La macinatrice di Massimiliano Parente

Recensione/schizzo #6

Prima o poi dovrò decidermi a rileggere La macinatrice di Massimiliano Parente. Lessi il libro due anni fa e non mi piacque, affogato com’era fra sottigliezze e freddure, con espressioni che nella voluminosa forma del romanzo spiccavano più, e sono reminiscenze, per sfoggio di potenza intellettuale che per proprietà narrativa.

In generale, il romanzo è apprezzabile in alcune parti (poche), stancante in altre (molte). Il linguaggio di Massimiliano Parente è barocco, la costruzione fantastica mima la poetica di Moresco. La sua musa è una ninfetta di sobborgo, pallida e melanconica. Nel complesso il libro è noioso.

Dinnanzi alla realtà del libro, inquinato dalla delusione, la mia critica, tralasciando ogni analisi seria del testo, è caduta nel vuoto.

f.s.

[Massimiliano Parente, La macinatrice, Pequod, 2005,  462 p., euro 20 ]