«Tel qu’en Lui-même enfin l’éternité le change, / Le Poète suscite avec un glaive nu /
Son siècle épouvanté de n’avoir pas connu / Que la mort triomphait dans cette voix étrange !»
(Stephane Mallarmè, Le Tombeau de Edgar Poe)
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di Giuseppe Panella
Se c’è qualcosa che colpisce immediatamente chi legge i romanzi, le poesie o i testi saggistici e diaristici di José Saramago è il senso di assoluta laicità che essi promanano. Laicità, non laicismo o i vecchi stilemi dell’anticlericalismo d’antan che ancora si trovano (e pullulano) nelle res gestae pubbliche e private degli esecratori dell’Infame (per ripetere il motto di Voltaire nel momento in cui esortava i popoli a écraser la Chiesa Cattolica e i Gesuiti). Saramago non ha esitato a criticare il cattolicesimo bacchettone della società cattolica del Portogallo prima e dopo Salazar, non si è fatto scrupolo di entrare in contrasto con la cultura di sinistra cui pure apparteneva e di distaccarsene quando essa ha raggiunto le vette del potere e non si peritava certo di dire la verità apertamente a chi si trovava di fronte anche se era un ministro o un ambasciatore (ne sono testimonianza non solo gli attacchi espliciti e verticali a Berlusconi e i suoi epigoni italiani ma anche diversi episodi piuttosto vibranti riferitimi da una persona fededegna). Saramago ha scritto quello che pensava e quello che riteneva opportuno riesplorando le pagine più o meno note della storia portoghese che lo interessavano.La sua produzione è amplissima e non ancora esplorata (almeno in Italia): i volumi di diario e appunti vari, sorta di zibaldoni di grande interesse non solo umano che lo scrittore portoghese ha lasciato con il titolo di Cuadernos de Lanzarote non sono ancora stati tradotti in italiano e così pure una parte dei contributi usciti nel suo blog, uno strumento di comunicazione diretta che egli privilegiava nell’ultimo periodo (l’ultimo di essi reca la data del 20 febbraio 2010).
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