In queste settimane mi sto dedicando allo studio del lessico. Il motivo è semplice: un lavoro di ricerca letteraria mi impone alcune letture, ma, in verità, queste letture sono state sollecitate da me dopo alcune riflessioni personali sulla questione “parola poetica”. Per chi si dedica alla poesia (scritta o letta, non importa), lo studio linguistico è fondamentale.
Per esempio, partiamo dalla Parola. La nozione di parola è immediata e intuitiva per il parlante, ma di difficile definizione per il linguista. Nell’opinione comune, costituisce una parola ciò che esprime un significato unitario, o, più tecnicamente, ciò che graficamente è compreso tra due spazi bianchi di un testo, e può essere pronunciato in isolamento: questa definizione non soddisfa il linguista, che sa bene che non tutte le lingue hanno tradizione scritta (e pur tuttavia hanno parole) e per il quale ‘significato unitario’ è una definizione troppo vaga.
E a ben vedere, nemmeno il parlante comune considererebbe una singola parola sequenze come in italiano compralo, scrivimi, nonostante dal punto di vista grafico non contengano spazi bianchi.
Recenti discussioni sulla parola si trovano in Ramat, Pagine linguistiche, Laterza, 2005, Roma-Bari (pag 106-121)