Scrivere il compromesso. Rapidi tentativi di avvicinamento a “La compromissione” di Mario Pomilio

[È appena uscito Luciano Curreri, Anni dispari di narrativa Sessanta. Saggi e micro-saggi su Dessí, Rosso, Pomilio, Sciascia, Siké Edizioni, Leonforte (EN), 2023, 160 pp. Per gentile concessione dell’editore, presentiamo il capitolo terzo: 1965. Scrivere il compromesso. Rapidi tentativi di avvicinamento a La compromissione di Mario Pomilio (Orsogna 1921 – Napoli 1990) (f.s.)]


di Luciano Curreri

A Pippo e a Toshiro, alla loro amicizia,

nata grazie a Pino l’abruzzese.

1. «Leggere» e non «rileggere»

Sono grato a Simone Gambacorta1 e Michele Toniolo per avermi invitato a leggere La compromissione (1965) di Mario Pomilio. Dico volutamente «leggere» e non «rileggere».

Perché? Perché rileggere comporta non solo e non tanto l’atto di leggere di nuovo ma anche il fatto di aver già letto, ovvero il fatto di avere, bene o male, nella nostra testolina, una qualche idea del libro in questione e finanche una verità già in tasca a proposito dello stesso; come quella, per esempio, che pochi giorni fa mi è stata sparata in faccia benevolmente da un collega, un amico: «Ma bene! Ora leggi anche i libri sugli intellettuali di sinistra scritti da cattolici».

Ecco, per un volume che, nel bene e nel male, erge a sistema il dubbio, ovvero il rifiuto delle mille verità per restare disponibile alla verità (mai frutto, ch’io sappia, d’una coerenza monolitica), mi pare pochino. Certo, la messa sembra sempre già detta (anche quando è solo una ‘mezza messa’). E non è facile proprio corretto far tabula rasa dell’ampia ricezione, del gran dibattito dell’epoca e del premio prestigioso che scandirono quanto meno la prima vita di La compromissione.

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