Giuseppe Culicchia, “Il tempo di vivere con te” & Gemma Calabresi Milite, “La crepa e la luce”

Giuseppe Culicchia, Il tempo di vivere con te, Mondadori, 2021, pp.168, € 17,00

Gemma Calabresi Milite, La crepa e la luce, Mondadori, 2022, pp.144, € 17,50


di Luigi Preziosi

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La letteratura che trae origine dagli anni di piombo ha finora prodotto esiti di diversa rilevanza in un variegato universo di testi, appartenenti alle categorie della narrativa, della saggistica (svariante in un ampio ventaglio di campi dal giuridico al politico al sociologico) e della memorialistica. In quest’ultimo ambito, hanno particolare rilevanza due tra i libri di più recente uscita, Il tempo di vivere con te, di Giuseppe Culicchia, e La crepa e la luce, di Gemma Calabresi Milite, entrambi usciti presso Mondadori, l’uno nel 2021, l’altro pochi mesi fa.

L’accostamento non sembri arbitrario.

In entrambi la memoria è indiretta, ed originata e sostenuta dalle ragioni dell’amore. In entrambi la narrazione è incentrata, più che sulla rievocazione dei fatti tragici che pur ne costituiscono il fondamento, sulla rappresentazione di questo amore, di come si possa addensare e solidificare e restare attuale nel tempo tanto da poter essere finalmente raccontato quarant’anni più tardi. Soprattutto, entrambi esigono dal lettore una disposizione ad una pietas senza limiti: dall’abisso di emozioni che i due libri suscitano risaliremo più umani.

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La non minore storia ne “L’altra Firenze”

Gran parte della nostra vita è fondata su un brutto vizio:

la presunzione […] di essere una specie superiore.

E la nostra presunzione ci ha talmente gonfiato il

petto e la testa da convincerci che noi

non siamo qui per caso, ma per un volere superiore.

Margherita Hack

A cura di Moreno Biagioni, L’altra Firenze, Edizioni del Grandevetro- Santa Croce sull’Arno, 2021, pp. 332, € 20,00

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di Antonino Contiliano

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Dedicato ai giovani, nasce il libro antologico “L’altra Firenze- Antologia a cura di Moreno Biagioni”. È il libro della Firenze della Resistenza, della solidarietà. Il lavoro, mediante una serie mirata di tracciati, testimonianze e scritti ad hoc, abbraccia un’essenziale e illuminante cronistoria circa le iniziative del dinamismo creativo-democratico e culturale-sociale della comunità fiorentina. Il movimento prende l’avvio dalla fine dell’Ottocento e, proseguendo per il Novecento, va fino ai significativi eventi del XXI secolo (Cap. XV) come quello del “Social Forum” del 2002 e, a partire dal 2012, a quelli dell’impegno per la pace con il Comitato “Fermiamo la guerra”. Composto da quindici (15) capitoli.

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La lotta di classe in lockdown. L’iocrazia dei padroni: Comunismo linea di fuga fluente (parte IV)

Comunismo linea di fuga fluente

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di Antonino Contiliano

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Se oggi l’attività lavorativa si deve confrontare anche con il tribunale delle macchine intelligenti (learning machine, i cervelli elettronici che hanno incorporato la potenza creativa e produttiva della forza-lavoro umana automatizzandola), non per questo si deve rimanere inerti e immobilizzati negli ordini del padrone dei capitali finanziari. Si devono sperimentare delle linee di fuga come azioni conflittuali e di rottura accendendo focolai di micro-poteri antagonisti in ogni punto delle fortezze. Lo stesso potere dominante non è più padrone assoluto della complessità delle variabili globalizzanti. La governabilità, dipendente dalla stessa innovazione tecnologia diffusa, è condizionata dal disequilibrio fra gli interessi e le strategie variegati delle grandi forze internazionali dell’economia finanziarizzata e in competizione tra loro stesse; un movimento che rimane sempre in preda anche all’imprevedibilità degli effetti ambientali e delle diverse passioni collettive messi moto. Si deve divenire-conflitto. Maturare una soggettivazione della “molteplicità” di contro-tendenza flessibile per rimuovere il feticistico “stato di cose presenti” rilanciando in modo diverso i processi della rivoluzione comunista (piuttosto che pensare, dire e fare come se il capitalismo e le sue forme risultassero inamovibili). Perché una nuova rivoluzione comunista democratica è possibile, se la democrazia comunista è costruenda a partire dalla sua semantica di termine fluente e “vuoto” (non la parola d’ordine di un partito centralizzato) via via da concretizzare nella contingenza degli eventi storici e materiali e con passione poetica non secondaria. Le passioni sono un corto circuito di passività e reattività senza scarti ed eccessi. La rivoluzione comunista è un ‘evento’, una virtualità attualizzabile quale estrazione dalla contingenza ineliminabile delle cose, e per questo soggetta (in senso positivo e negativo) a una congiunzione disgiunta di fattori eterogeni ed esposti ai colpi della “fortuna” o del caso (come ricordava N. Machiavelli).

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La lotta di classe in lockdown. L’iocrazia dei padroni: No al lockdown pastorale (parte III)

No al lockdown pastorale

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di Antonino Contiliano

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Ma si potrebbe dire che il fenomeno dell’iocrazia capitalista e dei padroni, senza considerare l’isteria consumistica e le presunte cure dell’amministrazione paternalistica, non è meno intrattenimento infantilizzante e prodigo di azioni pastorali. Di questo XXI secolo, almeno per i primi suoi tre decenni, non si può dire di certo che l’umanità abbia perso i suoi pastori, se il mondo, raccontato dai media elettronificati, è quello del perpetuo intrattenimento ludico e della chiacchera fine a sé stessa. Il mondo delle immagini digitali che, integrate con il piccolo schermo della tv, a milioni di individui sodomizzati, fornisco fantasmi senza immagini riflesse. Simulacri che scivolano su altre immagini-simulacro. Immagini senza corpi reali, quelli della virtualizzazione capitalistica che dematerializza la concretezza storica delle cose con la figurazione astratta e una fantasmagoria erotizzante fabbricata ad hoc, ma fuorviante. Il gioco di azioni e passioni di simulacri manovrato con joystick di classe e poteri transnazionali deresponsabilizzanti e devianti.

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La lotta di classe in lockdown. L’iocrazia dei padroni: Il godimento del plusvalore capitalistico (parte II)

Il godimento del plusvalore capitalistico

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di Antonino Contiliano

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E il plus-valore come godimento ripetitivo, nell’iterazione dei meccanismi del valore ciclico dell’economia capitalistica, viene usato come “astuzia”. Un’astuzia, questa, però diversa dalle astuzie individuate da Bertol Brecht. Un’astuzia cioè di tipo “pulsionale” o attinente alle relazioni inconsce e consce della psiche dell’animale umano, e strutturante sia il linguaggio socio-individuale tout court che le forze economiche e politiche.

Già Karl Marx (per non andare a Platone e Aristotele…) scriveva che è un’assurdità pensare «al formarsi di una lingua senza che esistano individui che vivano e parlino insieme. […] La produzione in generale è un’astrazione, […] che, astraendo (corsivo nostro) l’elemento comune, lo fissa e ci risparmia una ripetizione. Tuttavia questo elemento generale, ovvero l’elemento comune […] è esso stesso qualcosa di complessamente articolato, che si dirama in differenti determinazioni. Di queste, alcune appartengono a tutte le epoche; altre sono comuni solo ad alcune. […] Senza di esse sarà inconcepibile qualsiasi produzione; salvo che, se le lingue più sviluppate hanno leggi e determinazioni comuni con quelle meno sviluppate, allora bisogna isolare proprio ciò che costituisce il loro sviluppo, ossia la differenza da questo elemento generale, mentre le determinazioni che valgono per la produzione in generale devono essere isolate proprio affinché per l’unità – che deriva già dal fatto che il soggetto, l’umanità, e l’oggetto, la natura, sono i medesimi – non venga poi dimenticata la diversità essenziale»1. Ma le diversità (espunte dall’astrazione), in funzione di parti escluse, vengono dimenticate o manipolate per dimostrare l’eternità e l’armonia dei rapporti sociali e politici esistenti e di potere.

