SPECIALE GUIDO MORSELLI: Fabio Pierangeli, “Dante a Margine e le interrogazioni di Guido Morselli”

Fabio Pierangeli, Dante a Margine e le interrogazioni di Guido Morselli, Mimesis 2023, pp.162, € 16,00


di Francesco Sasso

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Guido Morselli visse una vita costretta al soliloquio con se stesso. Fu un esercizio, questo, in cui egli scorse le ragioni della propria solitudine, l’assurdità e l’ingiustizia, la sofferenza e il rumore del mondo.

In realtà, Morselli tentò di instaurare un rapporto di comunicazione con gli uomini e di partecipare al dibattito intellettuale dell’epoca. Quest’ansia comunicativa, molto spesso frustrata, si riverberò nei tanti suoi protagonisti scrittori, giornalisti o uomini che scrivono per una causa (ad esempio il deputato Ferranini in Il comunista). Una ricerca continua di partecipazione e di confronto con il pubblico, ostacolate da incomprensione e, forse, da quel Caso così tante volte tirato in ballo nei romanzi morselliani.

Guido Morselli fu anche scrittore-filosofo nel senso di moralista che a quel termine dettero gli intellettuali dell’Illuminismo francese. Profondo e versatile, non gli mancò il demone speculativo e letterario. Fu anche filologo dilettante, lesse e postillò la Commedia e la Vita Nuova. Di ciò da conto il professore Fabio Pierangeli in Dante a Margine e le interrogazioni di Guido Morselli (Mimesis, 2023).

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Jonathan Swift, “Viaggi di Gulliver”

di Francesco Sasso

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La vita di Jonathan Swift (1667-1745) si svolse nel periodo compreso fra la Restaurazione e l’età chiamata augustea. Egli fu il più grande scrittore del secolo, raggiunto solo dai maggiori prosatori dell’Ottocento. Cosciente del proprio ingegno ed ambizioso, egli parve destinato ad una carriera brillante e felice: segretario di sir William Temple, il consigliere di Guglielmo III, prese gli ordini religiosi, guidò gli studi di Esther Johnson che doveva diventare la sua “stella”, dimostrò le sue qualità di polemista. Sul termine della sua vita, deluso dalla vita e accusato di empietà per i tremendi sarcasmi contro il Papa, Lutero e Calvino, trascorse gli ultimi anni della sua vita in preda alla follia.

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José Ovejero, “Insurrezione”

José Ovejero, Insurrezione, Trad. Bruno Arpaia, Voland, 2022, pp. 352, 19,00


di Francesco Sasso

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Aitor è un giornalista di mezza età del mondo della radio. Dopo vent’anni da precario mascherato da libero professionista, il protagonista non chiede molto alla vita. Aitor vuole vivere tranquillo, fare cultura attraverso la radio e garantire a se stesso e alla propria famiglia una vita confortevole:

«Aveva creduto che diventare adulti fosse un processo di accumulazione. Acquisti via via esperienza e una maniera più rilassata di guardare il mondo; siccome non speri più di guardarlo, lo osservi, ci familiarizzi, in una certa misura lo accetti, senza che questo significhi che ti piace». (p. 42)

Il matrimonio di Aitor ormai è naufragato da tempo e il rapporto con i suoi due figli, che vivono con lui, è burrascoso. Soprattutto Ana, la figlia più giovane di diciassette anni, contesta il mondo capitalista e, di conseguenza, la vita borghese del padre. Da mesi Ana se n’è andata via di casa per vivere in un edificio occupato, El Agujero (Il Buco), dove insieme ad altri “idealisti” porta avanti la sua lotta antisistema: “Morte al senso comune, abbasso le verità di tutta la vita”. Alfon è la guida carismatica di questa comunità e introduce Ana in un mondo alternativo.

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Guidalberto Bormolini, “L’arte della meditazione”

Guidalberto Bormolini, L’arte della meditazione, pref. Giorgio Nardone, Ponte alle Grazie, 2022, pp.382, € 16,80


di Francesco Sasso

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Clip del libro su Retroguardia YouTube

Qui la recensione audio su Spotify

A fine pagina la videorecensione su Youtube

Il fenomeno della meditazione è un fatto essenziale, universale della vita umana. Sotto ogni cielo, in ogni tempo, presso tutti i popoli, l’uomo ha sempre cercato la vera natura della mente e dell’anima attraverso la meditazione. Meditare è mettersi in cammino alla ricerca di sé o anche fare un percorso di conversione o purificazione interiore. Quale che sia il loro grado di evoluzione, l’essere umano desidera sapere chi è. È la più grande missione che ha da compiere nella sua esistenza terrena. Di questo e di molto altro tratta il bel libro dal titolo L’arte della meditazione di Guidalberto Bormolini.

Dopo aver lavorato come falegname, carpentiere e liutaio, Bormolini entra nella Comunità dei Ricostruttori nella Preghiera per vivere gli ideali monastici e in seguito viene ordinato sacerdote. Egli ha sempre vissuto l’esperienza meditativa «come un fatto intimo, sperimentato nella riservatezza» fino al giorno in cui Giorgio Nardone gli ha chiesto di mettere la sua esperienza al servizio dei lettori.

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Mauro Germani, “Storie di un’altra storia”

Mauro Germani, Storie di un’altra storia, Calibano editore, 2022, pp.144, € 14,00


di Francesco Sasso

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Storie di un’altra storia è una raccolta di racconti di Mauro Germani. In questo libro troverete un po’ di mistero, un po’ di introspezione, un po’ di fantastico e un corteo di figurine grottesche, ridicole, lacrimevoli come se ne trovano nella vita e nei libri.

Mauro Germani è lo storico, il cronista e il poeta dei disgraziati e dei sacrificati, dei poveri umiliati, dei personaggi in cerca d’identità o di luoghi ideali, spaesati, di tutti quelli ai quali la vita dice di no.

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Il dono è un legame di anime

Il dono è un legame di anime


di Francesco Sasso

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L’antropologia culturale è una disciplina eterogenea, il cui campo di studio – l’uomo in quanto elaboratore di cultura – è quanto mai ambiguo e al tempo stesso talmente vasto da rendere necessario l’utilizzo degli strumenti di più discipline per studiare i fenomeni ad esso correlati.

L’antropologia culturale è un modo di guardare all’uomo e alle sue opere nelle loro articolazioni etniche e nelle loro espressioni popolari. Il concetto di cultura è fondamentale per la definizione di questa disciplina anche se di difficile delimitazione. In antropologia, con cultura non si intendono soltanto i prodotti del lavoro intellettuale (arte, letteratura o scienza), ma il complesso di elementi non biologici attraverso i quali l’uomo si adatta all’ambiente e organizza la sua vita sociale. Di fatto, è difficile definire la cultura attraverso un elenco. Naturalmente, la cultura da un lato dipende dalle basi biologiche della vita umana, dall’altro si intreccia con esse e le modifica. In fondo la cultura è una nostra seconda natura. Quindi l’antropologia culturale si muove in simbiosi con le discipline della storia, della filosofia e degli studi umani e sociali. Tuttavia, l’ambito biologico e culturale restano distanti.

