbe servire a chiarire il proposito e il progetto attuato dall’autore:

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