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quaderno elettronico di critica letteraria a cura di Francesco Sasso e Giuseppe Panella (2008-2019)
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Conversazione su matematica e poesia fra Antonino Contiliano, Giuseppe Mussardo e Gaspare Polizzi
per Giuseppe Panella
a cura di Antonino Contiliano
Scarica l’intervista in formato pdf
Prima di avviare la conversazione con i professori Giuseppe Mussardo e Gaspare Polizzi, desidero esprimere loro il mio saluto. Un grazie, cioè, per aver accettato sia il mio invito per una chiacchierata su matematica e poesia, sia l’intenzione di dedicare la conversazione stessa all’amico scomparso Giuseppe Panella (filosofo, saggista e poeta). Fra le opere di Panella ricordiamo: Il lascito di Foucault (Giuseppe Panella e Giovanni Spena, 2006); L’arma propria- Poesie per un futuro trascorso (2007); Il secolo che verrà- Epistemologia letteratura etica in Gilles Deleuze (Giuseppe Panella e Silvio Zanobetti, 2012); Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide- Georges Bataille: l’estetica dell’eccesso (2014). Come poeta, Giuseppe Panella, ha partecipato anche alle azioni poetiche del soggetto collettivo-anonimo “Noi Rebeldía” (una nostra idea). A cura di Antonino Contiliano sono state pubblicate pure le sillogi “We are winning wing/2012 e L’ora zero/2014”. Due libri di poesia collettiva-anonima le cui copertine portano opere dell’artista Giacomo Cuttone. Con Francesco Sasso, Panella ha curato il “quaderno elettronico di critica letteraria- Retroguardia”. Devo la conoscenza di Giuseppe Panella all’amico Gaspare Polizzi. Anticipiamo pure, così, che questa conversazione sarà visibile sul sito stesso di Retroguardia. Prima di avviare il nostro incontro qualche nota (per gli eventuali visitatori) su Giuseppe Mussardo e Gaspare Polizzi.
Giuseppe Mussardo è professore di fisica teorica alla SISSA di Trieste. È Direttore editoriale della rivista scientifica Journal of Statistical Physics and Applications (JSTAT). Tra le monografie scientifiche che ha pubblicato ci sono Il Modello di Ising (2007); Statistical Field Theory (2010) e The ABC’s of Science. È autore anche dei film-documentari Maksìmovic. La Storia di Bruno Pontecorvo (2013) e Galois. Un matematico rivoluzionario (2017).
Gaspare Polizzi, storico della filosofia e della scienza, è membro del Comitato scientifico del Centro Nazionale di Studi Leopardiani. Insegna attualmente all’Università di Pisa. Su Leopardi ha pubblicato cinque volumi: Leopardi e “le ragioni della verità” (2003); Galileo in Leopardi (2007); «… per le forze eterne della materia» (2008); Giacomo Leopardi: la concezione dell’umano, tra utopia e disincanto (2011); Io sono quella che tu fuggi. Leopardi e la natura (2015). Con Giuseppe Mussardo (coautore) ha pubblicato L’infinita scienza di Leopardi (2019).
Ed è dalla lettura di quest’opera che è partita la mia idea di una conversazione con loro su matematica, poesia e scienza (in genere). Scontato è, poi, il fatto che (da parte nostra, non specialisti) l’interesse per l’argomento è quello di un’essenziale curiosità intellettuale.
Giacomo Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’italiani, a cura di Vincenzo Guarracino, La nave di Teseo, Milano, 2021, pp. 416, € 17,10
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di Renato Minore
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Qualunque sia la loro classe di appartenenza, le “classi superiori” non meno che il “popolaccio”, gli italiani sono oggi i più cinici del mondo. “Ridono della vita: ne ridono assai più, e con più verità e persuasione intima di disprezzo e freddezza che non fa niun’altra nazione”. “Il più savio partito è quello di ridere indistintamente e abitualmente d’ogni cosa e d’ognuno, incominciando da sé medesimo”, celando la propria disperazione dietro una maschera, se non di tetra indifferenza, almeno di dolente impassibilità e spaesamento, di fronte a un quadro disarmante di arretratezza. Si potrebbe continuare sulla stessa lunghezza d’onda: così la pensava Giacomo Leopardi nel Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’italiani, breve trattato di filosofia politica, in cui analizza qualità e vizi che contraddistinguono il nostro carattere nazionale. Vitaliano Brancati lo considerava un “piccolo capolavoro” paragonabile al Principe di Machiavelli,“ un modello di saggistica, di prosa vigile e acuta”.
Giacomo Leopardi, L’infinita solitudine, a curata da Sonia Caporossi, Marco Saya Editore, Milano 2020, pp. 148, € 15,00
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di Sara Alicandro
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«[…] Ma tu che mi conosci, almeno tu che sai, diglielo tu che il mondo io non l’ho odiato mai! E se mi sono perso a vagar l’infinito, punivo l’universo di un amore tradito».