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Stefano Lanuzza, “Una tragica giovinezza. Il Rosso e il Nero di Stendhal”

Stefano Lanuzza, Una tragica giovinezza. Il Rosso e il Nero di Stendhal, Jouvence, 2022, pp.141, €12,00


di Francesco Sasso

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Una tragica giovinezza. Il Rosso e il Nero di Stendhal di Stefano Lanuzza è un saggio a forma di romanzo sulla vita di Henri Beyle/Stendhal. Un’unica esistenza, due anime contrapposte.

Lanuzza ci racconta con finezza e puntualità come Henri Beyle, noto sotto lo pseudonimo di Stendhal (1783-1842), fu dotato di uno spirito di osservazione acutissimo: egli seppe scrutare gli uomini ed il suo realismo è di carattere psicologico. Lo scopo di Stendhal fu di svelare e notare i segreti motivi delle nostre azioni, afferrandone le minime sfumature con sicurezza. Stessa operazione compiuta da Lanuzza in questo saggio su Stendhal/Henri Beyle.

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Alex Bardascino e Luciano Curreri, “100 anni di Mario Rigoni Stern”

Alex Bardascino e Luciano Curreri, 100 anni di Mario Rigoni Stern, Mimesis, 2021, 136 pp., € 12,00


di Francesco Sasso

Sono in leggero ritardo con questo libro, che ho letto con interesse e che qui segnalo. Il libro in questione è 100 anni di Mario Rigoni Stern, edito da Mimesis nel 2021, di Alex Bardascino e Luciano Curreri.

Analizzare le opere letterarie di uno scrittore, lungo l’arco complessivo del suo svolgimento, è discorso particolarmente complesso, profondo e allusivo. Il più delle volte, l’opera letteraria appare singolarmente proteiforme, slitta sui significati, si accoppia al tempo presente generando sottili e nuovi rimandi, dando vita a interpretazioni mai univoche.

È forse per questo motivo che gli autori di 100 anni di Mario Rigoni Stern decidono di non vestire l’abito da sera dello scienziato-filologo, convinti di poter dominare il testo, ma di indossare l’abito sportivo, reversibile e a più entrate di lettori appassionati e devoti.

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Paolo De Luca, “Stige”

Paolo De Luca, Stige, ilmiolibro self publishing, 2019, 300 pp., 22€


di Francesco Sasso

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La storia ha inizio nel 2006. Nella campagna di Ercolano, mentre un escavatore è al lavoro per le fondazioni della villa di un piccolo boss malavitoso, viene disseppellito un oggetto di epoca romana. L’oggetto è una cassetta di legno avvolta in una tela catramata e carbonizzata. Essa contiene un vasetto d’oro e una pergamena. La pergamena è indecifrabile ai più, non perché corrotta dal tempo, ma perché utilizza un linguaggio decifrato. L’oggetto finisce nelle mani di un importante ricettatore di opere antiche, il quale lo mette all’asta online attraverso gli usuali canali illegali. Da quel momento, la pergamena attira l’attenzione di studiosi e non solo. In Vaticano sono pochi a sapere che una copia simile è stata trovata nella tomba di Paolo dopo una ricognizione mai pubblicizzata. Purtroppo di questa ultima copia paolina si sono salvati pochi frammenti. E da qui il racconto si dipana in mille vicissitudini. Man mano che la narrazione procede, si comprende che, una volta decifrato, lo scritto rivelerà una verità che potrebbe cambiare la lettura storica del cristianesimo e, dunque, far barcollare l’intero mondo cattolico.

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Stefano Lanuzza, “‘900 out. Scrittori italiani irregolari” e “Senza storia. ‘900 e contemporanei della Letteratura italiana”

Stefano Lanuzza, ‘900 out. Scrittori italiani irregolari, Fermenti editrice, 2017, pp.294, € 24,00

Stefano Lanuzza, Senza storia. ‘900 e contemporanei della Letteratura italiana, Oèdipus edizioni, 2021, pp.288, €17,50


di Francesco Sasso

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Stefano Lanuzza in questi ultimi anni ha pubblicato una corposa e chiara cartografia della letteratura italiana del Novecento: ‘900 out. Scrittori italiani irregolari (Fermenti editrice) e Senza storia. ‘900 e contemporanei della Letteratura italiana (Oèdipus edizioni).

Non è facile scrivere una storia della letteratura italiana del Novecento: c’è dietro la grande tradizione storiografica e una concezione alta dell’opera d’arte. Inoltre, la letteratura non è semplice linguaggio oppure insieme di opere stampate, pubblicate e diffuse; recepite come tali, prima di tutto, proprio in quanto scritte. È persino ovvio dire che un’opera non assume a dignità letteraria dal semplice fatto di essere scritta e pubblicata. Un’opera letteraria deve essere letta e riletta. E qui si spalanca una voragine: il problema della ricezione delle opere letterarie e di come il pubblico sia condizionato e influenzato da alcuni stereotipi del sistema culturale a individuare e accettare come capolavori determinate opere e scartarne altre, non corrispondenti alle attese, ai gusti e ai valori della comunità leggente.

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Carlo Kik Ditto, “Immacolata intercessione”

Carlo Kik Ditto, Immacolata intercessione, Il ramo e la foglia edizioni, 2021, pp.208, € 16,00


di Francesco Sasso

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Carlo Kik Ditto, classe 1976, è nato a Potenza e vive a Napoli, è giornalista. Nel suo ultimo lavoro, Immacolata intercessione (Il ramo e la foglia edizioni), narra quella che potremmo definire una fiaba moderna senza fate, orchi, giganti e affini. Siamo a Chicago (Illinois) nel 1988. Unicorn e Shebop sono due amici e coinquilini. Unicorn è un attore porno gay, molto religioso e praticante. Shebop è una drag queen transessuale, parrucchiera ed è la star del Blue Tongue con una fissazione per la cantante Cyndi Lauper. Entrambi vivono il loro lavoro con naturalezza e consapevolezza. Un giorno nel negozio di Shebop si presenta una giovane donna di nome Mary e l’esistenza dei due protagonisti cambia radicalmente: Shebop è incinta.

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“Guerra di trincea” di Milo De Angelis (podcast)

Voci, rubrica di poesia “partecipata” a cura di Francesco Sasso su “La poesia e lo spirito”.

Leggere e condividere poesie in rete è molto bello. Questa nuova rubrica è aperta a tutti gli appassionati della poesia. 

Cosa cerchiamo? Noi cerchiamo la poesia. Potete quindi segnalare via email il vostro spazio poetico in rete o copiare/incollare una vostra poesia. Noi scegliamo e rilanciamo la poesia su queste pagine e in podcast. (f.s.)

Lettura di Francesco Sasso da “Guerra di trincea” di Milo De Angelis in Incontri e agguati (Mondadori, 2015)


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Amore e morte nella “Gerusalemme liberata”

Amore e morte nella “Gerusalemme liberata”

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di Francesco Sasso

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Tasso scrisse la Gerusalemme liberata, poema epico-religioso di venti canti in ottave, cui attese con particolare alacrità nel biennio 1573-75 a Ferrara. Finito che l’ebbe, lo sottopose al giudizio di alcuni dotti perché valutassero alla luce dell’ortodossia aristotelico-cattolica.