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La lotta di classe in lockdown. L’iocrazia dei padroni (parte I)

La lotta di classe in lockdown. L’iocrazia dei padroni

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di Antonino Contiliano

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Nel mondo della produzione e della divisione capitalistico-sociale del lavoro e del suo governo politico-sociale, non di rado il termine populista – letto come se fosse una qualità ‘generale’ a sé stante – è utilizzato per sminuire l’avversario politico e svalorizzare le stesse istanze popolari di cui si fa portavoce. Il termine diventa un capo di accusa, o il trascinarsi di una pura astrazione generale ideologica e propagandistica. Si lascia cadere l’intreccio relazionale che la parola, invece, intrattiene con quella di popolo, popolazione, plebe. Ma i nomi generali sono astrattezze linguistico-logiche elaborate sacrificando la concretezza e la contingenza delle cose e, in un contesto come quello odierno dell’ipercapitalismo tecnologico, non tutti (individui, gruppi, classi sociali) per interessi e bisogni soffrono però degli stessi limiti richiesti dalle definizioni generali.

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Per una sovrana utopia, la rivoluzione

Per una sovrana utopia, la rivoluzione

Siamo forti e abbiamo sconfitto molti popoli / e costruito

grandi città / aspettiamo che questo male muoia /

restiamo nelle case / e tutti insieme vinciamo. 

Eracleonte da Gela (233 a.c.)

Perché ogni epoca sogna la successiva,

ma sognando urge al risveglio.

Walter Benjamin

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di Antonino Contiliano

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La rivoluzione politica di classe, per una società universale senza classi, non è meno astrazione e sovrana utopia della corrispondente universalità scientifica e sperimentalità; ed è tale che insieme richiede anche capacità di astrazione dalle proprie identità. L’astrazione è potenza complessa, azione e forma organizzativa che attiene sia alla conoscenza che alla pratica, e non meno all’immaginazione produttiva che l’alimenta in vista di mondi umani possibili ugualitari. L’utopia è facoltà che appartiene ai domini del vivere umano, ma nel prospettare le trasformazioni di cui si fa carico implica, comunque, il rapportarsi con le cose, gli altri e le esigenze soggettive e collettive che coesistono e si intrecciano in qualunque contesto storico dato. Non manca di dover fare i conti con le stesse relative stratificazioni sociali (e d’altro genere) che connotano individui e collettività, nonché con le stesse possibili coerenze o incoerenze che incontra nel suo cammino. La realtà, cioè, in cui i soggetti generano istituzioni atte a realizzare le istanze etico-politiche comuni quanto quelle individuali entro modelli via via messi in pratica, e non senza attriti di atteggiamenti disparati fra posizioni impersonali e personali, legittimi e illegittimi, neutrali e imparziali.

A nessuno (singolo, o collettività) dovrebbe venire in mente di chiudere in soffitta l’utopia come istanza che, in un mondo stracolmo di diseguaglianze insopportabili, spinge verso l’uguaglianza sociale, le cose e le azioni necessarie al suo divenire-realizzazione. Ed è certo che il mondo delle diseguaglianze del modello neoliberista e ordoliberista non naviga nella direzione di una comunità umana d’uguali e liberi possibile, che, pur diversi nel pensiero e nelle idee, liberamente associati, all’unanimità decidano di inventare e sperimentare istituzioni a ciò necessarie (quali possono essere quelle di un divenire-mondo-comunista). Perché a fronte del potere sovrano delle altre logiche etiche, sociali, politiche che da tempo, già istituzionalizzate e in servizio, impongono discipline e controlli antidemocratici e classisti, la ratio dell’utopia rivoluzionaria non ha meno coerenza e possibilità di realizzazione.

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“Il Mondo Nuovo. Le radici illuministiche della Modernità” a cura di Giuseppe Panella

“Il Mondo Nuovo. Le radici illuministiche della Modernità” è il nome di una serie incontri nati per raccontare in modo rigoroso ma NON accademico tutte le possibili sfaccettature del Settecento.
Nel corso di quattro serate, Giuseppe Pannella (vice-presidente della Società Filosofica Italiana sezione di Prato e Ricercatore presso la Scuola Normale Superiore) converserà con studiosi, curatori museali e artisti per delineare i caratteri principali di un secolo ricco di trasformazioni.

Il Mondo Nuovo. Il Secolo Educatore

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IL TERZO SGUARDO n.55: Carlo Bordoni, “Il paradosso di Icaro ovvero la necessità della disobbedienza”

Carlo Bordoni, Il paradosso di Icaro ovvero la necessità della disobbedienza, Milano, Il Saggiatore, 2018

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di Giuseppe Panella*

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Il progetto che Carlo Bordoni persegue da tempo, con pertinacia, solidità teorica e storica e si direbbe anche con un certo accanimento terapeutico, è l’analisi della fine o dell’annientamento della Modernità (in ciò accomunato dalle ricerche e proposte del suo maestro Bauman). Il paradosso di Icaro ovvero la necessità della disobbedienza è una ricostruzione circostanziata e attenta dei vari aspetti che contraddistinguono il tentativo degli uomini di andare al di là dei propri limiti per riuscire a superare quella hybris che pare attendere i trasgressori di essi una volta varcate le “colonne d’Ercole” delle loro possibilità, intraprendendo il “folle volo” (la citazione è d’obbligo) verso un mondo nuovo, pericoloso e ancora misterioso e inesplorato, incomprensibile e spesso presentato come termine finale della corsa dell’umanità. Le cinque figure mitologiche che Bordoni ricava dal vasto repertorio della cultura greca delle origini della civiltà occidentale (Hybris, Koros, Theios Aner, Aion e Nemesis) scandiscono altrettanti passaggi nella storia della Modernità che rischiano oggi di perdersi nel mare magnum dell’”interregno” che che l’umanità sta vivendo in attesa di una nuova prospettiva di rilancio delle proprie prospettive esistenziali, sociali, economiche e politiche. La figura che mi sembra più interessante delle cinque enucleate da Bordoni è certamente quella legata al Tempo, Aion, protesa com’è sull’orlo di una memoria (storica e propositiva) sempre più labile e in attesa di una trasformazione della soggettività che parrebbe spingere il pedale del mutamento fino ai suoi limiti estremi:

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“Con i soviet dei Kom-futy, ancora…”. Saggio di Antonino Contiliano

Battete in piazza il calpestío delle rivolte!

/…/ Nostre armi sono le nostre canzoni. /…/

Vedete, il cielo s’annoia di stelle! /…/

Majakovskij, La nostra marcia

Non si tratta di conservare il passato,

ma di realizzare le sue speranze.

M. Horkheimer, T.W. Adorno

(Dialettica dell’Illuminismo)

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di Antonino Contiliano

Nel tempo delle bancherotte del capitalismo finanziario-simbolico e delle sue crisi sempre più ravvicinate (che il linguaggio del sistema considera come processo di rinnovamento permanente della propria naturalezza e eternità), è possibile rinunciare al linguaggio della ricerca che, storico-scientifica, relaziona la politica con l’arte, con la poesia, e i loro nessi ritmici con la speranza e l’utopia che il futuro non nega?

Se ogni individuo come ogni epoca non è giudicabile secondo l’immagine che ha di sé e non dimentica il futuro del passato rimasto immemore (un fuoco sotto la cenere come i sogni del mondo onirico), allora non c’è forma capitalistica che possa arrestare il futuro.

