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quaderno elettronico di critica letteraria a cura di Francesco Sasso e Giuseppe Panella (2008-2019)
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Per una rilettura di Frontiera di Vittorio Sereni.
Appunti tematici: gli oggetti, il tempo, il mito e la natura
di Manuele Marinoni (Università degli studi di Firenze)
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Testo e contesto
Nel 2013, presso la prestigiosa «Biblioteca di scrittori italiani» della Fondazione Pietro Bembo, è comparso a stampa il commento, per le cure di Georgia Fioroni, di Frontiera e del Diario d’Algeria di Vittorio Sereni1. Commenti parziali alle raccolte si leggevano, precedentemente, nelle antologie sereniane curate l’una da Dante Isella, con la collaborazione di Clelia Martignoni, e l’altra da Luca Lenzini, con introduzione di Gilberto Lonardi2. Si tratta di commenti prevalentemente tematici e di carattere intertestuale. Dal punto di vista filologico, come ben noto, è indispensabile l’edizione critica a cura dello stesso Isella, risalente al 19953. Ricordo anche il prezioso volumetto in due tomi, sempre per le cure iselliane, contenente la ristampa anastatica della princeps della prima raccolta (Milano, Corrente, 1941) e il Giornale di «Frontiera», per l’editore milanese Rosellina Archinto, del 1991. È all’impegno filologico e critico di Isella che si deve anzitutto la precisa collocazione del primo laboratorio sereniano all’interno della cultura gravitante attorno alla rivista «Corrente»4. A tutti questi titoli s’aggiunga infine il poderoso volume Poesie e prose curato da Giulia Raboni per la Mondadori nel 2013. Tuttora in corso è il recupero di fondamentali carteggi che il poeta ha intrattenuto con amici e colleghi (ai ben noti scambi con Vigorelli, Parronchi, Saba, Ungaretti, Anceschi si sono aggiunti di recenti quelli con Benzoni, Luzi, Caproni, Bodini, Betocchi, e molti altri).
Glosse per Sereni, tra rêverie e racconto
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di Domenico Carosso
Nelle primissime pagine della sua prefazione alle Poesie di Sereni, Dante Isella precisa di essersi trovato, accingendosi al proprio lavoro, di fronte a «manoscritti labilissimi, con un carico di potenziali sviluppi che andavano in tutte le direzioni, con una visione fluida del mondo, che nella sua incessante deformazione, in senso etimologico, ha più lo statuto del sogno che della realtà»1.
Tale statuto è poi rinforzato, se così posso dire, dalla frequente, ossessiva presenza, nei versi per esempio degli Strumenti umani, ma non solo qui, dei luoghi retorici, nel senso alto, dell’iterazione o ripetizione e della specularità. Quasi che la poesia costituisse lo specchio mobile, in perenne dislocazione, di una realtà a sua volta imprendibile, multipla, in ogni caso (in ogni verso) non dicibile univocamente.
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Recensione/schizzo
di Francesco Sasso
Ho letto avidamente e con immenso piacere Sentieri di gloria edito dagli Oscar Mondadori 1996, collana Piccola biblioteca, libro scovato in rete a metà prezzo. Il volume raccoglie in modo non organico, ma rappresentativo, una piccola parte della scrittura saggistica di Vittorio Sereni sui “classici” della letteratura italiana e straniera. I testi vanno dal 1940 al 1982 e uscirono su quotidiani e riviste letterarie dell’epoca.
In questi articoli raccolti in antologia, si possono leggere preziose osservazioni di lettura sui suoi contemporanei (Ungaretti, Saba, Montale) e su alcuni classici dell’Otto-Novecento (Campana, Leopardi, Pascoli, Trilussa), nonché sui padri della nostra letteratura (Dante, Petrarca, Ariosto). A questi interventi dobbiamo aggiungere uno su Virgilio e uno importante su Michelangelo poeta.
Gli autori stranieri trattati da Sereni sono: Edgar Lee Masters e l’Antologia di Spoon River, Rimbaud, Prévert, Apollinaire e Corneille.
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