Alla Gerusalemme il Tasso si era preparato meditando a lungo sul genere epico e perciò la sua composizione, rigidamente ossequente alle norme letterarie, incornicia, per fortuna senza soffocarlo, ma certo disciplinandolo, il mondo delle sue fantasie. Omero e Virgilio gli fanno da modello: Rinaldo è l’Achille omerico nell’assedio di Gerusalemme, Goffredo arieggia il “pius Aeneas”, ma è contemporaneamente sovrano fra i prìncipi, come Agamennone, Rinaldo e Armidia richiamano Enea e Didone; ma non meno presenti erano al Tasso molti poeti medievali e rinascimentali e specialmente l’Ariosto.

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VOCI. “Post Scriptum” di Roberto Bolaño (podcast)

Voci, rubrica di poesia “partecipata” a cura di Francesco Sasso su “La poesia e lo spirito”.

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Lettura di Francesco Sasso da “L’università sconosciuta” di Roberto Bolaño (Sur, 2020)


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GLOSSA n.6: Giannantonio Petrucci e Lodovico Domenichi

Affascinante la figura di Giannantonio Petrucci (1496 ca-1486), scrisse ottanta sonetti in carcere, in attesa della decapitazione avvenuta l’11 dicembre 1486 perché coinvolto nella congiura dei baroni. Il manoscritto fu affidato al carceriere e ritrovato soltanto nel Ottocento. I suoi versi, leggo da qualche parte, sono occasione di un confronto autentico col destino e la morte. Peccato che non riesco a trovare una edizione cartacea o un pdf in rete.

Invece vi consiglio la lettura di Rime diverse d’alcune nobilissime, et virtuosissime donne a cura di Lodovico Domenichi.

f.s.

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Luciano Curreri, Michel Delville, Giuseppe Palumbo, “Tutto quello che non avreste mai voluto leggere – o rileggere – sul fotoromanzo”

Luciano Curreri, Michel Delville, Giuseppe Palumbo, Tutto quello che non avreste mai voluto leggere – o rileggere – sul fotoromanzo, ed. Comma 22, 2021, pp.95, € 9,00

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di Francesco Sasso

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Tutto quello che non avreste mai voluto leggere – o rileggere – sul fotoromanzo è uno strano oggetto a cura di Luciano Curreri, Michel Delville e Giuseppe Palumbo. Il testo è un frullato multi-gusto: graphic novel , saggio, dialogo, divagazione, diatriba. Sottotitolo: una passeggiata. Lucio (Curreri) e Michel (Delville), disegnati da Giuseppe Palumbo con fattezze di animali, passeggiano in compagnia delle loro acute coscienze per le vie lucide del fotoromanzo alla ricerca delle sue potenzialità formali e ideologiche. Si soffermano nella pubblica piazza della bibliografia passata e recente, calandosi in anfratti legati al passato “assoluto” del fotoromanzo, giocando con le ombre dell’attualità incompiuta, evocando genealogie arricchite dalla linfa bassa degli antichi generi folcloristici e della paraletteratura.

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Giorgio Manganelli, “Concupiscenza libraria”

Giorgio Manganelli, Concupiscenza libraria, a cura di Salvatore Silvano Nigro, Adelphi, 2020, pp. 454, € 24

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di Francesco Sasso

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«Una antologia è una legittima strage,» scriveva Manganelli nel risvolto di copertina dell’Antologia privata (Rizzoli, Milano, 1989) «una carneficina vista con favore dalle autorità civili e religiose, un massacro commercialmente attendibile». Aveva annotato, nel «Ragguaglio Librario» del dicembre 1949, che non c’è «lavoro più inquietante che scegliere e scartare per fare un’antologia».

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GLOSSA n.5: cronache e facezie

Giovanni di Paolo Morelli (Firenze, 1371 – Firenze, 1444)  iniziò la stesura dei Ricordi nel 1393. Qui narra la storia della propria famiglia dalle origini (XII secolo) al 1411. Ricordi è una cronaca privata attraverso cui è possibile ricostruire le vicende fiorentine del tempo.

QUI puoi leggere Ricordi.

Bonaccorso Pitti (Firenze, 25 aprile 1354 – Firenze, 1430) scrive Cronica. In questo libro l’autore riferisce della sua avventurosa vita giovanile e dei suoi viaggi in gran parte del mondo allora conosciuto.

QUI puoi leggere Cronica in formato pdf

QUI puoi leggere Cronica in altri formati

QUI puoi leggere Cronica su Google libri

Arlotto Mainardi, detto il Piovano o Pievano Arlotto (Firenze, 25 dicembre 1396 – Firenze, 26 dicembre 1484), gran viaggiatore, parroco della chiesa di San Cresci a Macioli, molto noto ai suoi tempi come “Piovano” e come produttore seriale di burle e arguzie. Un anonimo scrittore ha registrato il tutto nel popolare Motti e facezie del Piovano Arlotto (cft. G. Folena (a cura di), Motti e facezie del Piovano Arlotto, Ricciardi, Milano-Napoli 1953

Qui potete scaricare il pdf di Scelta di facetie, motti, burle, et buffonerie del Piovano Arlotto e altri autori, Venezia 1595, su books.google.it.

f.s.

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Ron Padgett, “Non praticare il cannibalismo”

Ron Padgett, Non praticare il cannibalismo. 100 poesie, a cura di Cristina Consiglio, Paola Del Zoppo e Riccardo Frolloni, Del Vecchio Editore, 2021, pp.370, € 19,00

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di Francesco Sasso

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Confesso che il recensore di questo libro ha scoperto da poco l’esistenza di Ron Padgett (1942), poeta americano che vive a New York, insignito di numerosi riconoscimenti. La sua opera è stata tradotta in diciotto lingue. Sette poesie di Padgett compaiono nel film “Paterson” di Jim Jarmusch. Ed è giusto, è utile che Ron Padgett appaia da noi come una scoperta, una boccata d’aria fresca grazie a Non praticare il cannibalismo. 100 poesie, libro pubblicato da Del Vecchio Editore.

Le squisite traduzioni di Cristina Consiglio, Paola Del Zoppo e Riccardo Frolloni insieme ad apparati di lettura, ad un saggio e un’intervista al poeta, ci offrono l’accesso ad un poeta incantevole e ironico, che affronta il lettore con una serie di modi (lirica e prosa), mescolando i temi dell’amore, della frustrazione, dell’amicizia, del gioco, saldati tutti nel tema dominante della morte, immagine significante della vita.

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Haroldo Conti, “Mascaró”

Haroldo Conti, Mascaró, trad. Marino Magliani, Exòrma Edizioni, 2020,  pp.360, € 16,50

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di Francesco Sasso

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Haroldo Conti (1925-1976) è scrittore argentino, amico di Gabriel García Márquez, vincitore di vari premi. Nel 1976 fu sequestrato dal regime militare di Videla e scomparve insieme a tanti desaparecidos. Nel 1975 vinse il Premio Casa de las Américas con il romanzo Mascaró.

Tradotto in modo ottimo da Marino Magliani, il romanzo edito in Italia si avvale dell’intensa e struggente prefazione di Gabriel García Márquez.

Ecco la risposta dello scrittore argentino all’invito di Marquez ad andarsene dall’Argentina prima che la situazione precipitasse: “Uno deve scegliere – e aveva aggiunto – Resterò finché sarà possibile […] perché oltre a scrivere, e neanche tanto bene, non so fare altro”. E a conferma di ciò, davanti alla sua scrivania aveva appeso un cartello con queste parole: “Questo è il mio posto di combattimento e da qui non me ne vado” (dalla prefazione).