(L’Infinito, Roberto Vecchioni)
Ho sempre avuto a cuore tutto ciò che riguarda la questione Leopardi, in particolare il suo famigerato pessimismo, idea da me mai condivisa, neppure in una fase pre-universitaria della mia formazione, in cui è facile cedere alla natura schematica di certi manuali, credere a quello che ci viene raccontato senza alcuna applicazione di personale senso critico. Quando ho sentito questa canzone dell’ultimo album del professor Vecchioni, che è una più o meno libera riscrittura delle lettere napoletane di Leopardi al suo “Totonno”, Antonio Ranieri, mi sono detta che magari stava iniziando a diffondersi più largamente l’idea che colui che è forse l’anima e figura autoriale più complessa di tutta la letteratura nostrana non possa in alcun modo essere incasellato in categorie, né tantomeno essere schiavo di etichette. Perciò è facile intuire che con lo stesso spirito mi sono avventurata nella lettura dell’antologia ragionata dal titolo L’infinita solitudine (Marco Saya Editore, Milano 2020, pp. 148, € 15,00), curata da Sonia Caporossi – che ne scrive anche l’introduzione – e con il prezioso contributo saggistico di Antonino Contiliano a chiudere il cerchio. Quello che mi sono ritrovata davanti non era lontanamente quello che immaginavo o che mi ero prefigurata di scovare, tuttavia si è incredibilmente rivelato ciò che avevo assoluto bisogno di leggere.
Continua a leggere “L’infinita solitudine, Leopardi inconsapevole funambolo dell’infinito”
Vincenzo Guarracino, Poeti per l’infinito, Di Felice Edizioni, 2019, pp. 186, € 20,00
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di Stefano Lanuzza
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“Sempre caro mi fu quest’ermo colle, / E questa siepe, che da tanta parte / Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”…: è l’incipit che contrassegna e fa volare i quindici endecasillabi sciolti dell’Infinito, dodicesimo dei Canti inclusi nella raccolta degli Idilli (1826) leopardiani dove la tendenza lirica romantica si fonde con una volontà realistica che contraddice l’introspezione puramente contemplativa e perfino arcadica troppo a lungo attribuita al poeta dalla critica idealistica.
L’Infinito, nella sua versione originale marcato con una I maiuscola che tuttavia non vuole suggerire un’interpretazione metafisica del testo, è composto negli anni 1818-’19 dal ventenne Giacomo Leopardi, “giovane” detto “favoloso”, prima del regista cinematografico Mario Martone nel 2014, da Anna Maria Ortese: “Così ho pensato di andare verso la Grotta, in fondo alla quale, in un paese di luce, dorme, da cento anni, il giovane favoloso” (Pellegrinaggio alla tomba di Leopardi. In Da Moby Dick all’Orsa Bianca. Scritti sulla letteratura e sull’arte. A cura di Monica Farnetti, Adelphi, 2001).
qualche segreto da scoprine.
C. S. Peirce
Gaspare Polizzi e Giuseppe Mussardo, L’infinita scienza di Leopardi, Scienza Express, Trieste, 2019
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di Antonino Contiliano
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Il mondo speculativo, il retroterra scientifico-culturale e la stessa produzione poetica (complessiva) di Giacomo Leopardi non finiscono mai di incuriosire (del resto la curiosità è una passione della conoscenza e non ha limiti). Questa volta, la passione esploratrice prende corpo visibile nell’opera L’infinita scienza di Leopardi (Scienza Express, Trieste, 2019). Del volume sono coautori Gaspare Polizzi e Giuseppe Mussardo. G. Polizzi, leopardista (all’attivo già altri lavori pubblicati su Leopardi), storico della filosofia e della scienza. G. Mussardo è prof. di fisica teorica alla “SISSA” – Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati – di Trieste. Di questo fortunato incontro cooperativo dei due sulla formazione e l’opera di Leopardi nella postfazione del libro (p. 188) ne parla Andrea Gambassi, altro “fisico teorico e direttore del Laboratorio interdisciplinare per le scienze naturali e umanistiche della Sissa”. Polizzi e Mussardo, mettendo in parallelo il tempo delle letture (antiche e moderne) e quello delle riflessioni evolutive del pensiero filosofico-poetico del Recanatese, seguono il concetto di infinito e di indefinito.