Così il primo terreno di scontro con il linguaggio dell’odierna forma cognitivo-immateriale del capitalismo contemporaneo potrebbe essere addirittura quello di ricordargli che la sua durata è smentita scientificamente dalla pluralità dei tempi (la teoria e la sperimentazione quanto-relativistica). Una pluralità dei tempi che trova anche il suo modo d’essere nella storia delle culture diverse e delle categorie verbali messe in uso, come per esempio il privilegiare l’“aspettualità” dei tempi verbali; le forme cioè perfettive, imperfettive e iterative (progressive, abituali) che maggiormente danno risalto all’azione. Qui non è il tempo assoluto della misura del valore astratto-capitalistico che conta ma l’azione, l’azione temporale che i soggetti vogliono significare con quella determinata idea-immagine (aspetto). E i soggetti hanno una singolarità plurale che prima di tutto obbedisce a differenti modalità di soggettivare la libertà e l’eguaglianza non solo nei rapporti con il tempo e i suoi ritmi/intervalli – “tempuscoli” – ineguali quanto differenziali (ritmo non è misura di ripetizione periodica fissa), ma anche con il blocco spazio-tempo dell’insieme delle relazioni socio-politiche dinamiche e instabili, asintotiche e aggrovigliate (pieghe frattalizzate).

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SUL TAMBURO n.46: Marc Augé, “Football” & Alain Corbin, “Breve storia della pioggia”

Marc Augé, Football. Il calcio come fenomeno religioso, trad. it. di Eleonora Montagner, Bologna, EDB, 2016

Alain Corbin, Breve storia della pioggia. Dalle invocazioni religiose alle previsioni meteo, trad. it. di Valeria Riguzzi, Bologna, EDB, 2016

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di Giuseppe Panella

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Che cosa collega questi due brevi saggi, densi e succosi come limoni maturi e altrettanto capaci di dare sapore e colore a ricerche che altrimenti si rivelerebbero pure espressioni del tempo e della moda sociologici? Il calcio analizzato nel breve saggio di Marc Augé, antropologo culturale e studioso della contemporaneità più diretta, non è certamente lo sport che inflaziona gli schermi televisivi di tutto il mondo mentre la pioggia ricostruita nei suoi effetti soggettivi e letterari da Alain Corbin non è soltanto un fenomeno meteorologico ma una “categoria dello spirito”.

Lo “sguardo a distanza” evocato dall’antropologo francese e considerato caratteristico degli eventuali osservatori “uroni o irochesi o persiani” che avessero dovuto concentrarsi su fenomeni da essi considerati strani e inauditi (come avviene a più riprese nelle Lettere persiane di Montesquieu o in L’Ingenu di Voltaire) permette di riconoscere nel rito della partita di calcio settimanale (spesso praticato anche nei giorni intermedi della settimana in occasione di competizioni internazionali) un evento che va al di là del puro e semplice fatto sportivo. L’idea della partita di calcio come rito che ad Augé deriva da una rilettura critica di Durkheim è semplicemente il portato di un’osservazione empirica (l’afflusso di spettatori davanti alla TV per le partite di pallone o gli spostamenti in massa verso i campi da gioco nel periodo dei diversi campionati) che però si rovescia in un’affermazione teorica di respiro generale:

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Le parole del reame

le-parole-del-reameÈ regola invariabile del potere che, le teste, è sempre meglio tagliarle prima che comincino a pensare, dopo può essere troppo tardi.

José Saramango

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di Antonino Contiliano

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Dimmi specchio del reame, quale fra le parole del bestiame è la più ricca di letame!

Il capitalismo non conosce trasformazioni se non per perpetuare se stesso. Il suo modello si basa sulle diseguaglianze, lo sfruttamento e le altre vie (già note, ma sempre più spesso dimenticate e/o negate come quella maestra della valorizzazione espropriativa) a proprio uso e consumo. Le sue asimmetrie di potere e la correlazione degli apparati che lo sostengono sono le chiavi del comando dei pochi che, potenti e padroni sui molti, ne beneficiano elevandosi a intoccabili. Non diverso orientamento, anzi più marcato e deciso, ha la fase in corso della sua riaccumulazione-ricapitalizzazione, quella che prende il nome di capitalismo finanziario. La fase che ha identificato economia reale e fittizia o virtuale che si voglia dire. Il nesso vitale cioè che, devastante, ne ha amplificato e intensificato il dominio di classe e lavorato per svuotare le stesse vecchie forme democratico-liberali, incrementare le diseguaglianze sociali, le povertà e l’immiserimento generale. Come dire che la macchina del capitalismo con i suoi proprietari e protettori non ha nessuna vocazione democratica (né ristretta né allargata). E di questa macchina tritatutto, una parte non indifferente è costituita da parole tipiche che fanno girare la ruota del commercio della comunicazione individuale e sociale.

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Punctum… ozio magi-stralis su “Il femminile e l’immaginario”

opera-mralloPunctum… ozio magi-stralis su “Il femminile e l’immaginario”*

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di Antonino Contiliano

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Non mi amo così come sono,

ma sono così come mi amo.

Narciso

L’identità gender, in ogni immaginario sociale e individuale, ha ragione d’essere solo nei modelli (l’ordine simbolico proprio ad ogni contesto storico-temporale quanto atemporale) delle soggettivazioni. Processi che, come i vari prototipi di macchine (o altro) prodotti dell’industria nei/dai contesti storici e contingenti – innescati dall’industria materiale e/o immateriale –, non sfuggono alla modellistica della situazione in corso d’opera della produzione e riproduzione (sempre rivoluzionaria, K. Marx). Sono i modelli cioè che nel loro divenire amalgamano la biologia naturale, le norme sociali e l’educazione, la cultura e il potere politico di classe vs le “minoranze” (specie il bio-potere della bio-politica della realtà a noi contemporanea). Il maschile e il femminile, così, al di fuori della relazione dei termini e delle connessioni con le extra-contiguità dei casi, non hanno sostanzialità alcuna. Cosa che, crediamo, può essere seguita scorrendo l’ordine schematico appresso fotogrammato:

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IL TERZO SGUARDO n.53: Mario Tronti, “Dello spirito libero. Frammenti di vita e di pensiero”

Mario Tronti, Dello spirito liberoMario Tronti, Dello spirito libero. Frammenti di vita e di pensiero, Milano, il Saggiatore, 2015

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di Giuseppe Panella*

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Già Con il futuro alle spalle. Per un altro dizionario politico (raccolta di saggi già precedentemente pubblicati sulla rivista di spiritualità Bailamme e uscita per gli Editori Riuniti di Roma nel 1992) e La politica al tramonto (Torino, Einaudi, 1998) lasciavano intravvedere una linea o meglio una deriva che non era tanto inquietante ma che preludeva alla resa successiva. Lo stesso Tronti si è detto in interviste successive all’uscita del suo ultimo libro uno “sconfitto” ma non un perdente. Ma il fatto è che essere sconfitto con onore non vuol dire che si sia perduto tutto se lo si fa con stile. Lo stile è l’uomo (hanno detto a più riprese Goethe e Lacan) e Tronti ha sempre avuto uno stile rigoroso ed esemplare di pensiero che ne ha fatto il capofila di quella corrente importante della cultura politica italiana di sinistra che è stato il cosiddetto “operaismo” (inaugurato da un libro fondamentale, Operai e capitale, del 1966, opera dello stesso pensatore romano). Ma questo libro mostra, in taluni momenti, che lo stile, anche se rimane simile a quello del passato, non sempre risponde alle esigenze del presente. Che cos’è uno “spirito libero”?