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Mauro Germani, “La parola e l’abbandono” e “Voce interrotta”

Mauro Germani, La parola e l’abbandono, L’arcolaio 2019, pp.85, 11,00 €

Mauro Germani, Voce interrotta, Italic Pequod, 2016, pp.80, € 13,00

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di Francesco Sasso

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Mauro Germani è fondatore e direttore responsabile della rivista di scrittura, pensiero e poesia “Margo” dal 1988 al 1992, ha pubblicato saggi e poesie. Nel 2019 pubblica La parola e l’abbandono (L’arcolaio).

Il libro si presenta come una raccolta di avvertimenti, ricordi, brevi riflessioni, aforismi di ampio respiro. Gli argomenti trattati sono la morte, la solitudine, la letteratura, l’arte, l’amore, il male, dio, la chiesa, la scrittura ecc. I pensieri registrati in La parola e l’abbandono partono spesso da un’occasione particolare, un ricordo, per poi inserirsi in una riflessione sistematica tra il dicibile e l’indicibile.

«Le parole generano parole, ma appena pronunciate o scritte si allontanano, vanno altrove, si disperdono nell’abbandono» (pag.71)

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Remainders: Almo Fanciullini, “Diario di un ragazzino aretino”

Almo Fanciullini, Diario di un ragazzino aretino, Polistampa 1996, 232 p., € 10,33

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di Francesco Sasso

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Almo Fanciulli, un ragazzo di Arezzo, tra il 1943 e il 1944 annotò informazioni e riflessioni sulla guerra che stava sconvolgendo la sua vita. Raccolse notizie da quotidiani e notiziari radiofonici, da parenti e conoscenti; registrò le sue osservazioni, elaborò e dispose i materiali secondo un ordine narrativo, arricchendoli con riflessioni personali e con l’esposizione delle vicende private che si intrecciavano agli eventi bellici, il tutto corredato da disegni, carte e fotografie.

f.s.

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GLOSSA n.4: La biblioteca di Petrarca

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a cura di Francesco Sasso

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Petrarca acquistò nei suoi viaggi e trascrisse lui stesso o fece trascrivere da copisti molti libri classici latini e volgari. Nei suoi numerosi spostamenti andò alla ricerca di libri perduti e vi scovò spesso di assai rari (per esempio Cicerone). La sua biblioteca negli ultimi anni aveva raggiunto una consistenza notevole per il suo secolo: certamente superava il numero di duecento volumi (manoscritti). Poca cosa per noi contemporanei, tanto per l’epoca. Tra i titoli posseduti dal poeta dominavano i classici latini e i Padri della Chiesa. Il Nostro aveva promesso di regalare la sua ricca biblioteca alla Repubblica di Venezia in cambio di una casa sulla riva degli Schiavoni, ma alcuni anni dopo, trasferendosi a Padova, fece sì che la maggior parte dei codici da lui posseduti passassero alla biblioteca del signore di Padova; trasmigrarono poi a Pavia nel castello dei Visconti, da dove più tardi passarono in parte a Milano presso gli Sforza e in parte in Francia, nel castello di Blois. Oggi le biblioteche che posseggono codici del Petrarca sono: varie biblioteche milanesi, in primo luogo Ambrosiana e la Trivulziana, varie biblioteche francesi, la Biblioteca Apostolica Vaticana, la Biblioteca Marciana di Venezia, quella del Seminario di Padova, quella Palatina di Parma, varie biblioteche americane ecc.

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Remainders: Leonard Clark, “I fiumi scendevano a Oriente”

Leonard Clark, I fiumi scendevano a Oriente, Garzanti, 1959, 492 p.

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di Francesco Sasso

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La vicenda si svolge nell’Amazzonia. L’autore descrive i luoghi e narra le vicende di cui è stato protagonista durante il suo viaggio – compiuto nel 1946 – in una zona inesplorata della foresta peruviana, alla ricerca del mitico Eldorado, la terra ricca di favolosi tesori.

Il racconto è un susseguirsi di emozionanti imprese poiché nella giungla il pericolo è sempre in agguato: occorre lottare contro le acque impetuose dei fiumi, l’intrico della vegetazione, i giganteschi vermi e insetti, i rettili velenosi, i pesci voraci e contro i Campa, una feroce tribù di Indios che vivono in territorio peruviano.

Ecco l’incipit: “Ogni esploratore ha due facce: quella segreta, e quella che mostra al pubblico. Le mie nascondevano entrambe il fatto che nel taschino della camicia, fermati con una spilla di sicurezza, avevo solo mille dollari, tutto quel che possedevo al mondo, in biglietti da cento. Non era molto, ma io ero a caccia di un tesoro, e ogni cacciatore di tesori è un ottimista. Se non lo fosse, farebbe un altro mestiere. D’accordo, in quei giorni non avevo idea dove fosse nascosto l’oro, ma avevo un indizio…”

f.s.

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Storie ed eventi storici: Giustiniano e Teodora

a cura di Francesco Sasso

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Entrambi i mosaici sono conservati all’interno della basilica di San Vitale a Ravenna. Cosa ci raccontano? Nel primo è ritratto, al centro della scena, l’imperatore Giustiniano affiancato da laici e da religiosi. Lo spazio alle loro spalle è astratto e ideale: suggerisce un potere che è eterno.

Giustiniano reca offerte sacre ed è egli stesso sacro. Infatti indossa la corona (simbolo del potere politico) e il suo capo è circondato dall’aureola (simbolo di santità). Tuttavia, Giustiniano non fu un santo come il mosaico vorrebbe far credere. Nella Storia segreta, una sorta di diario privato, lo storico Procopio di Cesarea – autore dell’opera ufficiale La guerra gotica – racconta di un imperatore irascibile, crudele e corrotto. Procopio di Cesarea parla di ciò che ha visto, ne frequenta la corte, nella sua opera ufficiale ha esaltato le virtù imperiali; ma chiuso nelle sue stanze, egli si abbandona e scrive un ritratto terribile dell’imperatore. Giustiniano è inaffidabile, propenso al male e ai delitti.

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Carlo Manzoni, “Ti spacco il muso, bimba”

Carlo Manzoni, “Ti spacco il muso, bimba”

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di Francesco Sasso

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Vi segnalo una vecchia scoperta, uno scrittore che non si pubblica più: Carlo Manzoni (1909-1975). Scrittore italiano, autore di opere teatrali, racconti e romanzi come Brava gente (1940), Giochi di società (1953), 50 scontri col signor Veneranda (1966) e Ti spacco il muso, bimba (1961).

Ho appena letto Ti spacco il muso, bimba nell’edizione del 1961 e mi sono divertito. In questo romanzo Manzoni ha saputo raccontare una storia gialla, con un umorismo di volta in volta ironico, surreale e parodistico. In libreria trovate il volume pubblicato da Sensoinverso Edizioni. Purtroppo non troverete altri titoli di Manzoni.