Continua a leggere “Il “Sempre” e il “di là di quella” del pensiero leopardiano”
La verità impronunciabile. Il silenzio della letteratura
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di Francesca Vennarucci
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Dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna. […]
[…] Ahi, per la via
odo non lunge il solitario canto
dell’artigian, che riede a tarda notte,
dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
e fieramente mi si stringe il core,
a pensar come tutto al mondo passa,
e quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
il dì festivo, e al festivo il giorno
volgar succede, e se ne porta il tempo
ogni umano accidente. Or dov’è il suono
di que’ popoli antichi? Or dov’è il grido
de’ nostri avi famosi, e il grande impero
di quella Roma, e l’armi, e il fragorio
che n’andò per la terra e l’oceano?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
il mondo, e più di lor non si ragiona.
[…]
(da La sera del dì di festa, di Giacomo Leopardi)
Dopo una giornata di festa, animata da suoni, grida, fragori, solo il canto dell’artigiano che torna a casa squarcia la profondissima quiete della notte. La coltre del silenzio già posa, densa e tangibile, sopra i campi e in mezzo agli orti, avvolge le cose nell’oblio, cancella le voci del giorno respingendole in una dimensione irreale, dolorosa. Solo il canto notturno che a poco a poco si allontana ripopola il silenzio di voci, di grida, ma è un attimo: la luce uniforme e silenziosa della luna riprende a posare su tutto il mondo, lasciando lo sguardo dell’osservatore a vagare lontano e il suo animo in subbuglio. E’ possibile notare immediatamente come la costruzione di questa poesia poggi su un’opposizione dialettica: nel silenzio della notte apparentemente quieta, inondata dalla chiarezza lunare, il canto dell’artigiano ha il potere di evocare, non solo le voci del giorno appena trascorso, ma tutte le voci del mondo, le voci di un passato rumorosissimo eppure inghiottito dal silenzio del Tempo.
Adriano Tilgher, La filosofia di Leopardi e altri scritti leopardiani, a cura e con un introduzione di Raoul Bruni, Torino, Aragno, 2018
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di Giuseppe Panella*
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Adriano Tilgher è certamente più famoso per i suoi studi sulla filosofia teatrale di Luigi Pirandello e le sue analisi del teatro contemporaneo (Studi sul teatro contemporaneo, Roma, Libreria di Scienze e Lettere, 1923 e sgg.) e per la sua grottesca e sconcertante liquidazione del pensiero di Giovanni Gentile (Lo spaccio del Bestione trionfante, Torino, Gobetti, 1926) che per la sua analisi del pensiero di Leopardi. Eppure è stato uno dei primi a valutare positivamente Leopardi come pensatore e a rifiutare la stroncatura che della sua poesia aveva fatto proprio Benedetto Croce (la celebre definizione di una “vita strozzata” che si trova in Poesia e non poesia del 1923, anno della sua prima edizione). Scrive Raoul Bruni nel suo intelligente saggio introduttivo a questo volume che raccoglie tutti gli interventi leopardiani del pensatore di Ercolano:
«Con La filosofia di Leopardi, Tilgher fornì un contributo fondamentale alla conoscenza del pensiero leopardiano. Eppure questo saggio viene quasi sempre ignorato o trascurato nei manuali di storia letteraria, che attribuiscono il merito di aver scoperto il valore filosofico dell’opera di Leopardi a Cesare Luporini, e al suo fortunatissimo saggio Leopardi progressivo» (p. IX).
Il sapore della realtà, il colore del giorno che passa, la memoria del presente. Andrea Galgano, Di là delle siepi. Leopardi e Pascoli tra memoria e nido, prefazione di Davide Rondoni, preludio di Irene Battaglini, Roma, Aracne, 2014
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di Giuseppe Panella
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Lodando l’impianto non esclusivamente accademico e di pura ricerca e curiosità bibliografica che presenzia alla ricerca di Andrea Galgano (doti quest’ultime presenti nel libro ma che non lo soffocano né gli impediscono di comunicare le proprie novità ermeneutiche), Davide Rondoni scrive con efficacia nella sua prefazione al libro:
«Qui no, spira invece un’aria di partecipazione e di fame, non ho altra parola, che somiglia a quella con cui bevendo qualcosa si ascolta con attenzione e ci si interessa alla vita di un amico, ai suoi casi e alle sue testimonianze. Il lungo approfondimento sul tema della memoria, oltre a fornire una chiave lungo la quale leggere evoluzioni e cesure in una ideale storia della poesia, ci mostra come e quanto questa indagine sia mossa dalla volontà di entrare in un mistero, e la sua fragranza che trapela nelle opere in esame. Ma senza quella fame di amicizia, tale indagine sarebbe stata più mesta e fredda, più distaccata e non per questo più obiettiva. C’è un metodo affettivo che guida l’autore, libero di prender suggerimenti da precedenti lettori molto diversi e quasi antagonisti tra loro»1.