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IL TERZO SGUARDO N.51: Stefano Mazzei, “La piaga. Apologia del bimbominkia”

Stefano Mazzei, La piaga. Apologia del bimbominkiaStefano Mazzei, La piaga. Apologia del bimbominkia, Firenze, Edizioni Press & Archeos, 2015

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di Giuseppe Panella*

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Che cos’è esattamente, psicologicamente e umanamente, quello che nel linguaggio corrente dei social network e anche della pubblicistica politico-giornalistica, un bimbominkia – rigorosamente con la k ? E’ un addetto (un addict – si direbbe in inglese) sistematico e frenetico, appassionato e ossessivo alla frequentazione dei mezzi di comunicazione sociali di massa. Un termine giapponese, otaku, lo designerebbe forse meglio se non fosse che i fanatici indicati con questa parola più che altro si interessano a manga, anime e altri prodotti di genere letterario-fumettistico. Né d’altronde il bimbominkia è un troll “tradizionale” e il suo interesse non è tanto quello di dare disturbo o creare sconcerto tra gli utenti dei social cui partecipa ma di invadere il campo dello schermo in maniera massiccia e opprimente. Il personaggio indicato nel titolo, comunque, è solo un ballon d’essai, uno strumento di comprensione, un punto di riferimento, un simbolo della nostra epoca disperata e apparentemente confortante. Quello di Stefano Mazzei è un tentativo di dare senso, di arrivare a una comprensione (sia pure parziale) di un fenomeno che è parte fondamentale e decisiva della psicologia contemporanea e del modo in cui si configura continuamente sugli schermi dei computer di ogni parte del mondo:

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Thomas Piketty, “Il capitale nel XXI secolo”

Thomas Piketty, Il capitale nel XXI secoloThomas Piketty, Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, pp. 946, euro 22,00.

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di Andrea B. Nardi

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Thomas Piketty è l’accademico francese cui vanno almeno due mirabili meriti: il primo, ovviamente, scientifico, per il colossale studio sul ruolo del capitale finanziario dall’Ottocento ai giorni nostri; il secondo, invece, editoriale. Egli infatti ha inconsapevolmente scardinato, direi: terremotato, le abitudini commerciali dei nostri pessimi editori. Per la prima volta da decenni, viene proposto al grande pubblico – benché dubito fortemente che tutti i suoi commentatori giornalistici lo abbiano letto per intero (esperienza, vi assicuro, non lieve) – un testo dal più profondo rigore storico, sociale, economico, in luogo di tutti gli pseudo saggi di sedicenti esperti, che ingombrano gli scaffali dei librai con argomenti, teorie e conclusioni totalmente campate in aria, senza alcuna referenza verificata, senza nessuna prova a latere, privi d’ogni elementare sostegno documentale.

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La truffa della crisi

Pigs – La crisi spiegata a tutti, di Paolo FerreoLa truffa del debito pubblico, di Paolo Ferrero_____________________________
di Andrea B. Nardi

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Tra un secolo o forse due, agli studenti svogliatamente curvi sui capitoli di Storia relativi a questi nostri primi decenni del Duemila non potrà non calare una triste domanda: ma come potevano essere tanto ciechi e sottomessi e ottusi e idioti gli uomini del XXI secolo da tollerare d’essere così schiavizzati dai potentati finanziari? E perché non si sono subito ribellati a quell’aristocrazia politica inetta e criminale, lacchè della finanza internazionale, da cui erano governati?

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I LIBRI DEGLI ALTRI n.108: Salvate (almeno) la faccia. Guido Guidi Guerrera, “Avatar Beauty Project”

Guido Guidi Guerrera, Avatar Beauty ProjectSalvate (almeno) la faccia. Guido Guidi Guerrera, Avatar Beauty Project, Baiso (Reggio Emilia), Verdechiaro Edizioni, 2013

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di Giuseppe Panella

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La fisiognomica è un’arte antica e che nasce dallo sviluppo della riflessione filosofica sul rapporto tra corpo e anima. I tratti del volto (soprattutto il riflesso dello sguardo e il taglio della bocca) sono tra le forme espressive che caratterizzano il corpo umano e lo rendono unico e indistinguibile rispetto a quello di tutti gli altri esseri umani.

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I LIBRI DEGLI ALTRI n.107: La Cina è vicina. Giorgio Bernardini, “Chen contro Chen, La guerra che cambierà Prato”

Bernardini, Chen contro ChenLa Cina è vicina. Giorgio Bernardini, Chen contro Chen, La guerra che cambierà Prato, Roma, Round Robin Edizioni, 2014

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di Giuseppe Panella

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Ogni generazione conosce le sue guerre private, la sue scaramucce familiari, le sue lotte intestine, l’eterna querelle tra vecchi e giovani, tra i sostenitori del modello tradizionale di vita cui si sono attenute i precedenti modelli di vita e gli animosi e volenterosi propugnatori di nuovi e più avanzati equilibri. Tutto ciò accade continuamente e non solo nel mondo occidentale dove lo scontro generazionale ha contrassegnato in maniera forte e spesso dolorosa i passaggi epocali e i mutamenti di mentalità. Ma quello che sta accadendo qui e ora a Prato nella vastissima comunità cinese che la contraddistingue ha caratteri di eccezionalità, di straordinaria unicità rispetto agli scontri interni tra le etnie che pure sono spesso avvenute nell’ambito di paesi europei in cui il lascito coloniale ha spesso lasciato strascichi sanguinosi (e non soltanto dal punto di vista culturale).

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Diego Fusaro, “Il futuro è nostro – Filosofia dell’azione”

Diego Fusaro, Il futuro è nostroDiego Fusaro, Il futuro è nostro – Filosofia dell’azione, Bompiani 2014, pp. 614, € 15,00.

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di Andrea B. Nardi

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Questo saggio di Diego Fusaro potrebbe essere destinato a diventare uno dei libri più significativi della nostra epoca, e – ce lo auspichiamo – uno dei più influenti. C’è qui, finalmente, la visione della società migliore, la società liberata dalle pastoie concettuali cui è stata perversamente assoggettata tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI, le stesse pastoie responsabili d’aver distrutto quei principi democratici e civili con tanta fatica raggiunti in millenni di storia umana. Oggi non solo ci stanno strappando via le conquiste politiche e morali della modernità, ma noi stessi contribuiamo a buttarle nella spazzatura senza reagire, rassegnati alla nostra presunta impossibilità di ribellarci ai nuovi feudatari del mondo. Siamo ridiventati servi della gleba senza neppure essercene accorti.

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IL TERZO SGUARDO n.45: Mantegazza, lo scienziato iconoclasta. Monika Antes, “Misurare l’amore. Paolo Mantegazza scienziato del sesso”

Monika Antes, Misurare l’amore. Paolo Mantegazza scienziato del sessoMantegazza, lo scienziato iconoclasta. Monika Antes, Misurare l’amore. Paolo Mantegazza scienziato del sesso, Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2013

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di Giuseppe Panella*

 

Le carte di Paolo Mantegazza (oggi conservate nel Museo fiorentino di Storia Naturale di via del Proconsolo al numero 12, nel cosiddetto Palazzo Nonfinito), sono quel che è ancora oggi più importante da esaminare dell’opera del padre dell’antropologia medica italiana e del lascito di quello che fu uno degli studiosi più famosi del costume della società e dei caratteri originari della soggettività umana in settori che venivano considerati all’epoca del tutto marginali e, forse peggio, rimanevano pur sempre gravati da un pesante interdetto di carattere morale, non sono state ancora esplorate, classificate e analizzate con la necessaria completezza e l’adeguata profondità di vedute.

Si tratta di un lavoro appena iniziato ma che può portare ad analisi storiche e filologiche, a scoperte scientifiche e a conclusioni ancora tutte da verificare.

Su Mantegazza, indubitabilmente, c’è ancora molto da dire, da scrivere e da studiare.

