a cura di Francesco Sasso
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Petrarca acquistò nei suoi viaggi e trascrisse lui stesso o fece trascrivere da copisti molti libri classici latini e volgari. Nei suoi numerosi spostamenti andò alla ricerca di libri perduti e vi scovò spesso di assai rari (per esempio Cicerone). La sua biblioteca negli ultimi anni aveva raggiunto una consistenza notevole per il suo secolo: certamente superava il numero di duecento volumi (manoscritti). Poca cosa per noi contemporanei, tanto per l’epoca. Tra i titoli posseduti dal poeta dominavano i classici latini e i Padri della Chiesa. Il Nostro aveva promesso di regalare la sua ricca biblioteca alla Repubblica di Venezia in cambio di una casa sulla riva degli Schiavoni, ma alcuni anni dopo, trasferendosi a Padova, fece sì che la maggior parte dei codici da lui posseduti passassero alla biblioteca del signore di Padova; trasmigrarono poi a Pavia nel castello dei Visconti, da dove più tardi passarono in parte a Milano presso gli Sforza e in parte in Francia, nel castello di Blois. Oggi le biblioteche che posseggono codici del Petrarca sono: varie biblioteche milanesi, in primo luogo Ambrosiana e la Trivulziana, varie biblioteche francesi, la Biblioteca Apostolica Vaticana, la Biblioteca Marciana di Venezia, quella del Seminario di Padova, quella Palatina di Parma, varie biblioteche americane ecc.