In arrivo la prima traduzione integrale dello “Zibaldone” in inglese, con apparati critici e filologici, a cura del “Leopardi Centre” di Birmingham (direttori Michael Caesar e Franco D’Intino) e sotto gli auspici del CNSL.
La prima traduzione integrale dello Zibaldone di Giacomo Leopardi in inglese sta per essere pubblicata negli Stati Uniti il 16 luglio 2013 dalla casa editrice Farrar Straus & Giroux e poco più tardi, in Inghilterra, da Penguin Books.
L’opera è stata completata nel corso di sette anni da una squadra di traduttori professionisti inglesi e americani che hanno collaborato tra loro, in costante dialogo, diretti da Michael Caesar (University of Birmingham) e Franco D’Intino (Sapienza, Università di Roma), sotto gli auspici del Centro Nazionale di Studi Leopardiani (CNSL) di Recanati, del Leopardi Centre di Birmingham
http://www.birmingham.ac.uk/research/activity/leopardi/projects/index.aspx e dell’Arts and Humanities Research Council. Il progetto ha avuto il convinto sostegno dell’on. Franco Foschi, Presidente per venti anni del CNSL, e poi del suo successore Fabio Corvatta.
Decisivo è stato il ruolo di Jonathan Galassi, Presidente di Farrar Straus & Giroux, insigne traduttore dei Canti, e dell’ eccezionale équipe della casa editrice, che si è impegnata per dieci mesi con grande competenza e passione nella produzione di un testo così complesso.
Nella recensione al libro “L’Italia agli Italiani”. Versi inediti veri o presunti di Giacomo Leopardi [QUI], il prof. Panella scrive:
«Saranno davvero di Giacomo Leopardi (e scritti nel 1836 poco prima della morte) i versi riportati nel cuore del saggio ad essi dedicati da Lorenza Rocco Carbone? Probabilmente non si saprà mai con certezza in assenza di una documentazione filologicamente corretta e adeguatamente commisurata all’oggetto che li concerne»
Un nostro lettore, Angelo alias Quixote, ci offre la sua risposta alla domanda, «con certezza filologica», all’indirizzo:
www.fregnani.it/splash/falsi_1.htm
ringraziamo Angelo “quixote” Fregnani.
f.s.
Sondaggi leopardiani e ritrovamenti (veri o presunti). Lorenza Rocco Carbone, “L’Italia agli Italiani”. Versi inediti veri o presunti di Giacomo Leopardi, con una prefazione di Pasquale Maffeo, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2011; Novella Bellucci, Il “gener frale”. Saggi leopardiani, Venezia, Marsilio, 2010
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di Giuseppe Panella*
Saranno davvero di Giacomo Leopardi (e scritti nel 1836 poco prima della morte) i versi riportati nel cuore del saggio ad essi dedicati da Lorenza Rocco Carbone? Probabilmente non si saprà mai con certezza in assenza di una documentazione filologicamente corretta e adeguatamente commisurata all’oggetto che li concerne. Sarebbe tuttavia magnifico se questi versi scritti sull’onda della notizia di una sottoscrizione (Leopardi o chi per esso dice “soscrizioni”) in favore della costruzione di un monumento in onore della grande soprano francese Maria Malibran da poco deceduta a Manchester il 23 settembre 1836 fossero effettivamente del poeta di Recanati. L’autore dei versi si dice costernato da questa prospettiva quando, invece, uomini ben superiori per cultura e per importanza nazionale sono stati affidati all’incuria sepolcrale delle fosse comuni:
di Giuseppe Panella
“Quidquid tentabat dicere, versus erat”
“Qualsiasi cosa provassi a dire, mi veniva fuori sotto forma di versi”
(Publio Ovidio Nasone)
1. Ma la poesia è poi così noiosa?
A prima vista, sembrerebbe proprio così…
Sia Hans Magnus Enzensberger che Alfonso Berardinelli ce la mettono tutta per dimostrare in un loro interessante manuale di poesia ad uso di chi non vorrebbe leggerne (gli studenti, delle scuole medie e delle Università, i professori di ogni ordine e grado, le persone che una volta venivano definite “colte” anche perché compravano libri, ecc. ecc.) che la poesia non allieta più l’esistenza a chi la legge. Che noia la poesia. Pronto soccorso per lettori stressati è il titolo italiano di un libro uscito per i tipi di Einaudi nel maggio 2006 (e che così traduce il Lyrik nervt ! dell’originale tedesco pubblicato da Carl Hanser Verlag di Monaco nel 2004). Ben lungi dal voler disincentivare i (probabilmente sempre troppo pochi) lettori di poesia questo volume (tradotto da Enrico Ganni e Alfonso Berardinelli nella prima parte; opera originale di Berardinelli stesso nella seconda) si propone, in realtà, di insegnare loro a scriverne.