Continua a leggere “IL TERZO SGUARDO n.45: Mantegazza, lo scienziato iconoclasta. Monika Antes, “Misurare l’amore. Paolo Mantegazza scienziato del sesso””

Gaetano Savatteri, “I siciliani”: la pazzia e la logica della contraddizione

Gaetano Savatteri, I sicilianiGaetano Savatteri, I siciliani: la pazzia e la logica della contraddizione

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di Giovanni Inzerillo

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Chiunque si accinga a leggere un saggio dedicato ai siciliani si aspetterebbe, probabilmente, specifiche osservazioni, concetti ben chiariti, altrettanto precise conclusioni; vorrebbe poter avere delle risposte per cementificare assunti preconcetti o per, una volta smantellati, giungere a nuove considerazioni. Sarebbe di certo un buon proposito destinato, però, a non sortire gli esiti sperati.

È impossibile, infatti, comprendere appieno, e qui la saggistica serve a poco, quali logiche sottendano alla Sicilia, terra benedetta dai suoi eroi, maledetta dalle sue sciagure, contraddetta dalla storia:

La Sicilia come luogo dove toccare terra e scoprire non le risposte, ma le domande immutabili e spietate della vita. La Sicilia come luogo dell’assoluto.

Basterebbe chiedere in giro per il mondo per sentire immediata la similitudine con la mafia ma capire la Sicilia è per tutti, intellettuali e non, italiani e stranieri, persino per gli stessi siciliani, una questione irrisolvibile. Vorrebbe dire, piuttosto, attribuire a tutti i costi senso alla contraddizione, determinatezza all’assoluto, discernimento nel più totale disordine.

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Comunismo possibile. Utopia efficace

 L’amico aveva il padre che faceva il tubista, / e la vita se l’è sudata/ per consentire al figlio di essere quello che ora è. / […] / Nulla ricorda in lui il padre che faceva il tubista, / e la vita se l’è sudata / per consentirgli di essere quello che è. […] / È felice, e basta. / Va in televisione, fa l’addetto stampa, / e parla sempre con la stessa voce, dice sempre le stesse cose.  / Che i comunisti sono cattivi, e hanno rubato la gioventù / a chi solo perché aveva vent’anni credeva di essere eterno / e di poter cambiare il mondo. Che il mercato rende liberi, / e che un servo di scena può essere felice come il padrone, /  e che sa bene come i servi sono simili a quei cagnolini, / e che scodinzolano non appena annusano l’odore del biscotto.
Emilio Piccolo[1]

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di Antonino Contiliano
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Nel  “kuore dell’impero, mescolando memoria e desiderio” – scrive Stefano Docimo, Attualità o no del comunismo- TEMPI DI CATASTROFE, TEMPI INTERESSANTI (www.retididedalus.it, luglio, 2012)  –  è  possibile ancora pensare alle promesse del “comunismo” e alle sue premesse?

Il cuore dell’Impero, chiamando a testimoni l’Identificazione biometrica (Mario Lunetta, Ivi) e l’Algo-Mondo(Marco Palladini, Ivi), infatti non predilige “un’equa distribuzione dei pani, dei pesci & delle tecnologie” (Mario Lunetta) e “non conosce Algos, il gran dio dei dolori /che ci fa umani oltre le equazioni incognite, / anestetizza ogni operazione di vita” (Marco Palladini). E tuttavia sembra che le premesse per attivare il mondo delle promesse della democrazia comunista non manchino se i “tempi di catastrofe” dell’Impero appaiono “tempi interessanti”.

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IL TERZO SGUARDO n.40: Sud come metafora del presente. Paolo Saggese, “Crescita zero. L’Italia del Terzo Millennio vista da una provincia del Sud”

Sud come metafora del presente. Paolo Saggese, Crescita zero. L’Italia del Terzo Millennio vista da una provincia del Sud, prefazione di Pino Aprile, con interventi di Michele Ciasullo e Dario Meninno, Grottaminarda (AV), Delta 3 Edizioni, 2012

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di Giuseppe Panella*

 

Il termine Crescita zero non indica più, come in passato, la decisione di non costruire più oltre la cubatura già presente in situazioni urbanisticamente già compresse e affollate o il saldo ugualitario tra natalità e mortalità in demografia. Nella dimensione presente del linguaggio economico, indica drammaticamente la stagnazione presente a livello di sviluppo sociale e di produzione di ricchezza e, soprattutto, è l’indice di una situazione che va sempre più deteriorandosi perché alla mancanza di investimenti continuativi non può che conseguire l’annullamento delle prospettive relative alla creazione di nuovi posti di lavoro. Senza crescita economica stabile, niente ricchezza sociale e senza di questa l’unica possibilità presente che rimane a chi ne è soggetto è la disoccupazione a tempo indeterminato e la morte civile che necessariamente ne consegue.

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PASSAGGIO AL COMUNISMO (3/3). Saggio di Antonino Contiliano

 Passaggio al comunismo (parte III)

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di Antonino Contiliano

La causa scatenante delle crisi rimane tuttavia la stessa: i profitti, le rendite e le perdite che non combaciamo mai con le aspettative onnivore del capitale. Il pericolo globale oggi è costituito più che da fenomeni di scarsità o di offerta da un eccesso di mercato che cortocircuita produttività e creatività immateriale. Praticamente illimitato e al tempo stesso impastoiato, il mondo della nuova economia capitalistica, che non ha dismesso le vecchie forme, produce potenza e impotenza, propria e altrui. La potenza dei flussi del mercato, nonostante la pratica (attuale) dell’indebitamento dei soggetti (privati e pubblici), si blocca per saturazione e insolvenza dell’offerta. Dall’altro, poiché deve fare in modo che l’autonomo potere creativo della ricchezza – che le rimane esterno in quanto coincide con la persona stessa dei produttori (prosumers) e la loro libera cooperazione gruppale e collettiva –, non abbia il sopravvento, negando completamente il mercato liberista con l’avvio del comunismo – l’abolizione totale della proprietà individuale (come valore e merito) per la giustizia e l’eguaglianza radicale –, rimane impigliato nell’impossibilità di dominare le stesse biforcazioni conflittuali che animano la creatività polimorfa dell’economia del simbolico e dei linguaggi.

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PASSAGGIO AL COMUNISMO (2/3). Saggio di Antonino Contiliano

Passaggio al comunismo  (parte II)

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di Antonino Contiliano

Ogni crisi capitalistica, fin dalle origini del sorgere dell’economia di scambio e di mercato, e fuori ogni dubbio, ha messo alla prova, oltre che le classi soggette, la tenuta della sua stessa verità di “capitale” e capacità di valorizzazione astratta: il presunto equivalente “valore” generale che ha trovato corpo nel denaro e nelle sue misure quantitative diseguali. La quantità di denaro cioè che dovrebbe compensare il tempo di lavoro necessario e/o di vita dei lavoratori (investito nella produzione e per la produttività) da un lato, e dall’altro per realizzare ricchezza, rendite e profitti come diritto esclusivo del capitalista. Una ricchezza però che, fra conflitti sociali e contraddizioni non risolte, è prodotta solamente dalla “potenza” della creatività del lavoro vivo del lavoratore e delle lavoratrici. I produttori sottoposti a contratti ingiusti e ineguali, e contratti che impongono agli stessi di frammentare con la quantificazione la loro stessa unità psicofisica, dividere la stessa attività lavorativa in parti e comparti parcellizzati per poi obbligare a una cooperazione secondo un’organizzazione collettiva che sfugge al loro controllo diretto. Per cui la disalienazione, paradossalmente, deve passare attraverso l’alienazione e un’oggettivazione che reifica il loro esser-ci rapporto sociale, mentre umanizza invece le cose.  In questo contesto il lavoro, infatti, pur essendo una attività di relazione unitaria e complessa, viene parcellizzato in mansioni separate, come le cose e le altre individualità, per poi essere socializzato in forma di cooperazione gerarchizzata sfruttata.