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Storie ed eventi storici n.6: Il viaggio e la narrazione del viaggio

a cura di Francesco Sasso

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Ha scritto Italo Calvino che “Il luogo è lo scenario del pensiero” (Mondo scritto e mondo non scritto, 2002). Tale affermazione significa che tutto ciò che pensiamo lo pensiamo localizzato da qualche parte, collocato in una dimensione spaziale più o meno riconoscibile, insomma situato geograficamente. Per questo la dimensione geografica, ancor prima di farsi fattore costitutivo di una specifica disciplina scientifica, è sottesa a qualunque atto cognitivo, a qualunque tentativo di comprendere e descrivere il mondo. Il viaggio e la narrazione del viaggio sono due modelli cognitivi universali in quanto il primo e più antico modo di esplorare lo spazio, cioè di tutto ciò che accade e ci sta intorno, è quella di muoversi, di andare a vedere di persona, o di farsi narrare da chi è andato a vedere quanto a visto.

Sempre Italo Calvino, che di geografia e cartografia era fervidamente appassionato, ha parlato del “viaggio come struttura narrativa” (ibidem), nel senso che l’atto di scrivere un romanzo come quello di compiere un tragitto di ricerca scientifica si basano sul “seguire un percorso dall’inizio alla fine (ibidem). Insomma, il sapere umano è per sua natura geografico anche quando non lo sa.

f.s.

Hai Zi, “Un uomo felice. Poesie scelte 1983 -1989”

Hai Zi, Un uomo felice. Poesie scelte 1983 -1989, a cura di Francesco De Luca, Del Vecchio Editore 2019, € 16,50

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di Francesco Sasso

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Prima di iniziare la mia breve analisi delle poesie di Hai Zi, devo fare i complimenti all’editore. L’impaginazione, la copertina, il frontespizio, l’immagine del poeta all’interno del libro, la mappa finale: l’oggetto libro è di rara bellezza.

Chi è Hai Zi? Il 26 marzo 1989 il poeta Hai Zi si uccide facendosi travolgere da un treno. Ragazzo prodigio, a soli quindici anni viene ammesso alla più prestigiosa università cinese, a diciannove anni inizia ad insegnare. Solitario, spirito semplice, conduce una vita da eremita. Ama scrivere di notte e perdersi nella natura di una Cina ancora rurale. Scrive tanto in pochi anni, soffre per amore e si dedica interamente alla poesia. Vien voglia di abbracciarlo e dirsi suo amico. Hai Zi cresce negli anni della Rivoluzione culturale e muore a pochi giorni dal massacro di Piazza Tian’an men.

In mare: «Tutti i giorni son giorni in mare/  povero pescatore/ grumi di carne come una fune maldestra/ lanciato sulle onde/ vuole afferrare terre lontane/ oggetti luminosi/ anche solo i finti sorrisi del sole/ ma afferra solo assi di legno marce:/ capanne, barche e bare/ dorsi di pesci migrano in branchi/ senza fine e senza inizio/ della giovinezza solo si può dire/ quanto sia fragile». (pag.27).

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Teresa Valentina Caiati, “Frange di interferenza”

Teresa Valentina Caiati, Frange di interferenza, Eretica Edizioni, 2019, pagg. 62, euro 13,00

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di Francesco Sasso

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Un anno fa è arrivato a casa, via posta, il libriccino di un poeta a me sconosciuto, pubblicato da un editore a me ignoto. Il libriccino in questione ha per titolo Frange di interferenza ed è scritto da Teresa Valentina Caiati.

A voler dire le cose come stanno, non è mica facile pubblicare una plaquettes realmente artistica e coerente. E Frange di interferenza non fa eccezione alla regola. Le poesie raccolte nel volume, a mio parere, oscillano tra liriche belle (perché semplici e dirette) e liriche meno riuscite (perché pretenziose e imitative). In generale, nelle poesie brevi, il poeta comunica emozioni come trama tessuta senza strappi. Qui la malinconia si connette a una bellezza perfetta e insieme fragile ed effimera.

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Giovanni Inzerillo, “Dalla vita assassinato alla poesia. Il Canzoniere di puro disamore di Dario Bellezza,”

Giovanni Inzerillo, Dalla vita assassinato alla poesia. Il Canzoniere di puro disamore di Dario Bellezza, Franco Cesati Editore, 2019, pp.80, €10,00

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di Francesco Sasso

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Ad oggi di Dario Bellezza (1944-1996) ho letto rime sparse su riviste e antologie, nonostante da cinque anni un Oscar Mondadori (Tutte le poesie) campeggi intonso nella mia libreria. Lacuna che andrò a colmare presto anche grazie al bel saggio Dalla vita assassinato alla poesia. Il Canzoniere di puro disamore di Dario Bellezza di Giovanni Inzerillo.

Come ci suggerisce l’autore del saggio nell’Introduzione: «Nel condurre questo attraversamento di un’opera poetica vasta e complessa si è scelto di adottare un approccio di tipo cronologico che ne agevoli la lettura e di avvalersi di un’indagine volutamente intertestuale. Oltre a dimostrare come il percorso dell’autore si muova all’interno del panorama poetico di quegli anni e come spesso si distacchi, per poi in un certo senso riavvicinarsi, dalla corrente allora in circolazione, si è tentato di far comprendere come la scrittura dialoghi con gli autori italiani e stranieri di ogni epoca, ereditando soprattutto la recente tradizione di Pasolini e Penna, talvolta affiancandosi ai grandi modelli del passato quali Leopardi e Baudelaire.» (pag.12)

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GLOSSA n.2: natura di Amore

GLOSSA 2

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a cura di Francesco Sasso

In un mondo scosso dalla violenza e dalla morte, la poesia afferma soltanto la propria solitudine. E nella solitudine si può parlar della natura di Amore, come fa Dante nella Vita Nuova. Prima di Dante, il tema della natura di Amore è dibattuto in una tenzone alla quale partecipano Pier della Vigna, Giacomo da Lentini e Iacopo Mostacci.

Pier della Vigna sostiene che Amore è, cioè è una sostanza, quantunque non sia percepibile ai sensi (Però ch’amore no si po’ vedere). Anzi tale natura di Amore viene dedotta dal fatto che esso si avverte nel cuore come potente forza di attrazione simile a quella della calamita.

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Stefano Lanuzza, “Scrittore contro. L’opera di Leonardo Sciascia”

Stefano Lanuzza, Scrittore contro. L’opera di Leonardo Sciascia, Jouvence, 2020, pp.147, € 14,00

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di Francesco Sasso

Non pochi critici hanno analizzato l’opera di Leonardo Sciascia con alterne vicende, ma un buon punto di partenza è senza dubbio Scrittore contro. L’opera di Leonardo Sciascia di Stefano Lanuzza, saggio pubblicato pochi mesi fa presso l’editore Jouvence. Uno studio completo, come quello di Stefano Lanuzza, richiede perspicue doti di analisi storico-culturale. L’autore del saggio analizza l’intera opera dello scrittore siciliano, sia narrativa che saggistica, e coglie, a mio parere bene, gli aspetti di più concreto spessore socio-politico dello scrittore siciliano. Lanuzza ci mostra come Sciascia oscilla fra un dolente scetticismo di remota ascendenza isolana e una sorta di fiducia illuministica nei poteri della ragione, ci segnala come l’opera sciasciana può nell’insieme leggersi come un monumento sulla sconfitta della ragione, ovvero un lungo racconto dell’impari – e perciò fatalmente perdente – lotta che la coscienza intellettuale impegna a difesa del suo mandato etico-civile contro il potere (legale ed illegale).

