Renzo Paris, Il fenicottero. Vita segreta di Ignazio Silone, Roma, Elliott, 2014
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di Giuseppe Panella
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Consacrato ormai dalla pubblicazione dei due Meridiani intitolati a suo nome, ancora ristampato in edizioni tascabili a larga diffusione, Silone è un autore abbastanza letto (considerati i bassissimi standard italiani) soprattutto su base scolastica ma ormai poco frequentato dalla critica letteraria militante e anche da quella accademica. In realtà, la sua parabola esistenziale è stata maggiormente oggetto di ricerca da parte di storici contemporanei come Dario Biocca e Mauro Canali1 le cui affermazioni circa l’attività da doppiogiochista e informatore dell’OVRA di Silone hanno suscitato ampie polemiche e dure prese di posizione. Certo fin dall’uscita del suo testo autobiografico contenuto in Il Dio che è fallito (poi confluito in Uscita di sicurezza2), la sua figura di transfuga dal Partito Comunista ai tempi delle purghe staliniane e della lotta antifascista aveva gettato su di lui la lunga ombra del tradimento. Ma il libro di Renzo Paris che prende spunto dal termine usato dai comunisti in clandestinità per definire se stessi va al di là anche delle pur importanti ricerche archivistiche di Canali e di Biocca e tenta un affondo nella complessa e spesso contorta personalità di Silone con l’aiuto della psicologia del profondo e di Carl Gustav Jung (come pure dello stretto collaboratore di quest’ultimo di cui lo scrittore pescinese fu probabilmente un paziente, sia pure per un breve periodo). Ma l’importanza di questo romanzo-saggio di Paris non è costituito dalla sua ricostruzione minuziosa e perspicua dei primi trenta anni di vita di Ignazio Silone.
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