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PASSAGGIO AL COMUNISMO (1/3). Saggio di Antonino Contiliano

Disculpen la molestias, esto es una revolución.

Sub Comandante Marcos

Perché ogni epoca sogna la successiva, ma sognando urge al risveglio.

Walter Benjamin

Passaggio al comunismo  (parte I)

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di Antonino Contiliano

Lo stato e i governi – soprattutto nel mondo nord-americano-occidentale –, dopo essere stati privatizzati, tra la fine del XX e il primo decennio del XXI, dall’impresa, dal privato e dall’economia di mercato liberal-liberista del “pensiero unico”, ritornano ad essere invocati quali finanziatori e salvatori delle fraudolente bancarotte capitalistiche e delle sue crisi strutturali. Le classi egemoni della vecchia e della nuova economia della deregulation, che hanno imposto lo smantellamento del welfare state sociale, ora lo invocano per se stessi e il proprio sistema che è andato in fibrillazione e messo in pericolo lo sviluppo di crescite ulteriori.

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Intellettuali abbandonano lo “stato di minorità”. Il Manifesto dei “T/Q”. Saggio di Antonino Contiliano

Intellettuali abbandonano lo “stato di minorità”. Il Manifesto dei “T/Q”

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di Antonino Contiliano

Vero è che l’“effetto farfalla” non interessa solo i fenomeni delle turbolenze climatiche e quantistiche, se voci isolate, o brezze appena parse, e poi sparse nel deserto del dissenso politico-culturale italiano, a poco a poco cominciano, viaggiando, a coagularsi in correnti più o meno alternate e zigzagate, e poi ancora fino a depositarsi fra le righe di un manifesto. Così è il caso del manifesto (2008) della “Polietica” di Valerio Cuccaroni e di quello (2011) del movimento “TQ” dei primi firmatari (in un incontro “di oltre cento invitati presso la sede della casa editrice Laterza di Roma, a fine aprile 2011, in risposta ad un appello di Giuseppe Antonelli, Mario Desiati, Alessandro Grazioli, Nicola Lagioia e Giorgio Vasta”); il lancio dei due Manifesti cioè che ha allertato poeti e letterati, in genere, e che via via ha accumulato adesioni sempre numerose e qualificate.

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IL TERZO SGUARDO n.32: Le epifanie del gatto. Marina Alberghini, “All’ombra del gatto nero”

Le epifanie del gatto. Marina Alberghini, All’ombra del gatto nero, Milano, Mursia, 2011

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di Giuseppe Panella*

Apparentemente il gatto nero e le sue vicissitudini non sembrerebbero il soggetto adatto per una ricostruzione così a vasto raggio della cultura occidentale (fa eccezione il bel saggio che ricostruisce Il grande massacro dei gatti, opera di Robert Darnton, un pregevole storico dell’Illuminismo che rievoca questo episodio realmente avvenuto a Parigi a metà del Settecento). Eppure Marina Alberghini è riuscita, attraverso una vertiginosa carrellata che parte dall’antico Egitto e finisce praticamente ai giorni nostri, a trasformare la figura del gatto in una sorta di magico psicopompo che accompagna gli uomini e la loro esistenza dagli albori della loro storia fino ad alcune delle sue manifestazioni più recenti. Continua a leggere “IL TERZO SGUARDO n.32: Le epifanie del gatto. Marina Alberghini, “All’ombra del gatto nero””

Un «racconto nazionale»: Franco Marcoaldi, “Viaggio al centro della provincia”. Una lettura di Domenico Mezzina

Franco Marcoaldi, Viaggio al centro della provincia, Einaudi, Torino 2009

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di Domenico Mezzina

Conosciuto soprattutto come poeta (ricordiamo fra le altre le raccolte A mosca cieca [Einaudi 1992] e Il tempo ormai breve [Einaudi 2008]), ma già cimentatosi in passato nel genere odeporico con Prove di viaggio [FrancoAngeli 1986], Franco Marcoaldi nel 2007 intraprende un tour in diciassette tappe nella provincia italiana, al fine di redigere una inchiesta a puntate per il quotidiano «la Repubblica»; ne nasce una serie di articoli, sui quali l’autore è poi ritornato successivamente «per ampliarli e, grazie a progressive modifiche, trasportar­li a una forma nuova, ibrida, capace di inglobare l’inchiesta originaria in una scrittura dal passo più narrativo», fino a trasformarli insomma in veri e propri «racconti-reportage».

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Rendere visibile “L’invisibile”: il “Denaro” di G. Di Girolamo

Giacomo Di Girolamo, L’invisibile, Roma, Editori Riuniti 2010, pp. 555, € 15,00.
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di Antonino Contiliano

Grande è il disordine sotto il cielo,
ma la situazione è ottima?
Mao 

Preferiresti che Cesare fosse vivo, e morire tutti da schiavi,
o che Cesare sia morto per vivere tutti da uomini liberi?
Shakespeare

Il titolo di questo nuovo libro di Di Girolamo, centrato sulla tema della mafia siciliana e dei suoi estesi legami nazionali, e in particolare sulla figura del latitante eccellente – Matteo Messina Denaro –, fa scattare (almeno così è stato per chi scrive) un visibile rimando alla dichiarazione di poetica dell’arte moderna. Per l’arte moderna, sintetizzando, il dettato essenziale è che la pittura debba rendere visibile “l’invisibile”. La rappresentazione perde così la sua supremazia, e con essa il realismo della mimesi più o meno dichiarato. Come dire, forse, che ciò che appare, per essere afferrato, capito, goduto deve risalire a ciò che non si vede ma che determina quanto si affaccia e si concretizza nella storia individuale e collettiva di quel particolare contesto storico dove le soggettivazioni si producono come qualsiasi altra merce ideologica.

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IL TERZO SGUARDO n.22: Una proposta per il Paese futuro. Alberto Alinovi, “Il Codice Borgia della società italiana”

Una proposta per il Paese futuro. Alberto Alinovi, Il Codice Borgia della società italiana. Antologia di pensieri e scritti per un’Italia più europea: dal familismo amorale al civismo morale attraverso il protestantesimo laico, Parma, Silva Editore, 2010

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di Giuseppe Panella*


Nonostante il titolo che potrebbe risultare opprimente per le sue richieste di assunzione di responsabilità da parte dei cittadini (atto doveroso ma non sempre accettato volentieri e immediatamente), nonostante l’appello a una dimensione – quella della Riforma protestante – che in Italia non ha mai attecchito, nonostante l’ambito sempre vigente della dimensione familistica (“tengo famiglia”), nonostante vizi antichi sempre risorgenti e mali vecchi mai curati, questo di Alinovi è un libro di speranze mai sopite e mai azzerate dal corso di una storia che sembrerebbe smentirle.

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LA SOLITUDINE DEL CRITICO. Considerazioni su alcuni libri recenti e il destino della poesia. Saggio di Giuseppe Panella

di Giuseppe Panella

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«Ce grand malheur, de ne pouvoir être seul»

(La Bruyère)

1. Il patto autobiografico

Sembra evidente, anche ad un esame non eccessivamente approfondito, come l’evidenza e la suggestione autobiografica abbia affascinato un certo numero di critici letterari italiani desiderosi di trasformare il loro approccio (finora avvenuto dall’esterno) agli autori che hanno studiato in una proposta di lettura che passa attraverso la loro dimensione più intima e più personale.

Sembrerebbe dimostrarlo una serie di libri (nella maggior parte piuttosto smilzi e umili anche nella veste grafica) i cui autori si fanno forza delle loro esperienze di lettura in età giovanile per avanzare ipotesi più o meno catastrofistiche sul destino della poesia e della critica letteraria.