Il senso di questa estrema sfida è bene analizzato da Stefano Lanuzza in modo puntuale e attraverso una scrittura asciutta e lineare.

f.s.

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Storie ed eventi storici n.5: Bartolomé de Las Casas, “La leggenda nera”

Bartolomé de Las Casas, La leggenda nera. Storia proibita degli spagnoli nel Nuovo Mondo, Jouvence, 2018

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a cura di Francesco Sasso

Bartolomé de Las Casas (Siviglia, 11 novembre 1484 – Madrid, 17 luglio 1566)  è stato un vescovo cattolico spagnolo impegnato nella difesa dei nativi americani. Per comprendere quali conseguenze ebbe l’esplorazione e poi la colonizzazione spagnola in alcuni territori del Nuovo Mondo, basta leggere queste poche righe tratte da La leggenda nera.

«Il governo di Hispaniola [Haiti] assegnò, ad ogni spagnolo che lo richiedess, a chi 50 a chi 100 indiani, fra cui vecchi, donne incinte e puerpere. Egli permise, nonostante questo fosse contro la legge, che gli spagnoli trascinassero via gli uomini capi di famiglia nelle miniere d’oro anche 10, 20, 30, 40 e 80 leghe [1 lega = 6 km circa] lontano da casa e che lasciassero nelle case e nelle fattorie le donne a svolgere il lavoro dei campi. Così succedeva che gli uomini e le loro mogli praticamente non si incontravano mai e le nascite cessarono. Essi per l’aratura non avevano zappa o aratro trainato da buoi, ma come i loro antenati dovevano spezzare la terra con bastoni induriti dal fuoco. Così gli uomini morivano nelle miniere d’oro, le donne per la fatica nei campi e i neonati morivano perché non venivano allattati e questa grande isola fiorente ben presto si spopolò.

I governanti spagnoli colpivano gli indiani con lo scudiscio e con il bastone, li frustavano, li schiaffeggiavano, li prendevano a calci, e non li chiamavano mai in altro modo che cani. Così si verificò la progressiva estinzione di questi infelici e nulla di questo si seppe in Spagna»

da Bartolomé de Las Casas, La leggenda nera, a cura di A. Pincherle, Feltrinelli

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GLOSSA n.1

GLOSSA 1

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a cura di Francesco Sasso

– Evocare tempi migliori in un momento di sofferenza malinconica. Questa idea conta illustri precedenti, dal Boezio di De Consolatione Philosophiae e dall’Ovidio delle Epistulae ex Ponto al Dante di Inferno V.

– Nel Medioevo la letteratura era inserita in un orizzonte che permetteva di collegare i classici antichi con autori contemporanei senza filtri storici. Per loro non esisteva nemmeno il concetto di “classico”, che si fisserà soltanto a partire dal XVI.

– La nascita delle “universitas” tra il XII e il XIII secolo, porta un dato rivoluzionario rispetto alle concezioni medievali del lavoro intellettuale: l’insegnante universitario riceve una paga e si forma una nuova opinione circa il prestigio e l’utilità sociale dell’uomo di cultura. Si insinua la nozione che il lavoro culturale deve essere remunerato in denaro. San Bernardo polemizza aspramente contro questa moderna venalità della scienza, che per lui, essendo un dono di Dio, non può essere venduta e, quindi, non è collegata a finalità materiali ed economiche. Quanti San Bernardo oggi propongono lavori culturali gratis e dicono… “tanto a te non costa nulla”

– È significativo, o forse no, che la storia della letteratura italiana si inaugura con l’intervento casuale di un ignoto copista veronese che accenna al proprio lavoro a margine di un’orazione mozarabico (Indovinello veronese scoperto nel 1924 da Luigi Schiaparelli alla Biblioteca Capitolare di Verona).

Altresì, il primo vero documento ufficiale della lingua italiana è il Placito capuano, una testimonianza inserita in un documento giuridico del 960. Insomma, ad oggi, per ciò che ci è dato sapere, un religioso che scrive facezie e una testimonianza giuridica sono alla base della nostra storia letteraria.

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Stefano Lanuzza, “Caos e bosco”

Stefano Lanuzza, Caos e bosco, Oèdipus, 2020, pp.199 €16,00

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di Francesco Sasso

Durante la lettura di Caos e bosco di Stefano Lanuzza, pensavo “ bisogna sì rifare la società degli uomini, ma la società che s’andrà organizzando dovrà apparire come il colmo del disordine”. Il libro di Stefano Lanuzza è un ibrido, un collage di titoli giornalistici, appunti di un moralista, aforismi, saggi brevi. Al centro il caos e il bosco (metafora della vita).

L’autore sembra volerci segnalare che, quando un’epoca s’avvia alla consunzione, appaiono segni di stanchezza e di smarrimento; ma dopo, qualcosa si modifica, ciò che prima era parso inevitabile malanno, poi sembrerà un beneficio comune.

Stefano Lanuzza in questo libro afferma il primato del cuore sulla ragione, dell’intuizione sul pensiero puro, tenendosi ben lontano dalla corrosione d’ogni idealità. Le illuminazioni dell’autore, a volte, diventano risate malinconiche, a volte irriverenti. Dal saggio sul pittore e la pittura, si passa alla riflessione letteraria; dall’altezza superba del fatto noi scendiamo fino al frammentarismo moraleggiante dell’assioma, del detto, del proverbio, dell’aneddoto, dello scherzo. Vi è in tutto ciò l’amarezza di un’età, la nostra, che bisogna tener presente durante la lettura di Caos e bosco per non perdere il senso delle proporzioni.

L’autore raggiunge un così elegante equilibrio tra pessimismo ed ironia, desolazione e speranza, stile e secchezza d’immagine, da apparire antico. I pensieri e le riflessioni di Stefano Lanuzza si leggono più che volentieri e, tra le sue righe, scoviamo le radici dei molti malesseri contemporanei.

Detto questo, non c’è molto da aggiungere, se è vero che al lettore intelligente ogni scrittore sa ben presentarsi da solo.

f.s.

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Storie ed eventi storici n.4 (a cura di Francesco Sasso)

Il quadro del pittore fiammingo Jan Vermeer, conosciuto con il titolo di Il geografo, ci permette di focalizzare con estrema efficacia il campo di indagine della geografia. Intanto, può dirci che la geografia è una disciplina contemporaneamente frutto dell’osservazione appassionata oltre che attenta del mondo che ci circonda e della traduzione di quell’osservazione in mappe, carte, raffigurazioni, tramite codici e strumenti di misura e di rappresentazione.

Nel quadro di Vermeer il geografo sta lavorando nel suo studio, ma è colto dal pittore con la testa alzata e lo sguardo rivolto oltre la finestra, da cui proviene la luce che illumina la stanza: la luce che il mondo reale getta sul lavoro scientifico della geografia, rendendolo vivo. Insomma, il geografo lavora molto nel proprio studio ma è anche proiettato fuori, come se viaggiasse nel Pianeta che si è dato il compito di descrivere.

f.s.

