“Lettere a nessuno” di Antonio Moresco. Recensione di Francesco Sasso

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di Francesco Sasso

Da qualche mese, in versione ampliata, è disponibile il libro Lettere a nessuno di Antonio Moresco, Einaudi Stile Libero. Il volume è diviso in due parti: la prima parte, scritta fra il 1981 e il 1991, fu pubblicata nel 1997 dall’editore Bollati Boringhieri; la seconda parte, invece, tratta gli anni 2006-2007.

 

Dico subito che ho trovato interessante la prima parte del libro, per intenderci quella già pubblicata nel 1997, mentre la seconda parte è deludente, poiché non aggiunge nulla di nuovo alla prima parte, anzi, a mio parere il testo perde mordente e si riduce ad un semplice: io “non sono cambiato”.

 

Nella prima parte, il problema del rapporto fra lo scrittore e la macchina mediatico-culturale e il conflitto dei rispettivi valori etico-culturali sono il tema dominante. Lettere a nessuno è stata scritta mentre l’autore era ancora inedito – “sotto terra” – e cercava disperatamente di esser pubblicato/riconosciuto da una casa editrice.

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Scritti di viaggio, di combattimento e di sogno di Antonio Moresco

Recensione/schizzo #27

Gli scritti che compongono questo libro sono usciti su alcune riviste, in volumi collettivi e in rete.

Dall’amore per i viaggi e il sogno, deriva una serie di scritti nei quali Moresco illustra gli aspetti geografici e visionari, la vita sociale nascosta e spesso degradata dei paesi visitati. Ma non troveremo un resoconto che oggi diremmo giornalistico, ma pezzi che sconfinano nel racconto letterario e nell’invettiva.

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Lo sbrego di Antonio Moresco

di Francesco Sasso

“Io non ho mai letto niente”. Ecco il paradossale incipit di un libro sulla lettura scritto da Antonio Moresco. “Per me leggere non è leggere”, continua lo scrittore che fatica a ricordare il primo libro letto (Salgari). Inoltre afferma di non riuscire a leggere a lungo a causa di una malformazione agli occhi e che ha iniziato ad “attraversare” le grandi opere letterarie dai trent’anni in su.

Pubblicato nel 2005, il libro è un meticciato di generi: saggio, autobiografia, narrativa, pamphlet.

Lo Sbrego inizia con una telefonata dello scrittore e curatore di collana Dario Voltolini. Quest’ultimo gli commissiona “un libro sulla lettura”. Dopo aver accettato l’impresa, all’apparecchio telefonico dello scrittore mantovano si accalcano voci provenienti dallo spazio e dal tempo.

Infatti, la narrazione è costruita sul ritmo di queste chiamate. Moresco immagina di parlare al telefono con Stendhal, Kafka, Dostoevskij, Goethe, Cervantes, Melville, Hugo, Céline, Cechov, Dickinson, Faulkner, Walt Whitman, Flaubert, Leopardi, Emily Bronte, Virginia Woolf ecc.
Non con tutti parla al telefono. Alcuni scrittori sono semplicemente evocati.

Moresco nel libro inscena un processo di smitizzazione e di distruzione delle gerarchie dei grandi scrittori. Soltanto davanti a Goethe, Dante e Shakespeare, egli mostra un certo timore reverenziale.

Ne Lo Sbrego troviamo anche le idee eversive di letteratura dello scrittore dei Canti del caos e le ben note invettive contro certa cultura editoriale:

“Tutte queste povere larve vestite che dirigono collane editoriali, coi loro omologhi che scrivono libri consentiti e richiesti, obbedienti allo spirito del tempo e ai suoi conformismi e alle sue piccole gratificazioni medianiche ed economiche, morti viventi, feti normalizzati e allevati, con le loro piccole carriere, le loro scalate”

Comunque, il libro è quanto di più lontano si possa immaginare dai rigori della scientificità accademica. Ma anche qui è da dichiarare utile e positivo il trapasso dai criteri estetici del giudizio a favore di una visione “impressionistica” delle opere dei grandi scrittori.

[Antonio Moresco, Lo sbrego, BUR- scuola Holden, 2005, pag.150, €12,00]

Gli esordi di Antonio Moresco

Antonio Moresco, scrittore irrequieto e singolare. Rifiutato per anni dalle case editrici, ha elaborato a lungo la sua scrittura nel silenzio, in aperta polemica con un certo modo di concepire la narrativa. A mio parere, è uno degli autori più interessanti del panorama narrativo contemporaneo italiano.

Ho letto nel 2006 il romanzo Gli esordi, apparso verso la fine del 1998 per Feltrinelli. E’ un libro impegnativo e ambizioso. Conturbate.

La struttura è in tre parti, intitolate “Scena del silenzio”, “Scena della storia ” e “Scena della festa”.

Il romanzo contiene una straordinaria profondità d’immaginazione. Con quest’opera, l’autore affronta l’enigma della vita da un angolo originale. Descrive la solitudine dell’uomo in una realtà insudiciata e obliqua, instabile, dove il sogno e l’incubo sono anch’esse realtà tangibili, come la stessa angoscia e la vacuità.

I personaggi del romanzo sono claustrofobici, anime chiuse in sé, che mai conoscono o ri-conoscono gli oggetti più comuni né gli esseri umani. Lo sguardo dei personaggi è perennemente sfocato, la percezione di sé fatta a pezzi, la pupilla psichica così dilatata da non riuscire a scorgere che oscura luce.

Il linguaggio e lo stile: asciutto, preciso, allo stesso tempo iperrealistico e visionario.

f.s.

[Antonio Moresco, Gli esordi, Feltrinelli, Milano 1998 – pp. 535, € 17,04]