Il wu wei della poesia contro le guerre n.52: Gianmario Lucini, “Stalingrad”. Lettura di Fabiola Filardo

Il wu wei della poesia contro le guerre a cura di Antonino Contiliano e Fabiola Filardo.

Gianmario Lucini, “Stalingrad”. Lettura di Fabiola Filardo.


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L’errante poeta Gianmario Lucini

copLucini copiaL’errante poeta Gianmario Lucini

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di Antonino Contiliano1

Lascio […] che ognuno viva a suo talento e che

chi vuol morire muoia a proprio piacimento,

purché a me sia dato di vivere per la verità.

B. Spinoza (al sigr. E. Oldenburg, Epistolario, XXX)

L’editore e poeta Gianmario Lucini è morto nell’ottobre del 2014. Non ha potuto vedere nulla del destino di quest’ultima sua fatica poetica, Istruzioni. Per le quattro sezioni che compongono il libro – Istruzioni per la notte, Istruzioni per l’ascesa, Istruzioni per l’ira, Istruzioni per la città –, le poesie di questa raccolta, a parere di chi scrive, non sono molto lontane da veri e propri esercizi spirituali, e numerati.

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Gianmario Lucini, “Vilipendio”. Prefazione di Antonino Contiliano

copertina VILIPENSIO In certi momenti storici il testo, per essere fruito

esteticamente, deve avere obbligatoriamente una

funzione non solo estetica […].

Jurij M. Lotman (La sttuttura del testo poetico)

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di Antonino Contiliano

Se “Vilipendio”, l’ultima fatica poetica di Gianmario Lucini, – come lui stesso si affretta ad anticipare (Nota dell’autore), – non «è un libro di poesie “civili”», in quanto «epica della coscienza, dei suoi conflitti e dei sentimenti che li agitano», piuttosto che il sentire individuale dei singoli “cives” e insieme delle contraddizioni paradossali e/o aporetiche che ne attanagliano stile di vita e destino solo personali, è anche vero che questa raccolta di nuovi testi poetici ha una dimensione etico-politica pubblica di indubbia e rilevante rivelazione “estetica”. Rilevante, la funzione estetica, in quanto rivela simultaneamente un’incidenza etico-politica di pubblico e comune interesse. L’aisthesis poetica di questo lavoro, infatti, avvia a una lettura e un’interpretazione che non è solo artistico-poetica, o riconducibile alla sola autonomia linguistica autoreferenziale. Anzi, si potrebbe dire che la percezione artistico-poetica di questi testi de il “Vilipendio” risalta per un rovesciamento tipico di quel che viene suggerito nei dis-corsi dei versi del ductus subtilis. La strategia che propone come tema dell’idea l’inverso di quello che si vuole dimostrare per testimoniarne l’insostenibilità. Il vilipendio – scrive infatti il poeta Lucini (Nota dell’autore, p. 8) – è solo una provocazione: «una dichiarazione di ostilità intesa come sommo atto d’amore». È il disprezzo (vilipendio) che si rovescia nel suo contrario: la scelta dell’innocenza e dell’amore trascendenti/trascendetali come bene – «Lasciami settembre dalla tiepida aria / rammentare le nostre sventure / nella carezza del sole che deterge lo sgomento / per ciò che siamo e che potremmo essere. Il cuore // … Insegnami, settembre, l’arte di obbedire / alla benedetta collera del cuore //… pronta a scattare / non appena l’uomo dimentico della morte / la vada a cercare. Questo è il dovere /del poeta capace di amare» (Congedo, p. 75).

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Nel fare poetico di Gianmario Lucini. “Monologo del dittatore”

Nel fare poetico di Gianmario Lucini. Monologo del dittatore, Edizioni CFR, 2012 , pp. 104, € 12,00

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di Antonino Contiliano

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Una scrittura poetica che si misura con la storia e ne fa materia di elocuzione lirica con l’insieme del parco ideologico che denota e connota il suo esser-ci – pur nella circolarità dell’“eterno ritorno” (nietzschiano) riformulato con l’immagine calviniana rivisitata (“un viaggiatore invisibile / […] / che […] / si trovi a vivere diversi istanti // nel medesimo luogo – dove nel futuro / saranno altre presenze / indifferenti –.”, Racconto, p. 9) – non può essere letta che epicamente straniante. Epica in quanto parola che racconta l’accaduto e il travaglio dell’accordare l’empirico e il razionale, la prassi e l’ideale; epica anche nel senso di una produzione poetica che, ponendosi quale punto di vista straniante che separa e distanzia la veduta, costantemente tuttavia relaziona tra loro gli elementi costituenti la strutturazione linguistica che simboleggiandola la mima.

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.70: Oltre la geremiade. Gianmario Lucini, “Sapienziali (Nove sequenze e 36 poesie)”

Oltre la geremiade. Gianmario Lucini, Sapienziali (Nove sequenze e 36 poesie), Novi Ligure (Alessandria), Puntoacapo Editrice, 2010

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di Giuseppe Panella*


«[…] Le colpe di nessuno sono accumulate / per il disgusto collettivo fra i canneti / rifiuti con nomi e cognomi / che nessuno osa pronunciare / che nessuna forza della Legge / potrebbe mai indagare. // So di essere un poeta indisciplinato / e scrivo versi brutti raccontando le brutture / so d’aver deviato / dileggiando i canoni estetici: / scrivo corsaro e veloce in prosa / versi che mai avrei voluto scrivere / se altra fosse stata la coerenza / fra l’ideale e l’esperienza; // ma l’esistenza qui pare un beffardo / rifiuto d’ogni decenza / e anche il volto di Dio sembra fuggire / nella luce del mare avvelenato. // Vorrei scrivere che ho trovato la parola / quella sola che raddrizza ogni stortura / ma sono coerente / col mio niente che domanda e tace» (pp. 65-66).

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