Storie ed eventi storici n.3 (a cura di Francesco Sasso)

È difficile stabilire con certezza quando l’uomo compare sulla terra, anche perché l’uomo, come lo vediamo noi oggi, è il risultato di una lunghissima e graduale trasformazione della specie umana (evoluzione) partita alcuni milioni di anni fa dall’Australopiteco africano, un ominide riconosciuto dagli scienziati come specie umana, che, fin dall’origine, lo differenziavano dalle scimmie antropomorfe. In un arco di tempo calcolato intorno ai tre milioni di anni, l’ominide modificò gradualmente alcuni dei suoi caratteri fisici originari: la posizione eretta e la locomozione bipede furono una conquista molto lenta ed ebbero come conseguenza una serie di modificazione della colonna vertebrale, degli arti inferiori e soprattutto di quelli superiori che si accorciarono; la mano, grazie al pollice opponibile, divenne uno strumento più duttile, adatta alle nuove esigenze del nostro progenitore. Osservate ora il pollice dei nostri ragazzi mentre scrivono sul proprio smartphone alla velocità della luce.

f.s.

Storie ed eventi storici n.2 (a cura di Francesco Sasso)

“Tutti eroi! O il Piave o tutti accoppati!”

Così ha scritto qualcuno (chi?) su questo muro durante la ritirata verso il Piave, esprimendo la speranza nella riscossa di un esercito e di un paese che vedevano seriamente messa in discussione la loro stessa sopravvivenza. Un richiamo al coraggio in un ambiente di rovine era ciò che rimaneva all’Italia nell’autunno del 1917 (e noi oggi?).

Un pezzo di muro resta in piedi e una scritta su di esso (di chi era quella casa?). Qui una storia chiama e un fotografo risponde (chi ha scattato la foto?).

f.s.

 

Storie ed eventi storici n.1 (a cura di Francesco Sasso)

L’uomo primitivo era in grado di dipingere o incidere animali e altre scene, per lo più di caccia, sulle pareti delle grotte, oppure su lastre di pietra o su ossi interi. L’uomo non dipingeva per abbellire le caverne: i suoi dipinti si trovavano infatti spesso sul fondo delle grotte, dove difficilmente potevano essere visti e ammirati. Gli studiosi pensano che l’uomo dipingendo o incidendo l’immagine poteva dominare sull’oggetto raffigurato: infatti erano frequentemente rappresentati gli animali (bovini, cavalli, cervi, camosci ecc.) prede dell’uomo e suoi mortali nemici. Inoltre gli animali rappresentati hanno segni che possono sembrare ferite; ritraendo l’animale ferito, l’uomo primitivo si augurava, dunque, di rendere meno pericolosa e più abbondante la caccia. Da qui l’origine dell’arte e della poesia.

f.s.

Remainders n.19: Johann Wolfgang Goethe, “Le affinità elettive”

Johann Wolfgang Goethe, Le affinità elettive

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di Francesco Sasso

Ne Le affinità elettive (1809) il poeta studia il problema della coppia umana ed applica ad un caso morale il principio chimico delle affinità. Il matrimonio felice tra Eduard e Charlotte si incrina con l’arrivo al castello di due giovani, Ottillie (protetta da Charlotte) e il Capitano (amico di Eduard). Giorno dopo giorno i rapporti tra i personaggi paiono evolversi secondo dinamiche simili a quelle che si verificano tra gli elementi chimici: Charlotte è attratta dal Capitano, Eduard da Ottillie.

Il romanzo, che tratta delle vicende di due coppie, ripropone le questione del conflitto tra responsabilità etica e soddisfazione della passione. Una delle due coppie trova la forza morale per la rinuncia, mentre l’altra si abbandona al sentimento e si rende quindi colpevole. L’opera si oppone al Werther, poiché se Ottillie si lascia morire di fame, non lo fa come vittima di una passione romantica, bensì per un’espiazione volontaria che la santifica.

f.s.

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La letteratura d’evasione (II): la nascita di nuovi generi

La letteratura d’evasione: nascita di nuovi generi.

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di Francesco Sasso

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Lo scrittore , non più mantenuto nelle corti, o da ricchi mecenati, come era accaduto ancora fino al Settecento, si mantiene attraverso la vendita dei suoi romanzi oppure esercitando il giornalismo, mentre l’attività letteraria tende a diventare una professione vera e propria.

In Inghilterra e in Francia gli editori abbassano fortemente il prezzo dei libri, stampando edizioni economiche. Inoltre si assiste alla nascita di piccole biblioteche individuali e familiari. All’interno di questi processi, le opere dotte rimangono interne a una circolazione molto ristretta, mentre i generi di successo come il romanzo hanno un mercato molto largo.

Alcuni dei romanzi più amati dai lettori di massa venivano da tradizioni antiche: le storie di cappa e spada, ambientate nel Medioevo, erano la continuazione del romanzo storico ottocentesco; in Italia, i romanzi di Salgari derivano dalla tradizione del romanzo esotico settecentesco. Molti altri generi, invece, hanno cominciato ad affermarsi proprio a partire dalla fine dell’Ottocento e godono ancora di grande fortuna.

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La letteratura d’evasione (I): le origini.

La letteratura d’evasione: le origini.

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di Francesco Sasso

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La letteratura d’evasione nasce a partire dalla metà dell’Ottocento, quando si diffuse, prima in Francia e poi nel resto d’Europa, un nuovo genere letterario: il romanzo d’appendice o feuilleton. Si tratta di romanzi pubblicati a puntate nelle pagine finali, in appendice appunto, o nei supplementi dei quotidiani. All’inizio non si trattò di un genere distinto dalla narrativa tradizionale: a dispense o in appendice furono pubblicate anche opere di autori come Balzac o Hugo. Tuttavia ben presto, per le caratteristiche che una narrazione di questo tipo andava assumendo, vi si dedicarono scrittori sempre più specializzati: Eugène Sue, autore dei Misteri di Parigi, e Alexandre Dumas, autore dei Tre moschettieri e del Conte di Montecristo, sono forse da considerarsi i più noti e amati dal pubblico dei lettori.

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Che fare, dunque? [In memoria]

di Francesco Sasso

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Ho atteso giorni prima di prendere la parola in rete. Non riesco qui a esprimere il mio sentimento per la perdita di Giuseppe. Abbiamo lavorato insieme costantemente, giorno dopo giorno, per dodici anni nelle redazioni delle riviste “Retroguardia” e “La poesia e lo spirito”. Mi mancheranno le email quotidiane, il dibattito privato sui libri che gli autori o gli editori ci inviavano… non voglio aggiungere altro perché desidero rispettare la natura riservata di entrambi, mia e di Giuseppe.

Mi vengono in mente le parole di Meister Eckhart: “ È per questo che siamo resi perfetti da quanto ci succede e non da quanto facciamo”.

Che fare, dunque? Continuare il lavoro critico su RETROGUARDIA è difficile, la perdita del prof. Panella impone, per prima cosa, una scelta di fondo: continuare il lavoro o chiudere la rivista? La mia preferenza va, sempre più decisamente, a questa seconda scelta, per una folla di motivi che sono, tutt’assieme, culturali e morali, tecnici e sentimentali. Altra possibilità è quella di trasformare RETROGUARDIA in un’altra cosa, come la vita ci impone di fare.