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IL TERZO SGUARDO n.4: Infanzia e memoria di un Premio riuscito. “Premio Letterario Chianti 1987-2007. Venti anni di libri e autori”, a cura di Claudio Molinelli

Il primo sguardo da gettare sul mondo è quello della poesia che coglie i particolari per definire il tutto o individua il tutto per comprenderne i particolari; il secondo sguardo è quello della scrittura in prosa (romanzi, saggi, racconti o diari non importa poi troppo purché avvolgano di parole la vita e la spieghino con dolcezza e dolore); il terzo sguardo, allora, sarà quello delle arti – la pittura e la scultura nella loro accezione tradizionale (ma non solo) così come (e soprattutto) il teatro e il cinema come forme espressive di una rappresentazione della realtà che conceda spazio alle sensazioni oltre che alle emozioni. Quindi: libri sull’arte e sulle arti in relazione alla tradizione critica e all’apprendistato che comportano, esperienze e analisi di oggetti artistici che comportano un modo “terzo” di vedere il mondo … (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Infanzia e memoria di un Premio riuscito.  Premio Letterario Chianti 1987-2007. Venti anni di libri e autori, a cura di Claudio Molinelli, Firenze, Esuvia Edizioni, 2009

Scrive Claudio Molinelli nella sua Introduzione a questo interessante e preciso volume di ricostruzione e di ricordi intorno al Premio “Chianti” di narrativa italiana:

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La passione del “noi” tra il XX° e il XIX°

 

di Antonino Contiliano

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Alain Badiou, Il secolo, Feltrinelli, Milano, 2006.

Giacomo Marramao, La passione del presente, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.

I due libri – Il secolo di Alain Badiou e La passione del presente di Giacomo Marramao – sono stati pubblicati in Italia a distanza di due anni l’uno dall’altro. I due lavori tematizzano, si può dire senza ombra di dubbio, il qui e ora, ovvero il reale e il presente del tempo storico di riferimento.

Il secolo di Alain Badiou è il XX° secolo con la sua volontà di potenza (ne fa fede la coscienza filosofica e politica che l’autore tratteggia attraverso vari documenti d’epoca: poesia, manifesti avanguardistici, opere d’arte…) come “passione del reale”, ovvero l’impegno e la lotta per la realizzazione dell’uomo e della società nuovi di cui il XIX° era stato l’anticipazione utopica o la promessa di nuova identità. Indicativo della marcia del libro può essere l’indice dei nomi che Badiou sceglie per le sue lezioni e le sue argomentazioni: questioni di metodo, la bestia, il non-riconciliato, un mondo nuovo: sì, ma quando?, passione del reale e montaggio della finzione, uno si divide in due, crisi di sesso, anabasi, sette variazioni, crudeltà, avanguardie, l’infinito, sparizioni congiunte dell’Uomo e di Dio.

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Documento sul diritto (negato) al dissenso. Allen Ginsberg, “Testimonianza a Chicago”

di Francesco Sasso

Consiglio la lettura di un importante documento sul diritto (negato) al dissenso in America sul finire degli anni ’60. Il protagonista è il poeta Allen Ginsberg.

Siamo a Chicago dove si tenne dal 25 al 29 agosto la Convenzione del Partito Democratico. Lì arrivarono non solo i delegati del partito, ma anche i dimostranti: Yippi, comunisti, anarchici, socialisti, pacifisti, rivoluzionari, Flower Children, neri militanti. E con loro anche una ventina di organizzazioni.

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Rivoluzioni, teoremi e Intellettuali radicali. Slavoj Žižek, “In difesa delle cause perse” – Zygmunt Barman, “Capitalismo parassitario”

Punire gli oppressori dell’umanità: questa è clemenza.
Perdonare loro sarebbe barbarie. Il rigore dei tiranni
ha come fondamento soltanto il rigore: quello del governo
repubblicano ha invece come sua base la beneficenza.

Michael Crichton (Preda)

Non c’è rivoluzione senza rivoluzione
Robespierre

di Antonino Contiliano

Slavoj Žižek, In difesa delle cause perse, Ponte alle Grazie, Milano, 2009.

Zygmunt Barman, Capitalismo parassitario, Laterza, Bari, 2009.

Si sa chi ha il potere di opprimere, e chi non ha potere. Il Capitale opprime e i loro preti, e l’economia liberista globale è la rete della cattura. E la cattura non è certo quella dell’immaginazione al potere, quanto quella del profitto a tutti i costi e senza sconti: modello delle privatizzazioni e delle catastrofi. Il Welfare state dei ricchi contro i poveri e i Sud del mondo. Una strategia e una tattica cinica di catastrofi umanitarie, ambientali e planetarie.

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STORIA CONTEMPORANEA n.30: Un’idea dell’India, il suo odore, il suo fascino. Carlo Alberto Sitta, “India minima. Cronaca di un viaggio annunciato”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

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di Giuseppe Panella

 

Un’idea dell’India, il suo odore, il suo fascino. Carlo Alberto Sitta, India minima. Cronaca di un viaggio annunciato, Varese, Nuova Editrice Magenta, 2009

Pasolini intitolò il suo viaggio in questo paese allora ancora misterioso e carico di fascino L’odore dell’India (e ne pubblicò il resoconto, già apparso in una serie di articoli per il quotidiano Il Giorno, in un volume per Longanesi nel 1961). Moravia, che vi era stato in compagnia appunto di Pasolini e dell’allora sua moglie Elsa Morante (ma si separerà da lei proprio in quello stesso anno), diede al suo libro di memorie di viaggio il titolo più intellettuale di Un’idea dell’India (apparso presso Bompiani nel 1962). Quello di andare a visitare questo grande paese orientale e di scriverci su un volume di ricordi e di impressioni è, dunque, una tentazione che striscia nei cuori e nelle menti di tanti intellettuali per esplodere poi in scrittura. Allo stesso modo, Antonio Tabucchi intitolò nel 1984 uno dei suoi romanzi migliori proprio Notturno indiano a suggello di un suo viaggio nelle ex-colonie portoghesi del sub-continente indiano (anche se nel libro la dimensione della fiction supera di gran lunga – come è giusto – quella del reportage diretto come nel caso di Pasolini e Moravia).

Neppure Carlo Alberto Sitta, con alle spalle un passato di poeta e di operatore culturale (è sua la prestigiosa rivista di poesia STEVE da lui diretta fin dal 1979), è sfuggito a questo destino (del resto voluto e perfino – come recita il titolo del suo diario di viaggio in India – “annunciato”).

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La sovversione dell’arte e della poesia. “L’arte della sovversione” – a cura di Marco Baravalle e “Il miracolo della forma. Per un’estetica psicoanalitica” di Massimo Recalcati

 di Antonino Contiliano

Il rapporto dell’artista col tempo in cui si manifesta è
sempre contraddittorio. È contro le norme vigenti, norme
politiche per esempio, o persino schemi di pensiero,
è sempre controcorrente che l’arte cerca di operare
il suo miracolo.
 J. Lacan (L’etica della psicoanalisi)

 

Arte e poesia possono ancora oggi contrastare l’ordine della realtà o lo stato di cose presente organizzatoci dal biopotere attorno ai suoi significati di comodo e di comando?

È la domanda, direi anche l’atto, che alimenta il discorso e l’analisi che fanno il nucleo di fuoco centrale del libro L’arte della sovversione – a cura di Marco Baravalle, manifestolibri/uninomade, Roma, 2009 – e del libro di Massimo Recalcati, Il miracolo della forma. Per un’estetica psicoanalitica – Ed. Bruno Mondatori, Milano, 2007.

