Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei. (G.P)
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di Giuseppe Panella
Un’idea dell’India, il suo odore, il suo fascino. Carlo Alberto Sitta, India minima. Cronaca di un viaggio annunciato, Varese, Nuova Editrice Magenta, 2009
Pasolini intitolò il suo viaggio in questo paese allora ancora misterioso e carico di fascino L’odore dell’India (e ne pubblicò il resoconto, già apparso in una serie di articoli per il quotidiano Il Giorno, in un volume per Longanesi nel 1961). Moravia, che vi era stato in compagnia appunto di Pasolini e dell’allora sua moglie Elsa Morante (ma si separerà da lei proprio in quello stesso anno), diede al suo libro di memorie di viaggio il titolo più intellettuale di Un’idea dell’India (apparso presso Bompiani nel 1962). Quello di andare a visitare questo grande paese orientale e di scriverci su un volume di ricordi e di impressioni è, dunque, una tentazione che striscia nei cuori e nelle menti di tanti intellettuali per esplodere poi in scrittura. Allo stesso modo, Antonio Tabucchi intitolò nel 1984 uno dei suoi romanzi migliori proprio Notturno indiano a suggello di un suo viaggio nelle ex-colonie portoghesi del sub-continente indiano (anche se nel libro la dimensione della fiction supera di gran lunga – come è giusto – quella del reportage diretto come nel caso di Pasolini e Moravia).
Neppure Carlo Alberto Sitta, con alle spalle un passato di poeta e di operatore culturale (è sua la prestigiosa rivista di poesia STEVE da lui diretta fin dal 1979), è sfuggito a questo destino (del resto voluto e perfino – come recita il titolo del suo diario di viaggio in India – “annunciato”).