Il canale bracco e Tre montagne. Scarti semantici
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di Stefano Costa
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Ho aperto più volte su una pagina a caso “Tre montagne”, prova narrativa in tre tempi di Matteo Meschiari (pubblicato a fine 2015 da Fusta, editore indipendente di casa a Saluzzo, in provincia di Cuneo). L’esperienza è quella di una solida semantica, di una cerchia di termini e combinazioni che indagano – attraverso un’analisi che non esiterei a dire “scientifica” – la trasformazione del gesto in parola. Il gesto di cui si narra in tutti e tre i capitoli di quella che sembra essere, anche se non lo è appieno, un’unica storia, chiama lo stigma preistorico, il graffio fissato per sempre in una roccia – il segno che un essere umano può ritrovare a distanza di millenni, mutato nel tempo ma sempre uguale a se stesso. Tale il destino del fossile: quello di impoverirsi di tessuto muscolare, quello di veder asciugarsi il nervo che ne percorreva il dorso al fine di lasciar affiorare le informazioni criptate nella sabbia delle ossa, e in esse soltanto.
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