QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.75: L’avvento del Numinoso. Renzo Ricchi, “Eternità delle rovine”

L’avvento del Numinoso. Renzo Ricchi, Eternità delle rovine, con un’ Introduzione di Gualtiero De Santi, Borgomanero (NO), Giuliano Ladolfi Editore, 2011

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di Giuseppe Panella*


Eternità delle rovine è un libro malinconico e desolato ma non disperato. Già nella nozione stessa di eternità si dà spazio a un’illusione attiva e non rinunciataria – quella della possibilità sempre presente che ciò che perisce e transita in modo apparentemente irreversibile sia destinato a durare anche se in un’altra dimensione (un’altra vita forse). Inoltre è pur sempre  l’eternità (e quindi la sua non numerabile durata) a essere in primo piano rispetto alla pesante fragilità delle rovine.

Come recita la poesia che dà il titolo alla raccolta:

 

«Non c’è più rumore. / Uomini qui risero e piansero / bambini nacquero e giocarono / si guardarono attorno sorridenti / senza sospetti / pieni di fiducia / ragazze in fiore / illuminarono lo spazio. // Come lontano / l’urlo del cacciatore antico / che uccise il primo cervo / il grido che scosse la foresta / smorzò il brusio della natura. //  Niente più. / Solo il vento resta / i profili delle colline / l’orizzonte / il cielo aperto / gli alberi immoti. // Creature e cose / s’inoltrarono impotenti / nel silenzio. // Silenzio / sacro velo che occulti / le orme perdute della vita. // Oh l’eternità delle rovine !» (pp. 14-15).

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QUEL CHE RESTA DEL VERSO n.30: Scrittura lirica e scelta etica nella poesia di Renzo Ricchi. A proposito di “La cetra d’oro (Poesie 1950-2005)”

Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)

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di Giuseppe Panella

 

Scrittura lirica e scelta etica nella poesia di Renzo Ricchi. A proposito di La cetra d’oro (Poesie 1950-2005), Lanciano (CH), Rocco Carabba, 2007

Renzo Ricchi apprezza parecchio, evidentemente, la prospettiva di pubblicare proprie auto-antologie che raccolgono testi scritti in anni anche parecchio lontani dato che quest’ultima La cetra d’oro (Poesie 1950-2005) stampata per i tipi di Rocco Carabba di Lanciano nel 2007 è la sua terza pubblicazione realizzata in quest’ottica.

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