L’attività svolta in rete sulle pagine di RETROGUARDIA ha coinvolto tanti singoli processi (scrittori, editori, critici, lettori), anche se alcuni sembrano contrapposti, e questo ha contribuito a una buona maniera di fare critica letteraria (secondo me). Nell’andar via, Giuseppe ha lasciato a noi una pista da seguire. Ora dipende da noi, lettori e collaboratori di RETROGUARDIA, convalidare o negare quella pista.

Cari amici, caro Giuseppe: grazie.

Francesco Sasso

Remainders n.18: Silvio Pellico, “Le mie prigioni”

Silvio Pellico, Le mie prigioni, Ed. Mursia, 1981, pp. 226.

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di Francesco Sasso

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Silvio Pellico (1789-1854), autore della Francesca da Rimini e di parecchie altre tragedie, aderente alla Carboneria, fu arrestato e condannato a morte, ma poi inviato allo Spielberg, dove maturò quel suo splendido libro, Le mie prigioni, che pubblicò due anni dopo la liberazione dal carcere. In carcere per dieci anni, l’autore ritrova la fede cattolica.

L’esperienza di dieci anni di carcere politico è decisiva per il nuovo orientamento spirituale del Pellico (si converte la fede cattolica), ma anche per il suo destino di artista, giacché dal racconto di essa derivò il capolavoro della letteratura memorialistica del nostro primo Ottocento: Le mie prigioni.

Le mie prigioni, pubblicato a Torino nel 1832 e poi accresciuto di dodici nuovi capitoli nell’edizione francese del 1843, non nacquero dal proposito polemico di segnalare all’esecrazione del mondo civile la tirannia austriaca e la barbarie dei suoi sistemi carcerari, e neppure mossero dall’intento di fare del recluso dei “Piombi” e dello Spielberg un’esemplare figura di martire ed eroe, ma ebbero per fine quello di edificare religiosamente il lettore attirandolo sulla vicenda di un’anima che dall’esperienza del dolore s’innalza alla conquista della fede e s’apre umanamente alla comprensione e al perdono. Da qui il respiro pacato del racconto, e quella luce mite e serena che avvolge anche i suoi tratti più mesti e li colora di una trepida speranza cristiana. È da questi processi che deriva il rilievo umano e poetico delle figure di Schiller, della Zanze, di Maddalena, del piccolo sordomuto, di Maroncelli, e dell’Orboni. Continua a leggere “Remainders n.18: Silvio Pellico, “Le mie prigioni””

Serena Vitale, “Il defunto odiava i pettegolezzi”

Serena Vitale, Il defunto odiava i pettegolezzi, 2015, Adelphi, pp. 284, €19

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di Francesco Sasso
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È lavoro raffinatissimo, dato da un ingegno e una esperienza letteraria come quelli di Serena Vitali. Il libro è allo stesso tempo un romanzo giallo, un saggio letterario, un’inchiesta giornalistica su Vladimir Vladimirovič Majakovskij, un saggio sociologico e storico. L’autrice ha scavato di buona voglia tra libri del poeta, le testimonianze dei contemporanei, i giornali dell’epoca, i documenti riemersi dagli archivi dopo il 1991, i verbali degli interrogatori, i «pettegolezzi» raccolti da informatori della polizia politica, i saggi letterari, le autobiografie dei protagonisti. Ha scovato incongruenze, bugie, mezze verità. Ha ipotizzato, immaginato, confutato.

Tutto ha inizio il 14 aprile 1930. Vladimir si suicida con uno sparo al cuore nella sua camera a Mosca. Con lui nella stanza c’è la sua amante Nora. Accorrono vicini, spie, amici e curiosi. La stanza si riempie. Da qui iniziano le bugie, gli omissis, nasce la leggenda e il mistero. Per alcuni la ragione della fine è da ricercare nella vita privata del poeta, altri ipotizzano la sifilide; alcuni riferiscono che Majakovskij era oppresso dalle tasse. Dal racconto emergono protagonisti affascinanti e terribili: i coniugi Brik (Lili e Osip), Veronika Polonskaja (Nora), Tat’jana Jakoleva e, naturalmente, Majakovskij. Su di essi aleggia la fosca vita ai tempi dell’Unione Sovietica.

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Stefano Lanuzza, “Il bosco, il mondo, il caos”

Stefano Lanuzza, Il bosco, il mondo, il caos, Stampa Alternativa, 2015, pp.91, € 10

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di Francesco Sasso
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Il bosco, il mondo, il caos di Stefano Lanuzza è strutturato come un zibaldone ed accoglie una vasta materia di pensieri, impressioni, notizie dal mondo, riflessioni letterarie. Il sottotitolo dell’opera è “come un romanzo”, ossia la narrazione dell’io si scioglie nella storia del mondo alla deriva del caos. Stefano Lanuzza formula in testi brevi e densi l’osservazione disincantata dei comportamenti umani. Forma cara ai “moralisti classici”, scrittura per frammenti “che si staccano come foglie vive dal grande album dell’esperienza” come ha scritto Giovanni Macchia.
Un inventario, quello di Lanuzza, alleggerito dall’ironia, mentre nella sezione “il bosco” troviamo impennate poetiche e suggestioni esistenziali.

f.s.

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Luigi Milani, “Un altro futuro”

Luigi Milani, Un altro futuroLuigi Milani, Un altro futuro, Edizioni Scudo, 2016, pp.121

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di Francesco Sasso

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Un altro futuro di Luigi Milani, edito da Edizioni Scudo, è una raccolta di racconti fantastici e di fantascienza. In questo libro troviamo tutto: guerre che distruggono la Terra, società governate da robot, viaggi spaziali, esplorazione dello spazio e la sua colonizzazione, invasioni di alieni, viaggi nel tempo, dimensioni parallele, realtà virtuali, intelligenze artificiali. Insomma, Milani recupera tutto l’armamentario della fantascienza. Pagine oneste in cui il cultore del genere trova casa.

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Remainders n.17: Miguel de Cervantes Saavedra , “Don Chisciotte della Mancia”

Don Chisciotte della ManciaMiguel de Cervantes Saavedra , Don Chisciotte della Mancia

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di Francesco Sasso

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Miguel de Cervantes Saavedra è l’autore del Don Quijote, unito alla sua creatura in un binomio indissolubile, quasi una persona sola, è la grande figura, l’emblema della letteratura spagnola, l’immagine stessa della Spagna.

Per quanto nulla di certo si sappia sulla data di composizione del Don Chisciotte si può ritenere che la trama ne sia stata abbozzata, forse come novella, durante uno dei periodi trascorsi dall’autore nelle carceri di Andalusia. Quando Cervantes giunse a Valladolid nel 1603, la prima parte del Don Chisciotte era terminata; il libro fu pubblicato nel 1605 ed ebbe successo immediato. Nel 1614 ne erano già state stampate otto edizioni; questa larga diffusione spinse uno scrittore rimasto anonimo a pubblicare con lo pseudonimo di Alonso Fernàndez de Avellaneda una grossolana continuazione delle avventure di Don Chisciotte. A questo falso va riconosciuto di aver spronato il Cervantes a completare ed a pubblicare l’autentica continuazione delle avventure dell’ingenioso hidalgo, che, pubblicate nel 1615 a Madrid, immediatamente spegnevano la facile ilarità suscitata dal misterioso Avellaneda.

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