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STORIA CONTEMPORANEA n.25: “Il misterioso destino dei libri”. Simone Berni

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

  

di Giuseppe Panella

 

Il misterioso destino dei libri. Simone Berni, Libri scomparsi nel nulla, Macerata, Edizioni Simple, 20072; Simone Berni, I nazi-fascisti e le scienze del terrore. A caccia di libri proibiti, volume I, Macerata, Bibliohaus, 20083 ; Simone Berni, Dischi volanti e mondi perduti. A caccia di libri proibiti, volume II,  Macerata, Bibliohaus, 20083

 

Il destino di libri, soprattutto dei libri scomodi o spiazzanti per il Potere, è misterioso, ondivago, fluttuante, soggetto alle variazioni del mercato e alle censure (o auto-censure) degli editori stessi che li hanno pubblicati.

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Simone Perotti, “Adesso basta”

di Francesco Sasso

Simone Perotti, un tempo dirigente e capo ufficio stampa di aziende multinazionali, è oggi uno scrittore (Bompiani) e skipper di quarantatré anni. Un anno e mezzo fa, dopo lunga riflessione, decide per un cambiamento radicale della propria vita. Poco prima era uno “arrivato”: ottima posizione lavorativa, stipendio alto, spese in conto all’azienda, viaggi, amicizie influenti ecc. Una vita lavorativa frenetica e frizzante. Eppure Perotti si rende conto che la vita che conduce è un binario morto e che, per essere uomo libero, avrebbe dovuto rinunciare alla carriera prima che fosse troppo tardi. Decise così di aderire al downshifting (“scalare marcia, rallentare il ritmo”) e di raccontare questa sua esperienza nel libro Adesso basta.

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Franco Brevini,”Un cerino nel buio. Come la cultura sopravvive a barbari e antibarbari”

un cerino nel buio

di Francesco Sasso

Negli ultimi anni la parola barbarie compare spesso nei discorsi svolti su vari media ad indicare un cambiamento antropologico e culturale. Tuttavia non sempre la lucidità e la chiarezza d’intenti guida chi ogni giorno, per esempio, è di fronte alle difficoltà degli studenti a recepire quanto egli, professore o giornalista, cerca di insegnare o comunicare.

Per cercare di capire meglio che cosa sta accadendo nel mondo della scuola, dell’università, sui mass media e, in generale, nella società contemporanea, vi consiglio caldamente la lettura de Un cerino nel buio (Bollati Boringhieri 2008) di Franco Brevini, insegnante di Letteratura italiana e Letteratura contemporanea presso l’Università di Bergamo e l’Università IULM di Milano.

  Continua a leggere “Franco Brevini,”Un cerino nel buio. Come la cultura sopravvive a barbari e antibarbari””

“L’utopia concreta. Il Sessantotto tra passato e presente” di Pasquale Voza

Pasquale Voza, L’utopia Concreta. Il Sessantotto tra passato e presente

di Francesco Sasso

Periodo per eccellenza dei contrasti della modernità, dei conflitti e degli eccessi prodotti dall’evoluzione economica e politica, il Sessantotto non ha mai smesso di raccontarsi.

Percorrere con lucidità gli anni in cui si manifesta in Italia un forte movimento degli studenti che, pur nella diversità dei “gruppi”, esprimevano rivendicazioni antiautoritarie e anticapitalistiche, anche sulla scorta del movimento operaio, collegato, per molte vie, alla rivolta di maggio degli studenti francesi, è operazione utile per comprendere la società italiana di oggi.

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STORIA CONTEMPORANEA n.19:Interviste con uomini (non sempre) straordinari. Annella Prisco Saggiomo, “Trenincorsa. 30 interviste sui tempi che corrono”

Annella Prisco Saggiomo, Trenincorsa.

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

 

di Giuseppe Panella

Interviste con uomini (non sempre) straordinari. Annella Prisco Saggiomo, Trenincorsa. 30 interviste sui tempi che corrono, Napoli, Edizioni Kairós, 2009

 

E’ un libro tutto di corsa, questo di Annella Prisco Saggiamo. Scritti in velocità tra il 2004 e il 2005 per un giornale, “La Repubblica” nella sua edizione napoletana, le trenta interviste che lo compongono squadernano in bella vista una fetta cospicua del mondo culturale e politico dell’Italia di questi ultimi anni. I nomi degli intervistati spaziano in ogni campo della cultura contemporanea: dalla politica (Antonio Bassolino, Renato Brunetta, Roberto Maroni) alla letteratura (Alberto Bevilacqua, Claudio Magris, Raffaele La Capria, Dacia Maraini, Jacqueline Risset), dallo spettacolo (Giulio Bosetti, Edoardo Bennato, Enrico Montesano, Peppino Di Capri, Renzo Arbore, Uto Ughi – alternando proposte di livello più alto all’intrattenimento più leggero) al cinema (Dino Risi, Lina Wertmuller) senza trascurare storia, filosofia e linguistica (i nomi di Giuseppe Galasso, Aldo Masullo e Tullio De Mauro ne sono autorevole testimonianza).

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STORIA CONTEMPORANEA n.16: Il silenzio del bestseller. A proposito di Simone Berni, “Il caso Imprimatur. Storia di un romanzo italiano bestseller internazionale bandito in Italia”

caso-imprimaturNegli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

 

di Giuseppe Panella

Il silenzio del bestseller. A proposito di Simone Berni, Il caso Imprimatur. Storia di un romanzo italiano bestseller internazionale bandito in Italia, Macerata, Bibliohaus, 2009

Per ora sospendo il giudizio. Come scrive di voler fare Edgar Allan Poe alla fine di un suo celebre racconto (Landor’s Cottage del 1850) nel cui epilogo si rinuncia a dare un giudizio sul luogo descritto ma si enuncia soltanto la necessità di una sua descrizione (1), il mio obiettivo non è altro che quello di descrivere il contenuto, già di per sé inquietante e piuttosto pericoloso, di questo libro di Simone Berni. Inoltre non ho letto il romanzo di Monaldi & Sorti di cui si parla in questo libro-reportagedetective story sul mondo dell’editoria italiana. Non sono riuscito a trovarlo nell’edizione Mondatori (ma questo non è strano) e non so se l’edizione Cargo di Amsterdam, unica disponibile sul mercato in rete, sia in italiano o in olandese (questa edizione è facilmente reperibile e ad un prezzo assai accessibile ma non so se corrisponda a De Bezige Bij che effettivamente lo ha ristampato in italiano nel 2006 su richiesta dei moltissimi estimatori di questo libro). Credo che la nuova edizione sia in italiano ma accertare questo elemento fondamentale per la sua lettura solo dopo averlo comprato è azzardato come un rischio non calcolabile in anticipo… 

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“Buen vivir meridiano” di Antonino Contiliano

ventomeriggio2   accumulazione

 

di Antonino Contiliano

 

 Pensiero meridiano vuol dire fondamentalmente questo.
Restituire al Sud l’antica dignità di soggetto di pensiero,
interrompere una lunga sequenza in cui è stato pensato da altri..
F. Cassano

  

 

Il 2008 licenzia due libri che, in certo qual mondo, si completano. Parlano del Sud, dei rivolgimenti provocati dal neo-liberismo capitalistico e della riconversione postfordista della sua macchina economico-sociale, e ciò senza intaccare la norma del valore di scambio come legge immutabile dell’economia mondiale, sì che l’accumulazione e il profitto risultano ancora legati alla creazione di sacche di povertà, disoccupazione, conflitti di classe e guerre sempre più estese e “terroristiche”.

E, in questo contesto, alcune costanti, quale l’appropriazione del “sapere sociale” o del general intellect, soprattutto nell’attualizzazione del mercato mondiale, come aveva previsto Marx, continuano ad alimentare, unico combustibile, i cambiamenti come incremento di automazione tecnologica sofisticata e deterritorializzata per sottrarsi alla creatività “operaia”, al suo conflitto di classe e assoggettarla, così come tende, egualmente, a neutralizzare ogni singolarità soggettiva umana e sociale al Sud come al Nord del mondo.

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