Scritti di utopia? “In viaggio per l’Europa” (1981-1988) di Mario Rigoni Stern. Saggio di Luciano Curreri

Pubblichiamo in anteprima, su «Retroguardia 3.0», un intervento di Luciano Curreri al Convegno di studi “Il ritorno” di Mario Rigoni Stern (con l’approvazione dell’organizzatrice, Elena Ledda, che ringraziamo).

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di Luciano Curreri* (ULIEGE, TRAVERSES, CIPA)

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Scritti di utopia? “In viaggio per l’Europa” (1981-1988) di Mario Rigoni Stern.

A Elena e Angelo ritrovati,

e a Giuseppe, trovato tout court.

I.

L’idea sottesa a questo intervento è quella di partire da una entrée en matière poco frequentata nella scrittura di Mario Rigoni Stern (1921-2008), e cioè dalle prime ottanta pagine di Il magico “kolobok”e altri scritti (uscito nell’aprile 1989), intitolate In viaggio per l’Europa, e contenenti articoli apparsi su “La Stampa” fra il 26 giugno 1981 e il 29 dicembre 1988: immagino questo ‘viaggio’ come una specie di ‘testo minore’ che ci aiuti a scoprire, scegliere e fors’anche a spiegare un ‘altro’ Rigoni Stern. E quel minimo sindacale di ambizione critica datata, vintage, che alcuni potranno scorgervi, non vuole evadere polemicamente il mondo dell’Altipiano né quello, più vasto, della guerra, ma, ben al contrario, servirsene (senza assolutizzarli, e in altro modo richiamarli).

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Alex Bardascino e Luciano Curreri, “100 anni di Mario Rigoni Stern”

Alex Bardascino e Luciano Curreri, 100 anni di Mario Rigoni Stern, Mimesis, 2021, 136 pp., € 12,00


di Francesco Sasso

Sono in leggero ritardo con questo libro, che ho letto con interesse e che qui segnalo. Il libro in questione è 100 anni di Mario Rigoni Stern, edito da Mimesis nel 2021, di Alex Bardascino e Luciano Curreri.

Analizzare le opere letterarie di uno scrittore, lungo l’arco complessivo del suo svolgimento, è discorso particolarmente complesso, profondo e allusivo. Il più delle volte, l’opera letteraria appare singolarmente proteiforme, slitta sui significati, si accoppia al tempo presente generando sottili e nuovi rimandi, dando vita a interpretazioni mai univoche.

È forse per questo motivo che gli autori di 100 anni di Mario Rigoni Stern decidono di non vestire l’abito da sera dello scienziato-filologo, convinti di poter dominare il testo, ma di indossare l’abito sportivo, reversibile e a più entrate di lettori appassionati e devoti.

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“Sergente nella neve” e “Ritorno sul Don”: nutrirsi in guerra e in pace. Saggio di Domenico Carosso

Sergente nella neve e Ritorno sul DonSergente nella neve e Ritorno sul Don: nutrirsi in guerra e in pace

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di Domenico Carosso

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Il limite intrinseco, invalicato e invalicabile, delle mie paginette, è che non ho mai incontrato Rigoni, né visto o visitato i suoi luoghi, i luoghi della Grande Guerra, e della Seconda. Per tutto ciò rinvio alle osservazioni di Eraldo Affinati, nel «Meridiano» dedicato al classico che è non da ora, ma fin dal primo libro, Il Sergente nella neve Mario Rigoni Stern.

Il Sergente nella neve, uscito la prima volta (anno 1953) nei famosi Gettoni curati da Vittorini, con un giudizio che lo accoglie e insieme lo respinge («MRS non è uno scrittore di vocazione») è il racconto sobrio e testimoniale, la cronaca quasi, della vicenda degli alpini in Russia, nel corso della Seconda guerra mondiale. Diviso in due parti, dai titolo rispettivamente de “Il caposaldo” e “La sacca”, cioè la postazione prima tenuta, poi perduta dai soldati chiusi in un cerchio di neve, gelo e fuoco.

Il libro di MRS, pubblicato con straordinario successo da Einaudi e ancora a disposizione dei lettori, è ormai un classico, per la lingua forte e concreta, priva di qualsiasi retorica, che lo attraversa e lo colma di esempi attivi e solidali, tra amici e anche coi nemici.

Dunque, «le pallottole battevano sui reticolati mandando scintille. Improvvisamente tutto ritornò calmo, proprio come dopo la sagra tutto diventa silenzioso e nelle strade deserte rimangono i pezzi di carta che avvolgevano le caramelle e i fiocchi delle trombette. Solo ogni tanto si sentiva qualche fucilata solitaria e qualche breve raffica di mitra come le ultime risate di un ubriaco vagabondo».

Un paragone, un confronto tra il fuoco micidiale degli spari e le innocue trombette, tra le scintille e i pezzi di carta della festa ormai giunta al termine – un confronto che propone, in modestia e quasi sottovoce, l’inevitabile distanza tra il lettore col libro in mano e i soldati presi nel morso tenace della neve e del gelo.

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