ESERCIZI DI LETTURA: Il canto del mondo e il pensiero della vita

In che senso si può parlare di una semantica della musica? Un confronto tra Susanne K. Langer e Arthur Schopenhauer.

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di Gustavo Micheletti

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Una delle domande più frequenti e spontanee che ci si può porre intorno alla musica è se essa esprima qualcosa, se sia espressione di pensieri e sentimenti e se possa essere paragonata sotto questo riguardo all’immagine poetica, alla raffigurazione pittorica o all’azione drammatica. Come ricorda Massimo Negrotti, “accanto a Chopin, che asseriva di non poter concepire una musica che non esprimesse nulla, c’è la nota posizione di Stravinsky, secondo la quale l’espressione non è mai stata una proprietà importante della musica; accanto alla posizione di Richard Strauss che si rifiutava di credere ad una musica astratta, c’è la tesi di Hanslick che sosteneva drasticamente come la musica non significhi altro che se stessa”.1

Negrotti ricorda anche come lo stesso Stravinskij paragonasse “la sensazione generata dalla musica” a “quella evocata dalla contemplazione del gioco incrociato delle forme architettoniche”, citando a sua volta Goethe, che definì l’architettura come “musica pietrificata”, ed evidenziando così implicitamente l’aspetto formale e strutturale di ogni composizione musicale come fondamento del suo valore estetico.2 Negrotti evidenzia poi la centralità della questione attraverso le parole di Aaron Copland, che la pone in questi termini: “se mi si chiede ‘c’è significato nella musica’? la mia risposta sarà . Se poi mi si chiede ‘puoi descrivere con quante parole vuoi di che significato si tratta?’, allora la mia risposta sarà no”.3

Se l’evocazione, implicita nelle parole di Copland, delle considerazioni di S. Agostino sul tempo potrebbe forse suggerire che la questione è tanto cruciale quanto irresolubile, le parole di Goethe sembrano invece sollecitare ulteriori chiarimenti e possibilità. In effetti, se la forma musicale può evocare, come ritengono Goethe e Stravinskij, una forma architettonica, perché non dovrebbe poterne evocare molte altre? Questa stessa possibilità non allude forse al fatto che la musica possa essere espressione di qualcosa, e cioè di molte altre strutture dotate di una forma, come ad esempio, non ultima, quella del pensiero? Che possa quindi, in questo senso, costituire un’espressione dinamica di qualcosa che accade nell’anima umana, magari per il semplice fatto di farlo accadere?

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Aforismi sulla saggezza del vivere di Arthur Schopenhauer

Recensione/schizzo #29

In Aforismi sulla saggezza del vivere, Arthur Schopenhauer dà vita alla Teoria del pessimismo: questo è il peggiore dei mondi, motivo fondamentale dell’umanità è il dolore perché ogni desiderio suscitato dal volere eterno causa sofferenze, e l’appagamento dei desideri ne suscita altri e ingenera perciò novello dolore.

Ideale etico dell’individuo deve essere la rinuncia che sfocia nella ricerca dell’equilibrio interiore, nella programmatica lontananza del saggio da tutto ciò che, come l’ambizione o il desiderio del lusso, può offuscare la sua serenità. Condanna tuttavia, quei uomini che portano alle estreme conseguenze il principio di serenità. Esso, infatti, viene temperato nella morale antica della mediocritas, la ricerca del giusto mezzo.

Sono spunti tratti dalla filosofia greca, in particolar modo ellenistica, e dal buddismo.

Nel rapporto con gli uomini, il filosofo consiglia da una parte di evitarli, esaltando così la solitudine, dall’altra di imporsi una condotta discreta e riservata, avendo cura di non urtare la suscettibilità della gente.

Libro intenso e di facile lettura.

f.s.

[Arthur Schopenhauer, Aforismi sulla saggezza del vivere, Mondadori, 1997, a cura di Maria Teresa Giannelli, pag. 252, Lire 13.000]