Pensando su per le scale. William Marino, 140 passi, Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2011
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di Giuseppe Panella*
«Oggi l’ascensore non funziona. Sono tanti i gradini da salire prima di raggiungere il mio piano. Inizio a contarli e, mentre salgo, numerarli mi tiene compagnia. E’ come se fosse un gioco, una distrazione.
Sette, otto, nove.
Mentre conto, scorrono nella mia mente tanti pensieri. Sono ricordi, sensazioni, che si accavallano velocemente. Sono tracce sparse nella memoria, che devono essere riordinate. A volte riesco a fermarne uno. A volte no. A volte mi confondo. Credo che la mia vita sia così, un insieme di frammenti» (p. 5).
L’incipit di questo breve romanzo di William Marino riporta subito tutto il peso della narrazione al centro della mente del suo protagonista (anonimo) che sale su per le scale del palazzo dove abita nel momento in cui sta ritornando a casa dopo aver fatto la spesa. Le vicende della sua vita, le esperienze angosciose della sua esistenza, la sofferta acquisizione del suo essere “diverso”, omosessuale, le vicende private dei suoi amori, della sua analisi, della sua relazione con l’amato Ernesto gli attraversano la mente come tanti flashes di un film mai girato (e forse impossibile da realizzare). Tutta la storia di un’esistenza angosciosa e ormai disperata viene ricapitolata mentre il suo protagonista sale per le rampe di scale che portano a casa sua: 140 gradini che valgono una vita.
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