Jessy Simonini, Campi di battaglia- Alla ricerca di un orizzonte rivoluzionario, Sensibili alle foglie, 2021, € 12,35
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di Antonino Contiliano
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/… abbiamo venticinque anni, fammi giurare /
che fino all’ultimo saremo /
rivoluzionari senza professione […] /
Jessy Simonini (“Movimento”)
Seguendo il movimento e le regole delle posizioni dei pezzi, è possibile leggere un libro di poesia come una partita a scacchi? L’analogia, crediamo, regge solo in parte. Il quadro della scacchiera, nonostante la variabilità dei movimenti, è sempre uno spazio chiuso (il divenire e il tempo non vi hanno funzione alcuna). La sua configurazione è riconducibile solo allo stato delle posizioni in atto (non è necessario che lo spettatore/lettore vada indietro a cercare le mosse precedenti che hanno determinato lo stato di cose visibile). Nella scacchiera del libro di poesia, i pezzi – parole e relazioni, incroci e incontri, regole e distorsioni … – richiedono invece una logica aperta avanti-dietro, prima-poi; una logica temporale dinamica per cui l’intreccio degli elementi, tra il dicibile e l’indicibile, il visibile e l’invisibile, l’esplicito e l’implicito, l’implicato logico e quello materiale… è uno spazio-tempo topologico intriso di valori semantici dinamici, complessi, plastici. Una parola, una metafora, anomalie sintattiche, etc. possono indurre e stimolare il lettore a vederne le ascendenze e le metamorfosi rispetto alle stesse coordinate intratestuali e (in senso lato) intertestuali. Inoltre il giocatore, il poeta, deve fare i conti pure con l’instabilità del linguaggio, la sua fluidità neghentropica e, complessivamente, l’invenzione di un “mondo secondario” (rispetto a quello del linguaggio standard); come nel mondo della pittura e della matematica, i segni della poesia creano forme-testi (non indipendenti dai contenuti e dai contesti) per comunicare idee, riflessioni e proiezioni. Come nella pittura e nella matematica creative, i segni (la scrittura) della poesia costruiscono infatti quei mondi diversi (di secondo ordine rispetto allo standard) che le virtualità di senso, possibili nella densità e nella fluidità degli stessi elementi in relazione discorsiva zigzagata, li rendono tuttavia presenti e disponibili per un altro punto di vista (un osservatore qualsiasi) e con effetti non necessariamente univoci. In poesia c’è, infatti, una combinatoria densa e iterativo-creativa come quella che oggi ci può proporre un ritmo frattale. Il ritmo cioè che con le sue combinatorie, nonostante la costante misura, genera sempre nuove e sorprendenti figure. Un ritmo che, finito e in-finito, come – si può dire – trasgredendo anche il nesso causa-effetto (prima e dopo) della visione e della conoscenza ortodossa – rizoma simultaneamente semi, fiore e frutto (il non-detto e il detto che, differenziandosi, si significano tuttavia mutuamente). E i significati, pur se non fondono il piano del reale e quello poetico, risultano però egualmente legati allo “zero” dell’origine (come lo sono i numeri positivi e negativi). Ma non per questo sono meno esposti all’intelligibilità di chi quei “pezzi” legge solo dopo. In altre parole, i testi, pur in permanente ri-definizione/interpretazione, non hanno un significato organico chiuso, univoco e ripetibile in maniera cristallizzata. Non stanno con la loro immobile identità nel tempo e nella storia; ma il tempo e la storia operano in essi. Appartengono al tempo che li ha prodotti e al tempo che li legge.
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