Monologo interiore e pratica della narrazione in Joyce. Laura Santone, Egger, Dujardin, Joyce. Microscopia della voce nel monologo interiore, prefazione di Jacqueline Risset, introduzione di Pierre Léon, Roma, Bulzoni, 2010
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di Giuseppe Panella*
Uno dei punti di forza della novità stilistica contenuta nell’Ulysses di James Joyce è sicuramente l’uso potente e spiazzante del “monologo interiore” come frutto più coerente della sua ricerca letteraria sullo stream of consciousness come momento di elaborazione e di costruzione dei personaggi della sua opera maggiore. L’impatto della “parola viva” sul corpo materiale della dimensione di quella scritta produce effetti di compiuta integrazione della corporeità all’interno delle possibilità espressive del dettato linguistico. E’ quindi proprio a partire dall’intuizione joyciana delle potenzialità del “monologo interiore” che il mutamento all’interno della letteratura del Moderno si esprime con l’elaborazione di stilemi originali e di nuove forme di rappresentazione delle soggettività che la costituiscono. Il “monologo interiore”, dunque, scandisce la nascita di una nuova soggettività capace di coniugare in modo esaustivo e sconvolgente parola e scrittura, testo orale e forma espressiva, voce dal profondo e sua estensione alla pagina scritta.